Il Mattino 27.10.06
Schopenhauer, Nietzsche: «Tre conferenze» di Giametta
Quelle domande sul mondo inconoscibile
di Giuseppe Tortora
Si può conoscere il mondo? Questa la domanda al centro del volume di Sossio Giametta Tre conferenze (Palomar, pagg. 71, Euro 8). Sì, tutti crediamo sia possibile. Ma è un’ingenuità. Come mostra Immanuel Kant, ad ogni tentativo la ragione cade in affermazioni contraddittorie. Dunque, è impossibile conoscere il mondo come totalità, o tentar di coglierne razionalmente l’interna struttura. Come del resto è impossibile rispondere con ragionevole attendibilità al duplice quesito sulla sua origine e su quel che ne sarà alla fine dei tempi. Quel che ”sappiamo” del mondo è sempre una nostra rappresentazione. Anche Arthur Schopenhauer e Friedrich Nietzsche concordano nella conclusione che il mondo è e resterà una grande incognita. L’uomo immagina se stesso come un microcosmo. L’uomo a misura del mondo! Errore di prospettiva: è l’uomo la misura di tutte le cose. Conoscere il mondo significa solo decifrarlo attraverso i nostri strumenti rappresentativi, in modo da ottenere risposta ai nostri interrogativi. Schopenhauer lo afferma a chiare lettere: il mondo è rappresentazione. E quando tentiamo di andare al di là della rappresentazione, non riusciamo a scorgervi se non quello che l’uomo stesso è: volontà. Insomma possiamo immaginarlo solo in termini umani. Alla domanda su che cosa sia il mondo possiamo rispondere solo, con Schopenhauer: è volontà di vivere; o con Nietzsche: è volontà creatrice. E allora: il mondo è caos o kosmos? finito o infinito? Nessuno può dirlo. Anche la quantità, su cui si fonda la moderna scienza, ha senso solo per l’uomo: niente dice della realtà naturale. Mai riusciremo a infrangere la radicale alterità del mondo. Nulla si può dire della realtà come stabile costituzione delle cose. E conviene abbandonare l’idea di verità come corrispondenza a questa realtà. L’uomo può conoscere solo se stesso. Nietzsche è perentorio: la filosofia non può parlare che dell’uomo. Anzi: degli uomini. E aggiunge che essa deve diventare psicologia. Una psicologia come «teoria evolutiva della volontà di potenza» diventerà la via attraverso la quale si porteranno a chiarimento questioni millenare e oscuri misteri. Sicché «la storia della riflessione sul mondo - dice Giametta - è la storia di un sempre più approfondito e circostanziato scetticismo». Evidentemente «di più gli uomini non sanno e non possono fare». Certo questa incapacità «ci lascia nella scomoda, per non dire angosciosa, problematicità che avvolge tutta la nostra esistenza». Ci sentiamo sconfitti nella nostra titanica presunzione di impadronirci del mondo attraverso la conoscenza. Ma non è un male. «Quando urta contro i limiti della conoscenza, l’uomo è sanamente rinviato a se stesso e, diciamolo, al suo coraggio». E dunque potrà andare più libero. Spostando dall’esterno all’interno il proprio baricentro, abbandonati ingiustificabili pre-giudizi e insopportabili condizionamenti, attingerà, ricavandola da se stesso, dalla sua propria natura, «quella misura dell’essere e dell’agire che gli compete».