AdnKronos Salute, 02.12.05
Sant'Internet: quando il proselitismo si fa online
di Ignazio Ingrao
Francesco Diani, 46 anni, ex seminarista: otto anni fa ha lasciato l'incarico di dirigente d'azienda per dedicarsi a tempo pieno al censimento della Chiesa su internet
Con 10 mila siti esplode la spiritualità online. La parte del leone la fanno i siti parrocchiali (circa 2.400) e quelli di movimenti e associazioni (2.000), seguono gli ordini religiosi con oltre 1.200 siti. Mentre sacerdoti, teologi e suore scelgono i blog
I tempi cambiano e la Chiesa italiana sale sul pulpito elettronico per richiamare le pecorelle smarrite. Sono passati appena dieci anni dalla prima benedizione urbi et orbi di Giovanni Paolo II impartita via internet, a Natale 1995, e in questi giorni si festeggia un nuovo traguardo: sono 10 mila i siti cattolici italiani censiti e «certificati».
La parte del leone la fanno i siti parrocchiali (circa 2.400) e quelli di movimenti e associazioni (2.000), seguono gli ordini religiosi con oltre 1.200 siti. Sono 600 quelli di diocesi e istituzioni religiose e altrettanti quelli personali di sacerdoti, teologi, suore, singoli devoti, molti dei quali corredati da blog.
«Negli ultimi due anni abbiamo registrato il boom dei siti dedicati ai musei di arte sacra e alla musica religiosa» aggiunge Francesco Diani, 46 anni, ex seminarista, che otto anni fa ha lasciato l'incarico di dirigente d'azienda per dedicarsi a tempo pieno al censimento della Chiesa su internet.
E con l'aiuto di una speciale commissione dottrinale ha stilato anche una classifica dei siti più visitati, di quelli consigliati e di quelli da evitare (www.siticattolici.it).
I nomi dei portali religiosi più cliccati parlano da soli: Profeta, Totustuus, Noicattolici, La Parola, Korazym, Santiebeati.
Il record continua a detenerlo il portale della Santa Sede (www.vatican.va). Molti siti ospitano chat e forum a contenuto religioso dove si discorre di tutto, dai Vangeli al celibato dei preti.
E non mancano monaci e suore di clausura pronti a fare direzione spirituale online.
È stato anche lanciato il sondaggio su quale santo eleggere a patrono di internet: dopo un lungo testa a testa l'ha spuntata il beato Giacomo Alberione su San Giovanni Bosco.
Corriere della Sera, 02.12.05
Primo trapianto facciale. L'animo non muta
La Francia anticipa gli Usa: intervento su una donna di 36 anni sfigurata dai cani. È probabile che la nuova faccia si modelli sulla vecchia personalità, che questa si modelli sulla nuova faccia
Edoardo Boncinelli
Chi sono io? In che cosa mi identifico? Quale parte di me non è essenziale per la mia identità, e la posso perdere o sostituire senza smettere di essere io? E che cosa è essenziale per riconoscere come tale un'altra persona, compreso un figlio o l'innamorata/o? Domande che l'uomo di tanto in tanto si è posto.
Ma se le è poste in maniera, diciamo così, accademica e talvolta salottiera. Domande che oggi stanno divenendo sempre più attuali e pressanti, dal momento che il trapianto — o la restaurazione capitale — di intere parti del corpo umano stanno divenendo realtà.
In diverse occasioni mi è stato di fatto chiesto, con un tono più o meno apprensivo, se la sostituzione di questa o quella parte del corpo potrebbe alterare o tradire l’identità di chi subisce l’intervento. La risposta è sempre stata, per me, piuttosto facile. Per quale motivo la sostituzione di un rene, di una parte dell’intestino, del cuore o di parte del fegato dovrebbe incidere sulla mia o sull’altrui identità? Io sono io, con i miei ricordi, le mie preferenze e le mie avversioni, le mie spinte interiori e il complesso dei miei affetti. Che cosa c’entra in tutto questo il cuore—quello organico intendo — o un rene. Lo stesso discorso può valere per un dito, per un piede o per un braccio, mentre più complicato si fa il discorso quando si passa — e si passerà presto — a sostituire o riparare completamente qualcosa che ha a che fare con i sensi o con il sistema nervoso.
In questo caso il discorso deve essere un po’ più cauto. Buona parte della nostra identità si appoggia sulla nostra percezione della realtà e sulla sua elaborazione originale e personale operata dal nostro sistema nervoso. Quando si entra in questa sfera indubbiamente si comincia a entrare nella stanza più segreta del nostro io, nel sancta sanctorum della nostra identità. Certo non si può intaccare il grosso del nostro sistema nervoso centrale senza mettere in discussione dalle fondamenta la nostra identità.
Che dire allora della sostituzione completa della faccia, di cui si sta parlando in questi giorni? La faccia è la faccia. È la prima cosa che guardiamo osservandoci in uno specchio. È la prima cosa che guardiamo in un altro. È attraverso quella, e talvolta anche attraverso una piccola parte di quella, che riconosciamo gli altri. Per le persone che conosciamo poco è tutto, per le persone che conosciamo benissimo è il messaggio di benvenuto quotidiano. Conosco a mente il volto di mia moglie, ma ogni volta che lo vedo è un tuffo al cuore. Sono pervaso da un senso di gratitudine: Grazie al cielo lei è qui anche oggi. E con il suo volto. Ogni giorno un po’ nuovo, ogni giorno diversamente ricco, sempre centrato sulla mia immagine di lei e sempre nunzio della sua esistenza e peculiarità. Saprei amarla con un altro volto? «L’amore—dice Elena nel Sogno di una notte di mezz’estate di Shakespeare—non guarda con gli occhi, ma con l’animo». Una bella frase, indubbiamente, e forse anche una frase guida in questa circostanza. L’amore, l’affetto, il rispetto e la deferenza, ma anche l’antipatia e l’odio, si affiggono su un volto, anche perché noi uomini siamo esseri spiccatamente visuali e diamo alla vista un primato unico fra tutti i viventi. Ma se poco poco questi sentimenti si appoggiano su una qualche consuetudine, non amiamo o odiamo più un volto, ma una personalità, un’interezza che comprende certamente il volto ma non solo quello. Se è proprio necessario, se l’alternativa è l’inguardabilità e la non identità, penso che si possa tollerare come extrema ratio anche la sostituzione della faccia, considerando che questa è comunque in buona parte una sorta di plastilina deformabile e «informabile». Esistono anche le espressioni e quei piccoli e perfino impercettibili movimenti di una parte del volto che vogliono dire tanto e che a volte ci conquistano più di un colore o di una forma. È molto probabile che una faccia diciamo così «estranea» acquisti nel tempo le espressioni, i moti e i tic che appartenevano alla faccia originale e che provengono dalla personalità più profonda di chi portava quella e ora porta questa. È molto più probabile che la nuova faccia si modelli sulla vecchia personalità, che questa si modelli sulla nuova faccia. E tutto così ridiventerebbe nel tempo più normale, più usato, più consueto, più familiare. La forma prenderebbe così il sopravvento sulla materia e si affermerebbe come la vera essenza dell’io, mio e altrui.
Corriere della Sera, 03.12.05
Libertà e ragione l’unico passaporto
Amartya Sen
Lo scontro delle civiltà più pericoloso è negare le identità altrui deformando la propria. Per ammazzare i Tutsi si diceva alle reclute Hutu di dimenticare la comune origine africana e del Ruanda. Le scuole etniche o religiose che praticano l’odio si contrastano con un multiculturalismo fondato sulla libertà e la ragione. Così i bambini del futuro impareranno la comune storia delle civiltà
I fatti di violenza e le atrocità di questi ultimissimi anni hanno avviato un periodo non soltanto di conflitti spaventosi, ma anche di notevole confusione. La politica dello scontro globale viene spesso interpretata come corollario delle divisioni religiose o culturali del mondo. C’è la convinzione che la popolazione del pianeta possa essere divisa in categorie.
Categorie definite secondo un metodo di partizione al di sopra di tutto. Una visione a senso unico è un ottimo sistema per riuscire a non comprendere praticamente nessuno al mondo. Nelle nostre vite quotidiane, ci consideriamo membri di svariati gruppi. La stessa persona può essere cittadina britannica, originaria delle Indie Occidentali, d’ascendenza africana, musulmana, vegetariana, socialista, donna, amante del jazz, insegnante e matematica. Ciascuna di queste categorie le conferisce un'identità particolare; sta a lei decidere quale importanza relativa attribuire a ciascuna di queste affiliazioni, in ogni particolare contesto. Nella vita le responsabilità della scelta ragionata sono centrali.
Al contrario, la violenza è alimentata dal senso di priorità che viene data a una pretesa identità. Quando arruolavano gli Hutu per ammazzare i Tutsi, alle reclute potenziali veniva soltanto detto che erano Hutu («odiamo i Tutsi»), e non anche Kigaliani, Ruandesi, Africani ed esseri umani (identità che anche un Tutsi può condividere). Purtroppo, anche parecchi tentativi organizzati per fermare la violenza e il terrorismo hanno il difetto di una visione a senso unico. I tentativi di politicizzare l’Islam non sono venuti solo dai reclutatori di terroristi, maanche da quegli oppositori secondo cui l’identità islamica è l'unica identità di una persona musulmana. Questo ha davvero ingigantito il potere e la voce delle guide religiose, talvolta a spese della società civile.
I problemi globali hanno un effetto rilevante sulla politica interna della Gran Bretagna. Per molti versi, la Gran Bretagna ha avuto grandissimo successo nell’integrare persone di origini e retroterra differenti in confronto a certi altri Paesi europei. Le radici dell’integrazione possono essere trovate nei vari impegni per sostenere le opportunità e le libertà di tutti i residenti legali, immigrati come nativi. Il contributo forse più significativo, la cui importanza spesso non è sufficientemente riconosciuta, viene dalla concessione piena e immediata del diritto di voto a tutti i residenti britannici del Commonwealth, che costituiscono la maggior parte dell’immigrazione non-europea. Questa conquista è stata rafforzata da un trattamento largamente non discriminatorio nella sanità, nell’istruzione e nella sicurezza sociale: tutto ciò ha contribuito ad integrare piuttosto che a dividere.
Fin qui, tutto bene. Ma anche la Gran Bretagna è sempre più minacciata dal pericolo di una visione a senso unico, in particolare per quanto riguarda le religioni e le comunità. Una visione che sta guadagnando terreno anche nella politica ufficiale. Non si tratta di stabilire se il multiculturalismo sia andato «troppo oltre». Il punto è quale direzione debba prendere. Se cioè debba garantire alle persone la libertà di una scelta culturale invece di insistere sulla salvaguardia di un’identità definita dalla comunità religiosa di provenienza, ignorando tutte le altre priorità e affiliazioni.
L’attuale politica statale di promozione attiva delle nuove «scuole della fede» per bambini musulmani, hindu, sikh e anche cristiani non è problematica solo dal punto di vista educativo; incoraggia una percezione frammentata delle aspirazioni di vita dei nuovi cittadini inglesi. Molte tra queste nuove istituzioni sono state create proprio nel momento in cui l’importanza attribuita alla religione era diventata una delle principali fonti di violenza nel mondo. Si ripercorre una strada conosciuta dalla Gran Bretagna con la divisione tra Cattolici e Protestanti nell’Irlanda del Nord che fu causata anche da una scolarità segmentata.
Fa certamente bene il premier Tony Blair a notare che «in queste scuole c’è un senso fortissimo dell’etica e dei valori». Ma l’istruzione non consiste soltanto nel tenere i bambini, anche quelli molto piccoli, immersi in un’etica vecchia, ereditata. Consiste anche nell’aiutarli a sviluppare la capacità di ragionare sulle decisioni che dovranno prendere da adulti. Uno scopo ben più importante del raggiungimento di qualche parità stereotipata rispetto ai britannici.
Le azioni della gente sono influenzate da molte affiliazioni, non solo da quella religiosa. Per esempio, la separazione del Bangladesh dal Pakistan era collegata alla fedeltà manifestata alla lingua e alla letteratura bengalesi, assieme ad altre priorità laiche condivise da tutti gli schieramenti politici del Pakistan prima che il Paese fosse diviso. I musulmani del Bangladesh che vivono in Gran Bretagna o in qualsiasi altro posto possono benissimo essere orgogliosi della loro fede islamica, ma questa non offusca la dignità delle altre affiliazioni. Il multiculturalismo che pone l’accento su libertà e ragione va distinto dai «monoculturalismi plurimi» con rigida cementazione delle divisioni. Alle madrassa, le scuole religiose islamiche, può interessare poco il fatto che quando unmatematico moderno invoca un algoritmo per risolvere un problema di calcolo difficile, aiuta a commemorare il contributo laico del grande matematico musulmano del IX secolo Al-Khwarizmi, dal cui nome deriva quel termine («algebra» viene dal suo libro, Al Jabr wa-al-Muqabilah). Non esiste alcun motivo per cui i vecchi britannici, come i nuovi, non debbano celebrare questi grandi collegamenti. Il mondo non è una federazione di appartenenze etniche religiose. Né lo è, si spera, la Gran Bretagna.
(Traduzione di Laura Toschi)
Apcom, 03.12.05
E' stato lanciato nel corso del IV Congresso dell'Associazione Luca Coscioni, che ieri ha approvato la partecipazione alla Rosa nel pugno, un manifesto politico firmato da alcuni tra i maggiori professori, ricercatori e scienziati italiani a favore della sperimentazione e della libertà di cura su questioni come la ricerca sulle cellule staminali embrionali, l'accesso alla fecondazione assistita per le coppie portatrici di malattie genetiche, la pillola abortiva RU486, la terapia del dolore, la cannabis terapeutica e il ricorso all'eutanasia.
Tra i firmatari: Mauro Barni, Elena Cattaneo, Gilberto Corbellini, Giulio Cossu, Carlo Flamigni, Antonino Forabosco, Luca Gianaroli, Demetrio Neri, Piergiorgio Strata.
Secondo questo Manifesto "la libertà di ricerca scientifica è obiettivo irrinunciabile di uno stato di diritto democratico e laico. In Italia, purtroppo, tale libertà viene costantemente violata e condizionata attraverso leggi e scelte politiche ispirate da pregiudizi ideologici e dogmi religiosi".
Gli scienziati con il loro Manifesto intendono rivolgersi "ai responsabili politici e istituzionali di ogni partito e schieramento, e in particolare a coloro che in occasione delle imminenti elezioni politiche 2006 si candideranno a governare il nostro Paese, affinché - si legge nel manifsto - si impegnino da subito davanti alle elettrici e elettori italiani per consentire la ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali finalizzata alla comprensione e alla cura di malattie che colpiscono centinaia di milioni di persone nel mondo"
E' necessario continuano "garantire la libertà terapeutica, affidata al rapporto tra medico e paziente, nella effettiva somministrazione di farmaci ampiamente testati e autorizzati in tutti i Paesi civili, ma ostacolati (e in alcuni casi proibiti) nel nostro Paese, quali: pillola abortiva RU486, cannabis terapeutica,trattamenti farmacologici per i cittadini tossicodipendenti e oppioidi per il trattamento del dolore".
E infine secondo gli scienziati italiani è necessario "consentire autonomia e responsabilità individuale nelle scelte relative alla fine della vita, innanzitutto per abbattere il fenomeno dell'eutanasia clandestina attraverso il rispetto della volontà individuale liberamente e inequivocabilmente espressa, anche attraverso il riconoscimento delle direttive anticipate di trattamento e forme di regolamentazione dell'eutanasia sul modello olandese, belga, svizzero o secondo l'orientamento che sta assumendo anche il parlamento britannico".
Adnskronos Salute, 03.12.05
FECONDAZIONE: STUDIO, DOPO LEGGE 40 MENO 10% GRAVIDANZE
Cresce, intanto, il numero di coppie italiane che si recano all'estero per sottoporsi alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, senza dover 'sottostare' alle regole, per molti troppo restrittive, della legge 40. ''Ma la scelta del 'turismo procreativo' non è giustificata, nella maggior parte dei casi, da livelli qualitativi superiori - sottolinea Mauro Schimberni, del dipartimento di Scienze ginecologiche, perinatologia e puericultura dell'università La Sapienza di Roma - anzi, una coppia su cinque affronta inutilmente estenuanti trasferte. Questo soprattutto quando ci si sottopone a cicli di fecondazione 'gold standard', cioè di altissima qualità, possibili anche in Italia. Oltre ai costi economici e allo stress psicologico di chi cerca la gravidanza oltralpe, non sempre si ricevono cure di maggior successo''. Gli aspiranti genitori vanno principalmente in Svizzera, Belgio e Spagna, ma, a sorpresa, anche in Tunisia e Albania. ( ... )
LIBRI
Se il disagio si esprime nel corpo
Laura Dalla Ragione
La casa delle bambine che non mangiano. Identità e nuovi disturbi del comportamento alimentare
Il Pensiero Scientifico Editore, 2005
pp. 158, €16,00
Ordina su Ibs
Quello del comportamento dell'alimentazione è un disturbo "patoplastico", adattabile, flessibile ai decorsi storici. In altre parole l'attenzione esasperata all'immagine del corpo, da parte per esempio degli anoressici, il loro culto della magrezza, non è "la causa" della loro malattia ma piuttosto la forma attraverso cui un malessere profondo, grave, e strutturale si esprime e cerca di risolversi. In altre epoche le strade sarebbero state diverse, avrebbero portato a forme depressive o nevrotiche, a stati isterici o ansiosi, oggi invece che l'immagine della donna è al centro di messaggi pressanti e a volte contraddittori, il disagio si esprime nel corpo. "Anoressia e bulimia appaiono legate a valori e conflitti specifici della cultura occidentale, connessi in particolare alla costruzione dell'identità femminile e al ruolo familiare e sociale della donna", scrive Laura Dalla Ragione, psichiatra e psicoterapeuta, responsabile di "Palazzo Francisci" a Todi, l'unica struttura pubblica sul territorio italiano che accoglie questo tipo di pazienti, nel libro in cui descrive la sua esperienza.
Ad aumentare la difficoltà di chi è chiamato a intervenire c'è la comparsa sempre più frequente di disturbi mutanti, come dei virus, di forme di disordini alimentari difficilmente inquadrabili all'interno di una definizione. Tanto che l'ultima versione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali riporta una nuova categoria, quella dei "disturbi del comportamento alimentare non altrimenti specificati". Tra anoressia e bulimia quindi si distendono tutta una serie di manifestazioni divise solo da una soglia quantitativa lungo una scala di severità clinica. Il caso da manuale è sempre più una rarità, e le forme ibride allungano le liste di attesa nei centri specialistici.
Palazzo Francisci rappresenta quindi una particolarità, che presto verrà "copiata" anche in Basilicata. Forte, infatti, è il bisogno di residenze del genere: dal momento dell'apertura nel maggio 2003 sono state ricoverate 230 persone, di cui la metà provenienti dall'Umbria, mentre l'altra metà da tutta Italia, in prima battuta da Toscana, Lazio, Marche, dove sono presenti strutture ambulatoriali ma sono assenti strutture residenziali di cura. Il bacino di utenza si è poi allargato al Sud dell'Italia, particolarmente Sicilia e Puglia, dove i pazienti non possono fare affidamento neanche su un ambulatorio dedicati e la situazione si può definire davvero drammatica.
Il modello di cura della Residenza umbra, ben spiegato nelle pagine del libro, è complessivo: garantisce un lavoro di tipo psicoterapico, un attento monitoraggio nutrizionale, e un lavoro con la famiglia della paziente, tanto più necessario quanto più la paziente è giovane. Sull'efficacia terapeutica tutti gli studi più recenti concordano con la maggiore capacità di cura di un trattamento combinato psicologico, nutrizionale, familiare, di un attacco congiunto e sistematico alla patologia, che aggredisca ed eroda su più fronti i fondamenti del disturbo. Nessuno spazio invece per psicofarmaci, sia per motivi etici - la maggioranza delle ospiti è minorenne - sia perché sono deboli secondo i professionisti di Palazzo Francisci le prove di un effettivo vantaggio terapeutico.
Prima che di una terapia le bambine, ragazze, giovani donne descritte in questa pagine sono in cerca di un'identità e di un luogo a cui appartenere. Un luogo che a Todi riescono a costruire e ad amare.
Letizia Gabaglio
Repubblica.it, 03.12.05
Sempre più psichiatri per chi non riesce a staccarsi dalla rete
"E' un problema grave come quello della droga o dell'alcol"
Depresso, solo e abbracciato al pc l'identikit dell'internet-dipendente
Su 189 milioni di utenti americani i "malati" sarebbero
tra il 6 e il 9% Ma non tutti gli esperti sono d'accordo
ROMA - Hanno difficoltà a relazionarsi, provano un forte senso d'attaccamento al computer, mentono su quante ore passano online, spesso sono sovrappeso. E ancora: in alcuni casi sono depressi o ansiosi, hanno frequenti dolori alla schiena e non coltivano hobby e interessi al di fuori della rete. E' questo l'identikit, forse impietoso, dell'internet-dipendente tracciato una corrente di psichiatri americani. Quella che sostiene il costante aumento di questa nuova patologia mentale il cui nome completo è "Internet addiction disorder".
Uno dei medici specializzati in questo tipo di cure, il dottor Cash di Redmond (la città sede di Microsoft), sostiene che gli internet-addicted americani sono tra il 6 e il 9% del totale dei 189 milioni di utenti, e che questa forma di dipendenza non è assolutamente da sottovalutare. Anzi, è grave quanto quella da droga e alcol. Non a caso molti dei metodi utilizzati per combattere questa patologia, come le terapie di gruppo, sono simili a quelli utilizzati per curare gli altri tipi di dipendenza.
Ma accanto a questi allarmi c'è il forte scetticismo nel mondo accademico. La maggioranza degli psichaitri, infatti, non non ritiene assolutamente grave questa patologia poiché non ha ripercussioni nel mondo reale. A questi il dottor Cash risponde argomentando che dall'internet-dipendenza discendono altre forme di ossessioni compulsive, come quella per la pornografia o il gioco d'azzardo online. E che hanno, queste sì, conseguenze da non sottovalutare sul piano familiare.
Sempre secondo gli psichiatri convinti dell'esistenza di questa 'malattia' da rete, i pericoli non vengono solo dal computer. Ci sono anche i nuovi gadget tecnologici come BlackBerry, smartphone e palmari di nuova generazione, visto che allargano le condizioni di questa dipendenza anche alla connessione in rete in mobilità. Per questo il dottor Zehr, del Proctor Hospital di Peoria, afferma: "Non credo proprio che il trend di questo nuovo tipo di dipendenza si fermerà, anzi penso proprio che sarà sempre più marcato".
Le tesi degli psichiatri però non si fermano qui: molti sostengono che anche tecnologie come i telefoni cellulari, gli sms e i programmi di instant messaging provochino dipendenza e possano avere conseguenze negative nella vita di chi ne abusa, specialmente se ragazzi. E portare - anche qui - a forti deficit di attenzione e a difficoltà di socializzazio
Repubblica.it, 30.11.05
Psicologi britannici dimostrano con una ricerca su 425 soggetti
che le persone creative hanno una più intensa vita sessuale
E' l'artista il vero Don Giovanni
L'arma segreta è la creatività
ROMA - Essere artisti dalla spiccata creatività può significare avere un numero doppio di partner sessuali. Quello che in molti avevano intuito leggendo le biografie di celebri poeti e pittori, ora secondo un gruppo di psicologi dell'università inglese di Newcastle è anche una verità scientifica. I ricercatori hanno preso in esame in particolare la vita sentimentale di Pablo Picasso, Lord Byron and Dylan Thomas, giungendo alla conclusione che le loro capacità artistiche agivano sulle donne come un magnete sessuale.
Per realizzare il loro studio gli piscologi Daniel Nettle e Helen Clegg hanno intervistato 452 cittadini britannici di entrambi i sessi, compresi artisti professionisti, poeti e pazienti affetti da schizofrenia, facendo domande sulla loro attività creativa, sulla loro attività sessuale e la loro salute mentale. Alla fine sono giunti alla conclusione, pubblicata sulla rivista The Proceedings of the Royal Society, che artisti e poeti hanno mediamente dai 4 ai 10 partner sessuali, contro i tre delle persone "comuni". Risultato che vale tanto per gli uomini quanto per le donne.
"E' possibile - ha commentato il dottor Nettle - che le persone molto creative conducendo una vita in stile bohemian, agiscano maggiormente sulla base di impulsi sessuali, spesso semplicemente per arricchire il loro campo di esperienze". Un tipo di condotta di vita che secondo Nettle è ben esemplificato da tre artisti come Picasso, Byron e Thomas "famosi per la loro pittura o la loro poesia, ma anche per il fascino che esercitavano sulle donne".
Quali i motivi di tanto successo? Gli psicologi si spingono in varie interpretazioni dei risultati. In primis, arte è un po' follia e questo è un connubio che affascina circondando l'individuo di un'aureola di mistero che diventa il suo asso nella manica, magari supplendo a qualche carenza nell'aspetto fisico. L'artista eccentrico è proiettato al centro dell'attenzione e spicca anche se non ha il corpo scolpito.
D'altra parte però, questa maggiore facilità di rapporti potrebbe semplicemente essere parte di un copione o di stile di vita: il creativo è lontano dagli schemi usuali che di solito sono legati al rapporto di coppia, frequenta ambienti più libertini e quindi ha semplicemente maggiori possibilità di incontri. Inoltre può essere anche meramente più incline a trasmettere questa immagine di sé, cioè a tener vivo lo stereotipo. Viceversa un individuo "medio" tende a non osannare le "scappatelle" perché da lui ci si aspetta maggiore serietà e fedeltà col partner.
E gli psicologi azzardano anche una ragione evoluzionistica del fatto che menti al limite tra salute e follia, o anche personalità tendenzialmente schizofreniche non siano state falcidiate dall'accetta della selezione naturale del più "sano": la loro verve e, quindi, il loro successo sessuale gli avrebbero garantito di perpetuare le basi del disturbo psichico.
L'Unità online e MicroMega, 03.12.05
A chi appartiene la tua vita?
di Paolo Flores D'Arcais
A chi appartiene la tua vita? La stessa formulazione grammaticale e sintattica tradisce l'assurdità della domanda. Per essere tua, la tua vita non può appartenere che a te. Se appartiene ad altri non è più tua, e tu sei semplicemente lo schiavo di colui, o coloro, cui la 'tua' vita appartiene. La risposta alla domanda 'a chi appartiene la tua vita?' non può essere, dunque, che ovvia e scontata. Nella lingua italiana, una domanda la cui risposta è scontata si definisce domanda retorica.
Eppure, dare nei fatti la risposta ovvia e scontata a questa domanda retorica può costare, in Italia, fino a quindici anni di carcere. Tale è la pena massima prevista per il reato di assistenza al suicidio. Se io, tu, lui, lei, vogliono decidere sulla propria vita, e considerandola ormai non più esistenza ma tortura, mero bios di sofferenza inenarrabile, decidono di porvi fine, e in questa decisione chiedono l'aiuto della persona più cara (solo un amore davvero grande sa dare un tale tragico aiuto, sa rispettare fino all'estremo l'autonomia della persona amata, sa sacrificare il proprio egoismo, che spinge a tenere la persona amata comunque in 'vita', anche contro la sua volontà), questa persona dovrà scegliere: o condannare la persona amata al prolungamento della tortura cui la sua 'vita' è ridotta (e se sia insopportabile tortura o meno, solo chi vive la propria sofferenza ha titolo per pronunciarsi) o spingere il proprio amore fino a fornire l'aiuto richiesto. E - in aggiunta al dolore della perdita più cara - rischiare quindici anni di carcere.
Il nostro civilissimo mondo, insomma, non prende affatto sul serio (a parte la veramente civile Olanda) che la tua vita appartiene a te (appartiene: non uso il congiuntivo pour cause), presupposto di ogni tua altra libertà. Nel nostro civilissimo mondo la tua vita appartiene allo Stato e alla Chiesa. Cioè ad altri uomini come te, mortali e fallibili come te, e che mai accetterebbero che sulla loro vita decidessi tu, ma che sulla tua vita si arrogano la sovranità ultima e suprema. Per il 'tuo' bene, ça va sans dire, cioè per il loro bisogno (il loro 'bene'!) di imporre la loro ideologia anche a te che la rifiuti, e riguardo a ciò che ti è esistenzialmente (cioè essenzialmente) più proprio.
Questa pretesa, un tempo, si chiamava totalitarismo. Non ha nessun senso, infatti, replicare che la vita non appartiene a chi la vive ma è un dono di Dio. A parte la circostanza che un dono che non si può rifiutare non è più un dono ma una condanna (una 'condanna a vita' è non a caso l'espressione che si usa per l'ergastolo, non per la democratica 'ricerca della felicità' che la Costituzione americana mette tra i diritti umani imprescrittibili). Se la tua vita non appartiene a te, infatti, appartiene inevitabilmente a qualcun altro, in carne e ossa come te, mortale e fallibile come te. E prepotente su di te.
Cosa significa, infatti, che la vita non appartiene a chi la vive ma appartiene a Dio? A quale Dio? Al Dio di chi lo invoca per decidere sulla tua vita, evidentemente. Ma il suo Dio può non essere il tuo Dio. E il tuo e il suo possano essere lo stesso Dio, ma l'interpretazione della sua parola può essere agli antipodi tra voi che pure lo invocate entrambi (a proposito di suicidio assistito è quanto accade tra cristiani valdesi e cristiani della gerarchia cattolica). Oppure il suo Dio è per te solo flatus vocis, creazione cangiante delle culture umane, poiché il tuo umanesimo radicale non contempla Dio come creatore e la sua parola (sempre pronunciata da un uomo, mortale e fallibile come te, sia esso Profeta o Pontefice) come legge. E in una democrazia il credente e il non credente e il diversamente credente hanno gli stessi diritti.
Ma il primo dei diritti, anzi il meta-diritto che rende possibile qualsiasi altro diritto, è il diritto alla vita, alla propria vita, non alla 'ideologia della vita' di qualcuno. Se in nome di una ideologia 'altruistica' qualcuno volesse porre fine alle tue sofferenze, grideresti giustamente all'orrore: la tua vita appartiene a te (o al Dio che tu hai scelto, il che è equivalente). Eppure, in nome della tua ideologia, vuoi imporre la tortura a chi invece non vuole subirla perché non la considera più 'vita'. Vuoi dunque espropriarlo della sua vita, e della decisione ultima e più propria.
Eppure a scuola leggiamo classici dove farsi uccidere (da uno schiavo, o da un amico) è sublime eroismo, eppure al cinema impariamo che lasciare il commilitone atrocemente ferito e impossibilitato alla fuga, anziché esaudire la sua invocazione al colpo di grazia, sarebbe atroce sadismo, e sadismo sarebbe non equipaggiare di pasticca al cianuro l'agente paracadutato oltre le linee, che rischia, con la cattura, la tortura. Eppure, nessuno ha voluto condannare la decisione dei medici di un ospedale di New Orleans di sopprimere con la morfina malati terminali che sarebbero stati abbandonati (e anzi nessuno ha voluto più parlare dell'episodio, e meno che mai perseguire i medici).
Perché in realtà siamo tutti perfettamente consapevoli che se non si può invocare la sovrana volontà di Dio (e non si può, se non in una teocrazia totalitaria) non resta più un solo argomento per sanzionare penalmente il suicidio assistito, cioè la decisione di chi non vuole più scegliere la tortura anziché la morte. Di questo su MicroMega abbiamo scritto da tempo (sul numero 2/97, e 1/99, e infine - in dialogo con il cardinal Tettamanzi - sul numero 1/2001). Ogni cittadino che scelga il primato dell'uomo in carne ed ossa contro le sopraffazioni totalitarie dell'ideologia (teocratica o meno) deve dunque ringraziare il professor Veronesi, che con il suo libro sull'eutanasia, cioè contro la tortura di Stato e di Chiesa, costringe l'omertà del pensiero unico a venire allo scoperto. Il suo è un libro dalla parte della vita, poiché è purtroppo parte della vita la possibilità di una condanna a morte non preceduta da reato alcuno, e accompagnata da tortura insopportabile. E sarà difficile accusare il clinico italiano forse più famoso nel mondo (e famoso per aver salvato infinite vite) di voler replicare gli orrori nazisti (si è sentita anche questa, e senza vergogna), di voler diffondere una cultura omicida, o anche solo di voler banalizzare la morte.
[Il presente articolo di Paolo Flores d’Arcais apre il numero in uscita di MicroMega]
Liberazione, 03.12.05
Proposta ai Ds: scambiate Turco con Prestigiacomo (e Pininfarina con un metalmeccanico...)
Stefania Prestigiacomo, ministra ed esponente di spicco di Forza Italia, ha proposto, in una intervista a “Repubblica”, di distribuire gratuitamente i preservativi. E’ una buona idea, sia per combattere l’Aids, sia contro le gravidanze non volute. Con queste dichiarazioni, però, la ministra Prestigiacomo ha fatto infuriare le gerarchie ecclesiastiche. Perché il Vaticano - da sempre, e per motivi misteriosi - è contrario, fermamente contrario all’uso del preservativo. E se ne infischia un po’ del fatto che il mancato uso del preservativo aiuti in modo robusto la diffusione dell’Aids tra milioni di donne, uomini e bambini, in Africa e in America latina, e sospinga anche, in modo altrettanto robusto, l’aumento incontrollato della popolazione nei paesi poveri, e quindi l’aumento della carestia, della fame, della sete, della morte. Livia Turco, ex ministra, esponente di spicco dei Ds, ha proposto invece un assegno che premi la gravidanza e induca ad evitare l’abor- to. Badate bene, l’assegno dura solo finché la donna è incinta, poi, quando nasce il bambino - e il rischio di aborto è evitato - l’assegno scompare: il bambino si arrangi. Cantava De Andrè: “Poi la voglia sparisce e il figlio rimane, e tanti ne uccide la fame... ”. La proposta di Livia Turco non ha fatto arrabbiare per niente il Vaticano, che anzi ne è entusiasta. Al Vaticano pare che sia un’ottima idea ricattare le donne, con un po’ di soldi, perché siano fedeli alla dottrina cattolica e rinuncino ad abortire. L’idea di Livia Turco è anche molto piaciuta al ministro Francesco Storace. Logico che gli sia piaciuta: Storace è un feroce anti - abortista. Storace è di destra, come Stefania Prestigiacomo. Stefania Prestigiacomo ha detto che l’aborto non si tocca. Lo hanno detto anche molte deputate diessine (come Gloria Buffo, Katia Zanotti, Grazia Labate) che si sono mostrate un po’ sgomente per l’idea della loro compagna di partito Livia Turco. Ora a noi viene una idea. Per evitare che la politica italiana sia così confusa, e che si accendano lotte fratricide nei partiti, e che la gente vada alle urne per votare contro i preti e si trovi ad eleggere un deputato/ a “ruinista”, o viceversa che vada a votare con spirito clerico-fascista (come si diceva una volta) e finisca per fare eleggere Prestigiacomo, per evitare tutto questo noi proponiamo una semplice misura: lo scambio. I Ds potrebbero cedere Livia Turco in cambio di Prestigiacomo. Alla pari, senza conguagli. Poi si potrebbero fare moltissimi altri scambi (evitiamo l’elenco, sennò si arrabbia troppa gente con noi: Livia ormai è già arrabbiata, perché da un mese l’attacchiamo un giorno si e uno no, e quindi è meglio prendersela solo con lei...). Però, alla fine degli scambi le cose sarebbero più chiare, in tanti campi. Magari anche in campo economico. Per esempio si potrebbe evitare la figuraccia di trovarsi Pininfarina, Confindustria, che parla contro i metalmeccanici alla conferenza dei ds proprio nel giorno dello sciopero generale dei metalmeccanici.
Liberazione, 03.12.05
Ruini, versione soft. Darwin si salva
di Fulvio Fania
Don Camillo cambia marcia, non direzione. Ieri il cardinale Ruini ha introdotto il VII Forum del “Progetto culturale” della Cei. I cardini del suo discorso restano immutati ma ci si prepara ad una lunga marcia. Il ragionamento di fondo è ormai noto. Secondo il cardinale Ruini, «l’anima cattolica» dell’Italia è emersa più forte di quanto si pensasse nella grande emozione per la morte di Wojtyla e nell’astensione al referendum. La Chiesa, osserva ancora il porporato, ha incontrato una parte dei laici, i vari Pera o Ferrara, ma nel frattempo si è «aperta una non desiderabile fase di tensione» con tutta un’altra parte. Il conflitto Stato-Chiesa, più che «il contenzioso classico» - come il Concordato - riguarda il concetto stesso di laicità e ciò dipenderebbe dal fatto che «stanno emergendo in maniera prepotente le questioni della soggettività personale». Si propone in termini nuovi il tema dell’etica pubblica. Una volta la morale civile e quella cristiana coincidevano largamente, perciò si poteva fare “come se Dio non esistesse”, oggi invece la coincidenza è saltata e la religione non può essere separata dalla vita pubblica. Ha dunque ragione Ratzinger a chiedere alle democrazie di regolarsi “come se Dio esistesse” per tutti. Nella descrizione di Ruini da un lato ci sono fautori del «criterio relativistico», dall’altro quelli di «un’etica d’ispirazione cristiana o di altra matrice religiosa». Ad una razionalità scientifica che pretende di trasformarsi in concezione antropologica ed esclude «le questioni del bene e del male» si contrappone l’incalzante riemergere di grandi interrogativi sull’uomo e sulla vita. A parte la discutibile equazione tra ispirazione cristiana e umanesimo in generale, ciò che conta è la previsione di Ruini: questo conflitto «si protrarrà assai a lungo» e troverà sempre nuovi argomenti di scontro. Ne sappiamo già qualcosa e certo la Cei ci ha messo del suo. Ma ecco che il cardinale fa il buono: «Superiamo a livello pratico - questa è la sua “proposta” - la contrapposizione tra sostenitori e avversari dell’approccio relativistico», prepariamoci «tutti» a rispettare gli esiti democratici del confronto senza «accusarci reciprocamente di oltranzismo antidemocratico». Pronti ad andare in minoranza, benché il termine sia stato bandito dal glossario Cei fin dal giorno in cui lo stesso Ruini si lasciò scappare che il cattolicesimo è ormai minoritario. L’importante per la Chiesa – lascia intendere il cardinale - è che l’etica religiosa penetri e si stabilisca nel campo delle scelte pubbliche. Il resto verrà da sé. Ammesso e non concesso - ma questo pensiero è nostro – che quanti vi si oppongono accettino di essere bollati come relativisti incalliti. Il Ruini del “Forum” vola alto sopra la contingenza politica. E’ solito comportarsi così: quando parla ai Consigli Cei passa in rassegna l’agenda parlamentare e appone un calcolato aggettivo su ogni aspetto; quando invece introduce i convegni pensa alla strategia più che alla tattica, come si direbbe in un linguaggio che appartiene a Peppone più che a Camillo. Stavolta però il presidente dei vescovi aveva qualche altro motivo per mantenersi su altri livelli. Il primo è appunto la lunga marcia che la Chiesa di Ratzinger ha intrapreso. Non c’è più la figura “pastorale” di Wojtyla, ora la battaglia per la “Verità” si combatte sul piano delle visioni antropologiche e dell’etica pubblica. Seconda ragione: i vescovi - lo ha riconosciuto il segretario Cei Giuseppe Betori - cominciano a temere una sovraesposizione politica. Molti cattolici se ne lamentano e di questo passo si finisce a parlar di otto per mille e Concordato. Bisogna moltiplicare le voci fuori dal clero. Non è bastato mobilitare i movimenti cattolici nel comitato anti-referendario per ridare fiato al laicato. Il direttore di “Avvenire” Dino Boffo, non sospettabile di contraddire il cardinale, ha detto ieri che i cattolici hanno praticato poco il «discernimento» con laicità e che non devono esserci solo le prolusioni del cardinale. Terza ragione: il rapporto con la scienza, che per Ruini sarà la protagonista del futuro insieme alla fede. Molte pagine della sua relazione sono dedicate all’evoluzionismo. Non la pensa come i creazionisti e i teo-con americani, nemmeno evidentemente come il cardinale Schönborn. Ricorda infatti che Giovanni Paolo II riconobbe all’evoluzionismo il rango di «teoria», non «mera ipotesi». «Non è certo il caso - afferma - di fare passi indietro». Piuttosto - prosegue - bisogna stare attenti all’ateismo che fa dell’evoluzione una filosofia e con ciò nega un’Intelligenza creatrice. Ma cade nello stesso «sconfinamento» anche chi attribuire alla ricerca scientifica l’obiettivo opposto. Ora che si tratta di fecondazione, di clonazione e di cento altre questioni bioetiche forse è inopportuno lasciare aperti troppi fronti con la scienza; meglio chiuderne qualcuno.
Liberazione, 03.12.05
«Distribuiamo preservativi gratis», propone la ministra. E Storace: «Ma che dice? Meglio i vaccini»
Aborto, il dibattito si fa trasversale. Storace contro Prestigiacomo. E Bondi appoggia Bindi
di Castalda Musacchio
Certo il discorso è più complesso». E’ Tiziana Valpiana (deputata Prc) a inserirsi nell’ultima polemica aperta sul fronte abortista. Ad averla sollevata ieri con una specie di provocazione è niente di meno che il ministro per le pari opportunità Stefania Prestigiacomo (Lega). Sì, proprio lei, la “ministra” delle quote rosa. «Molte donne lo fanno per ragioni di salute, moltissime sono immigrate. E poi ci sono le giovanissime che conducono una vita sessuale da adulte senza conoscere la contraccezione. Anche perché‚ di questi tempi non si parla più di preservativi, ad esempio. Farei una campagna dandoli gratuitamente». E’ proprio così, con un’intervista rilasciata a “Repubblica”, che il ministro leghista ha aperto all’ultimo infuocato dibattito su un tema quanto mai dirimente, l’aborto e la 194, al centro dell’attuale polemica politica. Una polemica che di fatto è diventata assolutamente trasversale all’interno degli opposti schieramenti. Non è un caso che se da un lato sono le dichiarazioni di Livia Turco che a spron battuto torna a difendere l’emendamento “evita aborto” a trovare guarda caso sostegno nella maggioranza, sono quelle della Prestigiacomo a tirarsi addosso l’ira funesta del centrodestra. Certo i “distinguo” sono d’obbligo. Eppure al termine di una giornata convul- sa il dibattito ha assunto toni quanto meno fuorvianti. Come non prescindere del resto da questa annotazione? Che dire di Storace e di Volonté o dello stesso La Loggia che vorrebbero quanto meno mettere il bavaglio a questa donna che a dire poco straparla? «Io? I soldi dello Stato - tuona Storace - vorrei spenderli in vaccini, che è la cosa più importante, altro che preservativi...». E Volonté, il presidente dei deputati Udc, dal canto suo non ci va giù meno duro. «La proposta di Prestigiacomo? Non ha alcun fondamento. Sarebbe ora di finirla con queste ”boutade“ ». Al contrario dal ministro Volonté si attende «una forte campagna mediatica sul “parto in anonimato”. Gli italiani sanno bene dove lasciare un cucciolo di cane, meno, molto meno conoscono la norma sui neonati lasciati in ospedale. Tutti temi e impegni sui quali una parola e un impegno anche di Rutelli sarebbe auspicabile». E La Loggia? Il collega di partito del ministro non è da meno. Il suo commento è lapidario sintetico e ”oscurantista“ quanto basta. «La mia posizione rimane quella espressa da tempo, vale a dire quella della Cei che punta sul lavoro di prevenzione» il che vuol dire se non si fosse capito «evitare rapporti a rischio fuori dal luogo naturale della coppia ». Alla fine, l’unico animo laico del centrodestra pare proprio essere Giorgio La Malfa, il ministro per le politiche comunitarie che nonostante un cauto «non sono esperto della materia» alla fine dice «a me sembra una buona idea». «Il discorso francamente - nota Valpiana (Prc) - personalmente mi sembra più complesso. L’educazione sessuale è un diritto che va tutelato come il resto della salute. E ne fa parte l’educazione nelle scuole, la politica nei consultori e quindi il loro rifinanziamento, così come è vero e sacrosanto che la prevenzione dovrebbe essere gratuita perché tutela una diritto basilare. Insomma - sottolinea – preservativi gratis va bene ma non si può dimenticare di inserirli all’interno di una reale programmazione politica». Sul fronte opposto, guarda caso, alla Turco che «chiede rispetto da parte del quotidiano “Liberazione”» e alla Bindi vanno niente di meno che gli applausi del forzista Bondi. «La proposta di Livia Turco e Rosy Bindi - afferma il coordinatore “azzurro” – va guardata con favore e interesse ». Così come la stessa piace ad An che promuove il cosiddetto “bonus maternità” dei Ds e della Margherita. «An - dice il ministro – dà una valutazione positiva del “bonus maternità” dell’opposizione perché si tratta di un rafforzativo della politica cominciata dalla maggioranza». La stessa che affila le armi ed è pronta a sostenere a spadatratta l’indagine conoscitiva sulla legge 194 voluta fortemente dai centristi contro il parere delle opposizioni. Ad essere pronta è già una lista informale delle audizioni per l’indagine. Ad essere ascoltati per primi saranno - e come non poteva essere altrimenti - i rappresentanti del movimento per la vita, del forum delle famiglie e dell’Aied, oltre che il ministro della Salute e le regioni. «Il tempo è poco - dice Francesca Martini, membro della Lega in commissione - e bisogna ottimizzarlo ». Anche se resta tutta l’assurdità oltre che dal punto di vista politico e ideologico di un’indagine da fare in poco meno di tre settimane e al termine di legislatura. Dal canto suo Cesa, il paladino centrista che attendeva il via libera all’indagine da parte di Rutelli proprio ieri ha ricevuto dal leader Dl una risposta negativa. Una risposta – non ha mancato di replicare il segretario Udc - a dir poco deludente. Sta di fatto che il dibattito ha assunto toni da vera crociata. E ad accorgersene è stato infine il presidente Casini che al decimo congresso del movimento cristiano dei lavoratori ha rilanciato una ferma opposizione «a guerre di religione sulle spalle delle donne». Ogni strumentalizzazione - ha ribadito Casini - è assolutamente inaccettabile ma sta di fatto che nei consultori preferirebbe mettere a sorveglianza i paladini del movimento per la vita. Naturalmente sulla vicenda non poteva alla fine che intervenire anche il presidente del Senato Marcello Pera. «Preservativi gratis? - commenta - non so ma è giusto il richiamo del papa sui diritti della persona». «La 194 - è infine il commento del segretario di Rifondazione - è una delle leggi testimoni della civiltà del Paese. Le donne testimoniano con un’esperienza straordinaria e anche difficile la bontà di questa legge e il lavoro che viene fatto nei consultori, chiunque lo conosca, e sarebbe dovere di tutti i politici conoscerlo, fa che si tratta di un lavoro degno di encomio». Ma - conclude - «qualunque altra cosa è solo un attacco a questa legge di civiltà e va respinto con determinazione».
Liberazione, 03.12.05
Vendola intitola l’aeroporto a Karol Wojtyla
Il presidente della regione Puglia Nichi Vendola ha deciso di dedicare l’aeroporto di Bari a Papa Wojtyla. Il segretario del pontefice polacco ha espresso viva soddisfazione: «In Polonia abbiamo dedicato l’aeroporto di Cracovia al “nostro” Papa. Dedicare ora anche l’aeroporto di Bari a Giovanni Paolo II è una cosa molto positiva: una dimostrazione del profondo affetto che l’Italia nutre per un Papa che per questa terra ha dato tanto». Il segretario di Papa Wojtyla saluta con soddisfazione la decisione del presidente della Regione Puglia Nichi Vendola di intitolare l’aeroporto di Bari a Giovanni Paolo II. E ricorda che al Pontefice scomparso il Sindaco di Roma Walter Veltroni avrebbe voluto dedicare la stazione Termini. Una proposta appoggiata all’unanimità dal Consiglio Comunale ma che poi si è arenata. L’aeroporto pugliese invece cambierà ufficialmente nome il 5 dicembre.
AprileOnLine, 03.12.05
"Una preghiera per tutti"
A Montescaglioso (MT) un preside impone il frate cappuccino in classe. Un salto indietro nel tempo contro il progresso e la laicità della scuola pubblica
Leo Palmisano
La ricaduta del dibattito nazionale sull’ingerenza della chiesa cattolica nell’amministrazione quotidiana dello Stato, in tutte le sue manifestazioni materiali e spirituali, sembra cominciare a diffondersi capillarmente sul territorio italiano, a partire dalla scuola dell’obbligo, cioè dalla prima agenzia educativa formalizzata.
È del 18 ottobre una circolare interna alla scuola media statale Salinari di Montescaglioso, in provincia di Matera, che impone a tutti i docenti, segnatamente a quelli di lettere, l’intervento in classe di un cappuccino, tale Padre Flaviano, per “discutere con i ragazzi i valori fondanti della vita”.
In una discutibile premessa alla circolare di otto punti, snocciolando una overdose di senso comune di chiara ispirazione cattolica e nazional popolare, il dirigente scolastico – il ‘preside’ -, Nunzio Nicola Pietromatera, esibisce il suo fermo proponimento a chiamare ogni studente a “motivare il senso della propria vita […] sui valori dell’uomo inteso come persona che interagisce con gli altri”. E come lo fa? Richiamando tutto il collegio docenti a prendere atto della sua ferma volontà: il prete in classe e la preghiera a inizio mattinata “come spinta per avviare la giornata con i migliori auspici”. Già, il cappuccino e la preghiera. Sembrerebbe un’accoppiata sacro-profana, se quel cappuccino fosse, però, non un frate ma una bevanda da bar!
E come se ciò non bastasse, nella stessa circolare il preside, annullando i diritti dell’altro, del non cattolico, concede a chi professa un credo ‘diverso’ di “espletare il proprio dovere con le loro preghiere”. Dove l’assurdo? In tre punti: nell’imporre la preghiera a tutti, senza eccezione, dimenticando che non tutte le fedi pretendono di addolcire la giornata con delle orazioni mattutine; nell’istituire la preghiera come un ‘dovere’, quasi fosse un esercizio utile all’apprendimento come recitare il Cinque Maggio; infine, fatto forse ancora più grave, nel calpestare il diritto al dissenso, al dubbio, al pensiero critico e/o ateo.
Evidentemente, siamo di fronte a una palese violazione della laicità dell’insegnamento pubblico come principio sul quale incardinare la programmazione didattica e l’offerta formativa, non fosse altro per la severità con cui viene imposto dall’alto un provvedimento all’intera scuola, adottando una metodologia clerico-fascista che fa fare un salto indietro di oltre sessanta anni alla scuola pubblica italiana.
Queste sono le premesse con cui si annuncia il nuovo clericalismo di matrice liberale, frutto di un sodalizio politico tra il reazionario Ratzinger e il potere politico. Viene da chiedersi perché non si sia già provveduto a sconfessare questo preside con le armi della Costituzione, di quella carta dei diritti e dei doveri degli italiani che eguaglia tutti i cittadini davanti allo stato e mai davanti a dio, che li sottopone a un rigido rispetto dell’altro nelle sue manifestazioni di civiltà e di progresso. Se questo preside ritiene la ‘lezione’ di un frate cappuccino più utile di quella di un docente di lettere, opera una mistificazione del suo ruolo e snatura quello dell’intera istituzione scolastica. È inammissibile che gli si conceda l’agio di interferire con la programmazione dei suoi docenti e di interrompere il fluire del progresso di un paese verso l’accoglienza, l’integrazione e, soprattutto, verso il rispetto dei valori laici dello stato. Valori per altro condivisi dai padri costituenti, che certamente non erano tutti atei o anti-clericali.
Pertanto, alla luce di questo episodio indecente, intollerante e intollerabile c’è da chiedersi se non sia il caso di rimettere in discussione l’intero impianto dell’autonomia scolastica.
Corriere della Sera, 03.12.2005
«Si facilita l'eliminazione dell'embrione senza guardare a limiti morali»
Il papa: «La scienza non minacci l'umanità»
Benedetto XVI interviene su Pacs e aborto: «Salvaguardare i valori di matrimonio e famiglia. No all'uso arbitrario del progresso»
CITTA' DEL VATICANO - «Tutti gli uomini di buona volontà si devono impegnare per salvare e promuovere i valori e le necessità dela famiglia». È l'appello di Benedetto XVI fatto oggi nel discorso al presidente delle commissioni episcopali per la famiglia e la vita dell'America Latina. In particolare, il papa ha chiesto ai vescovi di impegnarsi nella «salvaguardia dei valori fondamentali del matrimonio e della famiglia, minacciati dal fenomeno della secolarizzazione» e che invece sono come «istituzioni naturali» un «patrimonio dell'umanità».
«In America Latina, come in tutte le altre parti del mondo, i bambini hanno il diritto di nascere e crescere nel seno di una famiglia fondata sul matrimonio, dove i padri siano i primi educatori dei figli e questi possano raggiungere la loro piena maturità umana e spirituale». Figli che, secondo Benedetto XVI, sono «la maggiore ricchezze e il bene più prezioso della famiglia».
Nell'ambito della vita, ha detto il papa, stanno nascendo nuove impostazioni che mettono a rischio «questo diritto fondamentale». Facile leggere un riferimento ai pacs, i patti civili di solidarietà che permetterebbero di ufficializzare le unioni di fatto, anche quelle omosessuali. Ma le parole di Ratzinger hanno affrontato anche il tema della vita e dell'aborto. «Come conseguenza - ha detto nel discorso in spagnolo - si facilità l'eliminazione dell'embrione o il suo uso arbitrario sugli altari del progresso della scienza che, non riconoscendo i suoi limiti e non accettando tutti i principi morali che consentono di salvaguardare la dignità della persona, si converte in una minaccia per lo stesso essere umano, ridotto ad oggetto o mero strumento».
Corriere della Sera, 03.12.2005
Prolusione all'incontro del Progetto Culturale della Cei
Ruini apre ai laici: «Dialoghiamo»
Il presidente dei vescovi: «Mi auguro che le due visioni non si contrappongano sistematicamente»
ROMA - Affidarsi al «libero confronto delle idee, rispettandone gli esiti democratici pure quando non possiamo condividerli». È la «proposta» fatta dal cardinale Camillo Ruini, presidente della Cei, per «superare, a livello pratico» le contrapposizioni tra «laici» e «credentì».
Parlando in apertura dell'incontro del Progetto culturale della Cei, dedicato al «cattolicesimo italiano e futuro del paese», Ruini ha detto che «fortunatamente e nella sostanza, avviene di fatto, «in un Paese democratico come il nostro» questo «confronto di idee», ma «è bene che tutti ne prendiamo più piena coscienza, per stemperare il clima di un confronto che prevedibilmente si protrarrà assai a lungo, arricchendosi di sempre nuovi argomenti».
«I fautori del relativismo - ha aggiunto il presidente dei vescovi italiani - continueranno a pensare che in certi casi siano stati violati i diritti di libertà», mentre i sostenitori di un approccio collegato all'essere dell'uomo continueranno a ritenere che in altri casi siano stati violati diritti fondati sulla natura, e perciò antecedenti ad ogni umana decisione, ma non vi sarà motivo di accusarsi reciprocamente di oltranzismo antidemocratico».
Ansa, 03.12.05
Usa: aperta una citta' del cervello
E' il piu' grande centro di neuroscienze del mondo
NEW YORK, 1 DIC- Aperta negli Usa dal Mit, l'ateneo dei cervelli del Massachusetts una citta' del cervello, il piu' grande centro di neuroscienze del mondo. Il nuovo centro e' da Guinness anche per gli standard dei laboratori di Mit. Sorge su 38 mila metri quadrati in uno degli incroci a piu' alto potenziale cerebrale del mondo. Crocevia di cervelli offre un potenziale interazione con al lavoro 500 scienziati, la maggior parte pionieri nel campo delle scienze del cervello gia' affiliati a Mit.
Il Manifesto, 03.12.05
Preservativi gratis, tutti contro Prestigiacomo
Per il ministro sarebbero un buon metodo per prevenire l'aborto ma per i «suoi» è solo una provocazione
Imbarazzo bipartisan sul condom La proposta del ministro per le Pari opportunità spiazza anche l'Unione. C'è chi preferisce tacere (Turco, Ds), chi si nasconde dietro la complessità dell'argomento (Bindi, Dl) e chi la stronca (Deiana, Prc).
LUCA FAZIO
La legge 194 non si tocca. Piuttosto, preservativi per tutte e per tutti. Gratis. Il ministro per le Pari opportunità, Stefania Prestigiacomo, naturalmente deve vedersela ancora una volta con i suoi colleghi maschi del centrodestra, eppure il suo ragionamento mette in imbarazzo anche la strana coppia Livia Turco e Rosi Bindi, che per non dispiacere troppo il cardinale Ruini ha proposto una specie di mancia per tutte le donne in gravidanza con un reddito non superiore a 25 mila euro annui (oggigiorno una cifra da ceto medio, ma anche questo i parlamentari non lo possono capire, tanto sono distanti dalla vita e dai portafogli dei cittadini). Invece Stefania Prestigiacomo, con molto buon senso, se non altro ha dimostrato di sapere che possono servire anche un euro e un preservativo per evitare una gravidanza indesiderata, e lo ha detto sapendo di scontentare il cardinale Ruini. «Non sono convinta - ha spiegato il ministro - che siano tante le donne che decidono di interrompere la gravidanza per motivi economici. E poi, ci sono le giovanissime che conducono una vita sessuale da adulte senza conoscere la contraccezione. Anche perché di questi tempi non si parla più di preservativi, ad esempio. Farei una campagna dandoli gratuitamente...». Apriti cielo. Quanto al bonus «evita aborto», come è stata battezzata la desolante proposta delle ex ministre dell'Ulivo, Prestigiacomo non ha nulla in contrario, «ma una politica a favore della maternità è fatta soprattutto di servizi efficienti, mi sono battuta perché ci fosse la deducibilità di una parte delle spese per gli asili nido, posto che questi ci siano». Si batte ma sempre da sola e con scarsi risultati, e nella parte sbagliata.
Detto questo, non è certo il caso di invidiare un ministro come Prestigiacomo, spiace però che nessuno nel centrosinistra, non fosse altro che per una mossa propagandistica, abbia pensato che se «i giovani» per fare l'amore con la testa devono spendere un euro alla volta magari avrebbe anche senso agitare l'argomento «preservativi gratis». I giovani? Eh già, troppo lontani dalla politica...E si capisce - ma è solo un esempio - da come l'hanno presa Rosi Bindi e Livia Turco; se per la prima, «il problema della sessualità responsabile nei giovani è un po' più complesso», per la seconda invece l'argomento deve essere troppo delicato: non commenta. Elettra Deiana (Prc), che giustamentamente punta su prevenzione e educazione - e ci mancherebbe - boccia però la proposta dicendo che «ridicolizza la questione». E questo perché, secondo l'ottimista Deiana, «le persone adulte e consapevoli sanno come evitare la gravidanza». Appunto, e gli altri? E così Prestigiacomo, dopo aver fatto arrossire la componente più pesante della politica al femminile dell'Unione, è stata abbandonata al tiro incrociato dei suoi uomini di governo.
Solo il ministro Giorgio La Malfa, che però «non me ne intendo», si è lasciato scappare che i preservativi gratis sono una buona idea. Il ministro della Salute Storace, ha fatto Storace: «I soldi dello stato si usino per i vaccini e non per i preservativi, può essere un consiglio ma non una politica». Tutti hanno bocciato la «provocazione» del ministro Prestigiacomo. E il «pensiero» della Casa delle Libertà sta tra il «non siamo mica in Africa» della leghista Francesca Martini e il ministro Enrico La Loggia che dice «la mia posizione è quella della Cei che punta sul lavoro di prevenzione, di evitare rapporti a rischio fuori dal luogo naturale della coppia». In mezzo sta Pera, il presidente del Senato, lui semina dubbi perché è filosofo e anche un po' fissato, «non so, dovremmo essere cauti perché in molti casi si stanno toccando i principi fondamentali della nostra tradizione cristiana».
L'idea di Prestigiacomo ha ricevuto il pieno sostegno di Chiara Moroni (Nuovo Psi) e di Luana Zanella (Verdi), la quale ha ricordato all'uomo Storace che in fondo è anche ministro della Salute: «Ma lo sa che l'uso dei preservativi è la maggiore forma di prevenzione contro la diffusione dell'Hiv? Le sue sono dichiarazioni ancora più gravi perché pronunciate appena dopo la giornata mondiale contro l'Aids».
Il Manifesto, 03.12.05
ABORTO- I presidenti delle camere in camera da letto
PERA ALLA CONQUISTA DI CIVILTÀ
A Lecce, al secondo convegno su laicità e libertà della fondazione Magna Carta, il presidente del senato Marcello Pera torna sull'aborto: «Non sono d'accordo con chi dice che l'aborto è una conquista di civiltà, perché la civiltà consiste nel tutelare la vita e non nell'autorizzare la morte. E non c'è donna che non testimoni che l'aborto è talvolta una necessità tragica perché, in ogni caso, rappresenta la soppressione di una vita. La civiltà è fare sì che chi si trova in quella condizione sia aiutata, in modo che quella tragica necessità venga eliminata o ridotta al minimo».
Il Manifesto, 03.12.05
CASINI CERCA VOLONTARI
«Bisogna evitare guerre di religione sulle spalle delle donne», dice il presidente della camera Pierferdinando Casini al congresso del Movimento dei lavoratori cristiani. «Le strumentalizzazioni sono inaccettabili, tutti i partiti sono d'accordo che non c'è nessuna alternativa alla 194. Però a volte le madri sono lasciate sole, per cui non si tratta di mettere le guardie svizzere nei consultori ma di trovare dei professionisti dell'accoglienza che aiutino a trovare la soluzione per tutelare la vita».
Il Manifesto, 03.12.05
RUINI BENEDICE E GUARDA OLTRE
«Il confronto tra laici e credenti si protrarrà assai a lungo e si arricchirà di sempre nuovi argomenti, è bene che tutti ne prendiamo più piena coscienza» Il cardinal Camillo Ruini apre così l'incontro sul progetto culturale della Cei dedicato al «cattolicesimo italiano e al futuro del paese». «La proposta per superare le contrapposizioni - dice - è affidarsi al libero confronto delle idee, rispettandone gli esiti democratici pure quando non possiamo condividerli. Ma il grande compito che sta davanti ai cristiani laici è di rendere Dio credibile in questo mondo, proponendo ai laici di vivere `come se Dio ci fosse'».