martedì 28 maggio 2019

Repubblica
Il caso
Da Bonino alla Sinistra: due milioni di voti senza quorum
di Silvio Buzzanca


ROMA — I numeri sono brutali: +Europa si ferma al 3,09% con 822. 764 voti. I Verdi restano inchiodati al 2,29% con 609.688 voti. La Sinistra di voti ne prende 465.092, l’1,74%. Tutti ampiamente sotto la soglia di sbarramento del 4%. Quasi due milioni di voti, 1.897.534, che non servono a nulla, non eleggono nessuno, non fermano nessuno.
Quelli del Pd prendono la calcolatrice, guardano il display e si rammaricano. «Se aggiungiamo +Europa, la Sinistra il campo del centrosinistra sfiora il 30%, quindi siamo in un’ottica bipolare», spiega Roberto Morassut.
Ma le alleanze non le hanno fatte prime delle elezioni Europee e non è detto che le faranno un domani. E con questi elettori il richiamo al “voto utile” non funziona.
«Abbiamo fatto questa scelta semplicemente perché non siamo del Pd, non avevamo nessun interesse a fare gli indipendenti di sinistra nel Pd. dice a muso duro Emma Bonino.
Ma lei e +Europa hanno detto no all’accordo con i Verdi. Troppe differenze su Tav, Tap, grandi opere e si sono alleati con la lista civica di Federico Pizzarotti. Che per abbracciare Della Vedova, Bonino e Tabacci ha rotto il patto con i Verdi. Gli ecologisti, rimasti soli, allora avevano ripiegato su Pippo Civati e Possibile. Ma l’intesa si è rotta a pochi giorni dal voto.
Insomma, grande confusione sotto il cielo. E +Europa non ha ripetuto gli ottimi risultati ottenuti dagli altri partiti dell’Alde in Europa. Non parliamo poi del boom dei Verdi continentali che nello Stivale si è sentito, ma non visto.
A sinistra, questa volta avevano fatto uno sforzo. Sinistra Italiana e Rifondazione comunista e altri gruppi si erano messi sotto lo stesso simbolo continentale di La Sinistra. Un fallimento. Luigi De Magistris è stato alla larga e Potere al popolo non ha partecipato. E oggi la loro leader Viola Carofalo liquida tutte gli appelli a riunirsi e ripartire: «Questa cosa dell’unità della Sinistra è una cazzata».
L’altro grande sconfitto – coi 5Stelle – delle Europee è la cosiddetta sinistra radicale. E questa non è certo una novità, perché dalla “Sinistra Arcobaleno” in giù è sempre stato un pianto. Eppure non imparano mai. Ormai i social servono più che altro come balconcino per qualche para-intellettuale “de sinistra”. Mentre le Murgia e altri geni spelacchiati gridavano al fascismo & nazismo, indignandosi già che c’erano pure sulla Nutella, Salvini riempiva le piazze e collezionava consensi. È la differenza tra Paese reale e seghe mentali, baby. Da mesi gli intellettuali engagé ci smerigliano le gonadi sull’imminente apocalisse. Yeown. Vivono sui social, criticano pensosamente ogni ruttino del “Capitano”, scrivono libri che si leggono da soli e – tra un appello e l’altro pro-Cesare Battisti – si autoproclamano “intellettuali”. Quarta Repubblica ha di recente mostrato uno spaccato emblematico della autoreferenzialità cara alla sinistra dura e pura. C’era la Murgia, in un soffitto poco frequentato di una libreria, che presentava una sua pubblicazione. A un certo punto, con aria compiaciuta, Ella ha detto in soldoni che “Ieri c’era Pasolini e oggi noi”. E già qui son partite le ambulanze. Purtroppo però Ella è andata pure avanti: “Finalmente noi intellettuali siamo tornati a parlarci”. Finalmente, sì: proprio non ci dormivo la notte. Gran finale: “Abbiamo anche una chat su whatsapp dove ci confrontiamo”. Dagli Scritti corsari alle chat su whatsapp: son soddisfazioni. Ora: questi allegri (neanche tanto: “indossano” tutti quello sguardo funereo di chi la sera preferisce al sesso le paratattiche di Marcuse) intellettuali in mancanza di prove ci avevano dettato la linea. Niente Lega, che son scimmioni nazisti. Niente 5 Stelle, che son coglioni fiancheggiatori. Niente Pd, o meglio “facciamo finta che noi siamo alternativi”, perché la cosiddetta sinistra radicale (tranne Rizzo e i desaparecidos di Potere al Popolo) si è poi alleata al Pd. Dall’esito di tale onda rossa si sarebbe alfin soppesata la portata quantitativa di questi Casarini convinti d’esser Gobetti. E sia. Nelle realtà-simbolo dell’accoglienza, Lampedusa e Riace, Salvini ha preso 45% e 30%. Tutti emuli di Himmler? Astensione al 44%, e tanti son proprio di sinistra. Bonino & Pizzarotti, che volendo fan brodo proletario anche loro: 3,09%. Oltre ogni marginalità immaginabile, nonostante appelli, digiuni e altre frignatine a favor di telecamera. Europa Verde (?), dal quale Civati – un altro col tocco magico – è sceso un attimo prima dello schianto: 2,29%. Quindi “La Sinistra”, con queste maiuscole goffamente altisonanti e con dentro pure la mai anacronistica Rifondazione comunista. C’erano stati gli appelli di Mannoia & Marescotti. C’erano state le tirate acritiche pro-Ong. E c’erano stati i tweet dei soliti intellettuali “wuminghioni”, pronti a dirci che Salvini è Farinacci.
A sentir loro, le masse avrebbero sgomitato a milioni per tributare all’onnipresente mediatico Fratoianni il sacro ruolo di nuovo Marx. II risultato? Uno stiticissimo 1.7%. Dopo una batosta così, certi “scrittori” e certi “politici” dovrebbero – come minimo – domandarsi se abbiano o no il polso della situazione. Non lo faranno: dall’alto della loro smisurata evanescenza bolsa, continueranno a trattare chi non la pensa come loro da minorati. Ah: se si fossero presentati insieme, Europa Verde, La Sinistra e Rizzo avrebbero (di poco) superato lo sbarramento. Ma – da sempre – preferiscono correre da soli per giocare a chi ce l’ha più lungo. Cioè più corto. Protetti e benedetti dai peggiori “intellettuali” della galassia.

Corriere 28
La collana
Oggi in edicola il secondo titolo sui regimi totalitari: magia e fanatismo visti da Giorgio Galli
Hitler, un dittatore superstizioso
I segreti iniziatici del Terzo Reich
di Pier Luigi Vercesi


Non sono mai state chiarite le ragioni del volo di Hess in Gran Bretagna
Il nazismo univa l’efficienza moderna a un bizzarro versante esoterico
Il 10 maggio 1941 avvenne l’episodio più misterioso della Seconda guerra mondiale. Ancor più inspiegabile perché chi poteva chiarirlo, e non lo fece, sopravvisse a quella data per mezzo secolo, isolato nella cella in cui venne rinchiuso dopo il processo di Norimberga e, nel 1987, all’età di 93 anni, senza più forza fisica, riuscì (curiosamente) a togliersi la vita strangolandosi con un cavo elettrico nel carcere di Spandau, a Berlino, la città dove tutto era cominciato.
Rudolf Hess, protagonista della vicenda, era l’uomo a cui Hitler dettò, nel carcere di Landsberg, il Mein Kampf e il terzo nel grado di successione alla guida del Terzo Reich. Quella mattina di maggio, poco prima dell’operazione Barbarossa, l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica, decollò in gran segreto dall’aeroporto di Augusta a bordo di un Messerschmitt 110 per raggiungere il Sud della Scozia. Riuscì — si disse grazie alla nebbia — a ingannare la contraerea britannica e, dopo alcune ore, si lanciò con il paracadute. Atterrò a circa dieci miglia dal luogo previsto, la residenza del duca di Hamilton. Al contadino che lo vide planare dal cielo fornì una falsa identità e chiese di essere condotto dal duca in quanto latore di un importante messaggio. Giustamente sospettoso, chi lo soccorse lo consegnò a Scotland Yard, alla quale svelò la sua vera identità.
Winston Churchill si rifiutò di incontrarlo e lo fece interrogare da un suo inviato, sir Ivone Kirkpatrick. Hess sostenne di poter negoziare, per conto della Germania, la pace, in una sorta di spartizione del mondo tra tedeschi e inglesi (le due razze elette). In cambio, Londra avrebbe lasciato mano libera a Hitler nella sua impresa di «purgare» il mondo dal demone bolscevico. La proposta venne respinta per la determinazione del premier britannico, anche se ambienti aristocratici vicini alla corona propendevano per intavolare una trattativa. O, almeno, così fecero credere a Hess e alla sua cerchia di fanatici, la cosiddetta «svastica magica», che aveva rapporti con circoli esoterici britannici collegati a quel che restava del circolo per iniziati The Hermetic Order of the Golden Dawn (Alba dorata).
Il tentativo
Forse il Führer affidò
al suo compagno fedele della prima ora
una missione riservata
A queste conclusioni giunse, trent’anni fa esatti, lo studioso di dottrine politiche Giorgio Galli nel saggio Hitler e il nazismo magico, che sollevò infinite discussioni, riproposto in edicola oggi, con un’ampia prefazione scritta molti anni dopo, assieme al «Corriere della Sera». Gli storici, all’inizio, giudicarono stravaganti le tesi di Galli, peraltro considerato accademico rigoroso e tutt’altro che propenso ad avventurismi revisionistici. Ma con l’andar del tempo, l’idea centrale del libro, vale a dire che la comprensione delle follie naziste non può prescindere dallo studio dell’ambiente esoterico dal quale il partito prese le mosse, è diventata sempre più materia di ricerca.
Quando Hitler decise di trasformare la sua setta in un movimento di massa per dare l’assalto al potere, prese apparentemente le distanze dai «maghi» (iniziati, astrologi, preveggenti e ciarlatani) ai quali, fino ad allora, aveva fatto riferimento. Da quel momento il nazismo continuò la sua avventura su due livelli, quello razionalmente folle, rappresentato da Göring e Goebbels, e quello imbevuto di dottrine esoteriche, coltivato da Hess ma anche da Himmler. Hitler, apparentemente distante dalla svastica magica, ne era influenzato nelle decisioni attraverso il suo compagno della prima ora.
Nel 1943
Alcuni sensitivi furono utilizzati per scoprire dove era detenuto
il Duce dopo l’arresto
Quando si seppe del volo di Hess, il Führer si mostrò indispettito, ma sei giorni prima, dopo aver parlato al Reichstag, si era intrattenuto da solo per circa mezz’ora con Hess. La tesi di Galli, ormai accettata da molta storiografia, è che Hess stesse compiendo una missione in nome di Hitler senza esporlo alle conseguenze di un fallimento. A Norimberga, Hess si limitò a dichiarare: «Sono felice ed orgoglioso di aver fatto il mio dovere come tedesco, come nazionalsocialista, come fedele al Führer… Poco m’importa di ciò che possono farmi gli uomini. Comparirò davanti all’Onnipotente. È a lui che debbo rendere conto, e so che mi assolverà». Parole di un invasato fedele al capo che gli aveva affidato una missione disperata.
Dopo il volo di Hess, la pletora di esoteristi vicini al partito venne arrestata, salvo richiamarla in servizio alla fine del luglio 1943, quando Mussolini, defenestrato dal Gran Consiglio con l’ordine del giorno Grandi, venne fatto arrestare da Vittorio Emanuele III. Hitler ordinò a Himmler di trovarlo e liberarlo. Walter Schellenberg, capo dell’ufficio esteri della polizia di sicurezza e stretto collaboratore di Himmler, raccontò che, brancolando nel buio, il suo superiore si rivolse ai «maghi»: «Liberò alcuni rappresentanti delle scienze occulte arrestati dopo la fuga di Hess in Inghilterra e li chiuse tutti insieme in una villa sul Wannsee. Veggenti, astrologi e radiestesisti ebbero l’ordine di tirar fuori dal cappello il Duce scomparso. Dopo un po’, un maestro del pensiero annunciò che Mussolini si trovava su un’isola a Ovest di Napoli. Effettivamente il Duce era stato portato, in un primo momento, a Ponza».

Corriere 28.5.19
Il nuovo volume della rassegna
La passione per l’occultismo nei cultori della svastica

Il libro di Giorgio Galli Hitler e il nazismo magico, in edicola oggi con il «Corriere della Sera» e «La Gazzetta dello Sport», è la seconda uscita della serie «Dittature e totalitarismi nella storia». Si tratta di un’indagine sul versante esoterico del movimento e del regime che segnarono in modo tragico la storia della Germania e dell’intera Europa.
Il volume è in vendita al prezzo di e 8,90 più il costo del quotidiano, come tutti gli altri che compongono la collana (nel grafico le prime dodici uscite). L’iniziativa, realizzata in collaborazione con Bur Rizzoli, intende offrire ai lettori un ampio panorama dei regimi che, nel corso del XX secolo, hanno realizzato una nuova forma di oppressione, più completa e moderna rispetto agli assolutismi del passato, attraverso la mobilitazione delle masse e l’imposizione di ideologie che sono diventate autentiche religioni profane di Stato. Da questo punto di vista la Germania nazista rappresenta forse l’esempio estremo, per la violenza della repressione, l’applicazione di una rigida legislazione razziale, il vasto consenso popolare, la straordinaria aggressività sullo scenario internazionale, l’enormità dei crimini compiuti su persone inermi e innocenti. Un terribile quadro d’insieme, in cui lo studio di Giorgio Galli inserisce un altro fattore, legato alla credenza nell’azione di entità occulte.
Il prossimo volume della serie è dedicato invece al fondatore del bolscevismo e del regime sovietico. Si tratta di Lenin di Victor Sebestyen, in edicola dal 4 giugno. Seguiranno: La guerra civile spagnola di Antony Beevor (11 giugno); Fidel Castro di Serge Raffy (18 giugno). (j. ch.)

Repubblica 28
Da Riace a Lampedusa la caduta dei simboli dell’accoglienza
Trionfo leghista a Europee e comunali: Lucano fuori dal consiglio E nella capitale degli sbarchi il partito di Salvini vola al 45 per cento
di Alessia Candito


RIACE — Clacson, applausi, trombette da stadio. Un bacio ai santi patroni Cosma e Damiano poi giù alla Marina a festeggiare. Inizia con una passeggiata che sembra quasi una processione e bottiglie di spumante stappate di fronte al Municipio, la nuova era di Riace. «Questa è la fine di un’epoca» si grida in piazza. Quella di Mimmo Lucano è finita. Male, malissimo.
L’onda nera della Lega ha travolto anche il borgo della Locride e il responso delle urne è stato netto. Il Carroccio vola oltre il 30% alle Europee, la lista trainata da molti dei suoi esponenti locali, “Riace rinasce” si prende il Comune con oltre il 40% dei voti e decide il nuovo sindaco, Luigi Trifoli. Lucano, candidato consigliere dopo tre mandati alla guida dell’amministrazione, nonostante le oltre 130 preferenze, rimane fuori dall’Assemblea. Per un solo voto, la sua lista “Il cielo sopra Riace” è terza, dopo quella del suo ex vicesindaco, Maurizio Cimino.
«Abbiamo già presentato ricorso, ci sono 4 voti che non ci sono stati riconosciuti » annunciano i suoi, che lo hanno raggiunto al bar della vicina Caulonia, diventato il suo quartier generale. Hanno volti scuri, increduli. Nessuno si aspettava la sconfitta. «E in ogni caso non così» mormorano.
La lista di Trifoli ha strappato la vittoria ancor prima della chiusura dello spoglio con oltre 140 voti di vantaggio. Un’enormità in un paese di poco più di mille anime e circa 800 votanti. Determinante è stato il voto della Marina, la contrada più popolosa e meno coinvolta nel “villaggio globale”. Di certo ha influito l’inchiesta che ha travolto il paese, spaventato molti e sconfortato tanti.
«Siamo una lista civica» non si stanca di ripetere il nuovo sindaco. Ma che a sostenerla ci fossero leghisti convinti, incluso il segretario locale Claudio Falchi, non è un segreto per nessuno. Ed anche Trifoli si lascia scappare: «Considerando che qui ha avuto molti voti, la Lega deve dimostrare di voler bene a Riace e fare in modo che possa avere finanziamenti ad hoc». E da domani «prima i diritti dei riacesi», negli ultimi anni — sostiene — trascurati da Lucano a favore dei migranti. Per il sistema di accoglienza che ha reso il borgo famoso nel mondo sembra il capolinea. «Ma si è ucciso da solo — puntualizza il nuovo sindaco — lo dice la procura».
Mimmo Lucano non è d’accordo. Lontano dai festeggiamenti chiassosi degli avversari, sembra il più tranquillo fra i suoi. «Ripartiamo da qui, da quello che siamo e siamo stati» li invoglia. Ricorda che l’accoglienza è iniziata per caso e nei primi anni ha camminato senza finanziamenti pubblici, né incarichi istituzionali a sostenerla, che c’è una Fondazione in grado di metterci fondi e intelligenze, e che la Riace di oggi è un simbolo mondiale, da difendere. Al nuovo sindaco fa gli auguri, ma promette opposizione e assicura «il mio impegno politico prosegue. Però voglio tornare una persona libera». Magari anche per questo non sembra dispiacergli troppo essere rimasto fuori dal consiglio comunale e si fa tentare dall’idea di una rinuncia, se il ricorso dovesse andare a buon fine. «Adesso non dovrei essere più così pericoloso, no?», sorride mesto. L’esilio gli pesa e sembra aver influito non poco anche sul risultato dei suoi. «Ma non può dipendere solo da questo. Si vedono dei tentativi di reagire — ragiona — ma c’è un’onda nera ed è innegabile». La stessa che sembra aver travolto anche Lampedusa. Nell’isola che è frontiera sud dell’Italia e dell’Europa, dove i porti sono ufficialmente chiusi ma gli sbarchi continuano, la Lega strappa il 45,85%. Neanche la candidatura del medico locale, Pietro Bartolo, riesce ad arginare il Carroccio. Pesa un’astensione quasi bulgara — oltre il 73% — e forse, denuncia il sindaco Totò Martello, il boicottaggio di parte del Pd locale. Da oggi però Lampedusa sembra più muro, che confine.
L’ex sindaco. Mimmo Lucano, 60 anni, al seggio elettorale FORTUNATO SERRANO’/AGF
Il nuovo primo cittadino Nella foto, Antonio Trifoli, 49 anni. Di professione vigile urbano, è il nuovo sindaco di Riace in provincia di Reggio Calabria
ANSA

Repubblica 28.5.19
Cina
Lo studente troppo marxista fatto sparire dal regime di Xi
Retate nel campus di Beida alla vigilia dell’anniversario di piazza Tiananmen
di Filippo Santelli


PECHINO — Il video è di febbraio. In piedi davanti alla telecamera, maglione a righe e voce che prova a non tremare, il 21enne Qiu Zhanxuan racconta di essere stato interrogato per 4 giorni dalla polizia, schiaffeggiato, minacciato di umiliazioni corporali, costretto ad ascoltare propaganda a tutto volume. «Se sparisco è per colpa loro», dice levando il pugno sinistro lo studente di Sociologia dell’Università di Pechino, leader di un gruppo di giovani troppo marxisti per questa Cina, “colpevoli” di chiedere più diritti per gli operai. Un mese fa, denunciano gli amici al Washington Post , Qiu è sparito davvero. E insieme a lui almeno una ventina di compagni di università e battaglia politica, tenuti agli arresti in casa o in località sconosciute anche ai familiari. Rastrellati durante 5 operazioni nel campus di Beida, la Harvard mandarina, l’università che forma l’élite cinese.
Troppo pericolosi per il Partito, in questi mesi di anniversari delicatissimi: i cento anni dal movimento nazionalista del 4 maggio, i trenta da Tiananmen, manca una settimana. Nella Cina moderna le proteste nascono sempre nei campus di Pechino, da cui gli studenti escono arrabbiati. Non deve più accadere, poco importa che la richiesta di Qiu e compagni non sia democrazia, bensì pura ortodossia operaista. Il ragazzo è arrivato a Beida nel 2016 grazie a una borsa di studio guadagnata vincendo le Olimpiadi di chimica. Gli sarebbe bastato studiare per assicurarsi un futuro scintillante. Ma le battaglie sociali erano parte di lui, con diversi familiari senza lavoro, scarti del grande balzo industriale cinese, così l’anno successivo Qiu è passato da Chimica a Sociologia e si è iscritto all’Associazione studenti marxisti, diventandone il leader. Lo scorso luglio, insieme a 50 studenti dei migliori atenei cinesi, ha raggiunto Shenzhen per supportare i lavoratori dell’azienda Jasic che chiedevano di fondare un sindacato autonomo. Una vicenda locale si è trasformata nello spauracchio del Partito. Arresti e minacce hanno convinto al silenzio alcuni ragazzi, ma altri hanno continuato anche dopo il rilascio. «Sono pronto a manifestare di nuovo», diceva a dicembre a Repubblica uno di loro, ora irrintracciabile. Sparito come Yue Xin, volto femminile del gruppo, combattiva neolaureata che con le sue denunce ha portato #MeToo in Cina. Come Qiu. La speranza è che, passato l’anniversario di Tiananmen, le autorità li rilascino. Ma lo faranno, sapendo che non si fermeranno? «Nei giorni che mi restano spero di continuare a combattere con i miei amici – dice il ragazzo nel video – ad avanzare insieme, ad arretrare insieme».
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Il movimento degli studenti Qiu Zhanxuan (nella foto col viso cerchiato), presidente della Marxist Society della Peking University, in una foto pubblicata dal Jasic Workers Support Group, un movimento studentesco di supporto agli operai
In difesa delle donne
Una manifestante a Jackson Square, nel quartiere francese di New Orleans, in Louisiana, il 25 maggio durante un sit-in di protesta contro l’Heartbeat Bill, la proposta di legge sul “battito cardiaco” che vuole vietare l’aborto dopo 6 settimane. La legge è già in vigore in alcuni Stati Usa: oggi verrà votata dal Parlamento della Louisiana

nella miscellanea qui
https://spogli.blogspot.com/2019/05/repubblica-il-caso-da-bonino-alla.html