domenica 26 febbraio 2006

Liberazione, 23.02.06
“Liberazione”
Sessualità e realtà umana
Simona, Roma


Caro Sansonetti, la settimana scorsa leggendo l’articolo di Vladimir Luxuria intitolato “Noi transgender non siamo contronatura; vi racconto di chiocciole, iene e galline”, per poco non ho avuto un mancamento! Mi dico, ma come si fa a paragonare la sessualità dell’uomo a quella della gallina, come si può essere così miopi da non vedere la ricchezza e la complessità della realtà umana, fatta non solo di biologia ma anche di pensiero, affetti, creatività, immagini? Poi oggi ho comprato “Liberazione”, ed è stata per me una boccata di ossigeno trovare il bell’articolo di Lidia Menapace. Qui, con mio grande sollievo, viene affermato con estrema chiarezza che uomo ed animale non sono uguali; nonostante l’unione dei genitali sia simile all’accoppiamento animale, la sessualità umana è qualcosa di completamente diverso. Adesso sì, questa impostazione di pensiero mi piace, e penso sia assolutamente giusto ribellarsi a Ratzinger che ci vorrebbe ridurre a bestiame da riproduzione. Ma non mi basta. Voglio cercare di capire quale è, dov’è questa differenza dell’umano che va oltre il funzionamento del corpo. Continuo a leggere l’articolo della Menapace, e tra i tanti termini che la giornalista utilizza due mi hanno colpito in particolar modo; piacere e desiderio. Sembrano simili, ma in realtà credo che abbiano un significato completamente diverso... Non so, penso che ci sia ancora molta confusione, molta nebbia che può essere diradata solo se continuiamo questa ricerca; mi sembra l’unica strada da percorrere se vogliamo costruire una politica di sinistra veramente nuova, che tenga conto del benessere non solo materiale di uomini e donne. Un saluto affettuoso
Simona, Roma

Sì, va bene, Simona, è giusto continuare la ricerca. Però guarda che l’articolo di Vladimir era pieno di ironia. Serviva solo a contrastare una parola usata in genere a mo’ di clava dagli omofobi: “contronatura”. Cioè “pervertito”. Cioè “malvagio”. Un saluto affettuoso anche a te. (p. s.)











Liberazione, 22.02.06
Sesso per piacere non per natura
Lidia Menapace


Se si vuole essere attenti a quanto dice Ratzinger, anzi in questo caso papa Benedetto XVI (perché parla in quanto papa e non in quanto re assoluto dello stato della città del Vaticano) e ci si domanda: che cosa è una sessualità “secondo natura”? Per rispondere in modo da non ricominciare a dire che l’omosessualità è una perversione o una malattia, tesi ambedue respinte dalla scienza e anche dall’Oms, per poco che si sappia che cosa è natura, si può dire che sessualità secondo natura è un genere di rapporto tra organismi di diverso genere che riproduce la specie. Questa definizione vale per tutti i viventi, ha specificità per le varie forme della vita ecc. Comunque, se ci fermiamo ai mammiferi (stranamente definiti al maschile, anche se mammelle utili le hanno solo le femmine mammifere, appunto) è un rapporto tra un mammifero e una mammifera attraverso gli organi genitali.

Gli Umani tra tutti i mammiferi (per quanto ne sappiamo) si riproducono così, anche se hanno perso circa diecimila anni fa un indicatore“naturale” specifico della riproduzione cioè l’estro delle femmine: non è stata una diabolica invenzione di scienziati cattivi, nemmeno una malizia di noi femministe, bensì, a quanto se ne sa, un evento “naturale”. Da quando comunque le femmine umane non hanno più l’estro, nella specie umana la riproduzione non è più governata dall’istinto e dal fatto che la femmina quando è feconda emette odori suoni movenze ecc. che eccitano i maschi della stessa specie (che in ogni altro momento lasciano tranquille le femmine e non si accorgono nemmeno di loro). Nella specie umana quel segnale non c’è più e il rapporto sessuale può esercitarsi in ogni momento, per “natura”. Ciò significa che nella specie umana la sessualità non è mai o non più da circa diecimila anni una attività appoggiata a “leggi” naturali, come sarebbe la gravità, bensì una attività libera. Essa continua a rispondere all’imperativo di riprodurre la specie, ma questo non è né il solo né il suo principale fine, dato che non vi è più obbligo biologico bensì scelta gusto desiderio piacere anche nel mettere al mondo bambini e bambine. Nella specie umana la sessualità attiene al piacere e alla sua sperirmentazione, che la Bibbia chiama “conoscenza”. Si ricorderà che Maria all’angelo che le dice che avrà un figlio non risponde: «Non sono mai stata a letto con nessuno», ma invece di usare l'eufemismo del letto usa quello molto profondo «non conosco l’uomo».

Il piacere che è legato al rapporto tra sessi (in qualsiasi forma libera) è una importantissima componente degli esseri umani e delle essere umane e ha prodotto sessualità sensualità desiderio passione erotismo amicizia amicizia amorosa, una serie infinita di affettività e di relazioni non offensive né legate solo all’utile.

Il massimo frutto del piacere senza altri fini è l’arte, che non ci sarebbe se tra gli umani la sessualità fosse ancora “naturale” come se la immagina Benedetto XVI, cioè come quella tra animali: violento scontro tra maschi che competono per accaparrarsi il maggior numero di femmine feconde. Non vi sembra che guerra e competizione economica assomiglino molto a tale sessualità e questo spieghi l’alleanza tra capitalismo e patriarcato? Arrivano parole selvagge dalle sedi del potere religioso assoluto (che non ha niente a che fare con la fede sincera, beninteso) arcaiche, indegne di ascolto. Naturalmente pericolose, e da rifiutare con secco piacere.









Liberazione, 21.02.06
Uomo, donna e ordine “naturale”.
Il Vaticano usa la differenza per attaccare i gay
Angela Azzaro


L’istituto “Giovanni Paolo II per la famiglia” ha organizzato un seminario che fa ulteriore chiarezza sulle basi ideologiche e sugli obiettivi politici della crociata vaticana contro gay, lesbiche, transgender, contro gli uomini e le donne etero che non si riconosco più nei ruoli tradizionali. L’incontro, che dura fino a venerdì, ha l’intento esplicito di «oltrepassare l’ideologia gay» per sostenere che «l’omosessualità è un’alterazione dell’identità sessuale», «una perturbazione della personalità, che dipende dai conflitti intrapsichici non risolti». Il termine malattia viene evitato, ma la condanna del desiderio omosessuale è altrettanto forte. Ne deriva la negazione di una cittadinanza piena, a partire dal no sui Pacs che condiziona le posizioni e le scelte della politica italiana.

Ma qual è la base ideologica che muove il ragionamento di studiosi, psicoanalisti, teologi, che in questi giorni si trovano riuniti per il seminario rivolto agli operatori pastorali? La base di discussione è la Lettera ai vescovi dell’allora cardinale Ratzinger “sulla collaborazione dell’uomo e della donna”, in cui c’è una forte affermazione della differenza tra i sessi. Nell’estate del 2004, appena resa nota, fu al centro di un dibattito, anche molto aspro, dentro il femminismo. C’era chi, rallegrandosene, sosteneva che finalmente Ratzinger riconosceva l’importanza del pensiero della differenza sessuale. Si trattava, cioè, di una grande apertura culturale e politica. Molte affermavano il contrario: il tentativo era quello di riproporre i ruoli tradizionali, un’idea del femminile e del maschile legata alla biologia, che schiaccia le donne sull’identità di madre, moglie, figlia. La Lettera pastorale dell’attuale papa era cioè l’esplicazione di un’idea delle identità sessuali basata su un presunto ordine naturale di cui dio e la chiesa si farebbero difensori.

Oggi quel documento e quell’ordine cosiddetto naturale viene ripreso per attaccare il desiderio omosessuale, per dire che è un perturbamento della personalità, per spiegare che chi ama una persona dello stesso sesso o non si riconosce in un solo genere ha problemi. E quindi non ha diritti.

Sarebbero affermazioni ridicole, catalogabili come residuali rispetto alla libertà con cui tante persone vivono oggi la loro sessualità. Sono, però, pericolose perché dettano l’agenda politica italiana, rischiano di riportare indietro le conquiste ottenute, continuano a formare il senso comune. Resta il problema di come contrastare questa tendenza. Oltre a garantire a tutti e tutte una piena cittadinanza, qualsiasi sia l’identità o l’orientamento sessuale, c’è un passaggio da fare che viene prima. E’ il passaggio più difficile: mettere in discussione un’ideologia basata su un ordine naturale che è invece culturale e che è servito storicamente ad affermare un unico modello di sessualità e di relazioni, quello della famiglia tradizionale, cioè patriarcale. E’ uno sforzo che riguarda in primo luogo noi. E’ una domanda che interroga il dibattito nel femminismo e il ruolo che ha avuto in Italia il pensiero della differenza sessuale. E’ una domanda che la sinistra non può evitare: pena l’essere in balia del Vaticano e della sua morale che riporta indietro di un secolo.










Liberazione, 20.02.06
Violenza sulle donne. Il corpo di Maria
di Ritanna Armeni


Una svista? Un errore? Una smagliatura in un sistema giuridico e culturale oramai contrario alla violenza sulle donne? Possiamo dire questo dopo le decine di prese di posizione nei confronti della sentenza della terza sezione penale della Cassazione che definisce meno grave lo stupro di una ragazzina di 14 anni da parte del suo patrigno perché lei aveva già avuto rapporti sessuali? Certo non è da sottovalutare ed è sicuramente positiva questa levata di scudi dell’opinione pubblica nei confronti di una sentenza così evidentemente ingiusta, così indiscutibilmente maschile, così priva di comprensione e di pietà nei confronti di una vittima di violenza. Ma viene da chiedersi se questa sentenza va semplicemente considerata una svista che poco ha a che fare con quel sistema sociale, giuridico e politico che oggi diffonde a piene mani così tanto stupore e indignazione. Perché - questo è il dubbio - forse non è così. Questa sentenza appare “un segno dei tempi”, l’indizio preoccupante di un umore profondo e diffuso, di valori maschili sempre presenti, di una convinzione che è difficile estirpare, l’espressione visibile di convinzioni che ancora guidano la società.
La convinzione è quella - antica quanto il mondo - secondo cui corpo di una donna è un oggetto da usare. E l’oggetto - ovviamente - se è vecchio, se è stato già usato, ha minor valore. Oggi l’opinione pubblica si concentra sul quel “minor valore” che viene dato al corpo di Maria, 14 anni, stuprata da un patrigno perché lei aveva già avuto rapporti sessuali. Ma esso - va sottolineato - è la conseguenza logica e necessaria del fatto che esso è solo “un oggetto”.
Se è così, è doveroso e legittimo chiedersi se questa società, l’insieme di relazioni e di valori che la guida e che oggi protesta contro l’ingiustizia perpetrata ai danni di Maria, ha davvero cancellato l’idea alla quale il femminismo si è ribellato, del corpo della donna come puro oggetto e strumento del piacere e del potere degli uomini.
Direi di no. A rischio di apparire provocatoria direi che a dimostrarlo c’è la storia di questi ultimi anni e almeno due fatti politici. L’approvazione della legge 40 sulla fecondazione assistita e l’attacco alla libera scelta di abortire sancita 25 anni fa dall’approvazione della legge 194.
Perché, nel primo caso - giova ricordarlo - si è deciso che il corpo della donna che vuole diventare madre sia sottoposto ad un insieme di controlli e di regole che ricordano come esso non possa essere che lo strumento, il luogo fisico nel quale “altri” esercitano il potere della prosecuzione della specie. Nel secondo, a fianco di una più che condivisibile affermazione del valore della vita, si è manifestata con forza una battaglia tutta ideologica e tesa alla colpevolizzazione della donna che si è riappropriata faticosamente della propria libera scelta e si è detto che questa corrisponde ad un assassinio se porta ad eliminare il frutto “non voluto” del suo ventre.
In entrambi i casi al corpo della donna è stata riconosciuta solo la possibilità di essere ricettacolo passivo, luogo della fecondazione, i cui tempi e metodi vengono decisi da altri.
Non stiamo affermando - sia ben chiaro - che c’è un legame diretto fra quella sentenza e questi due fatti politici. Stiamo solo dicendo che quella sentenza non è una stranezza, la stravagante affermazione di una cultura arretrata che ci riporta a tempi in cui esisteva il delitto d’onore, il matrimonio riparatore e lo stupro era un reato contro la morale. Essa vive purtroppo in una nuova e moderna “oggettualizzazione” del corpo femminile. In una temperie culturale in cui le conquiste delle donne sono messe in discussione e in cui i ritorni indietro sono sempre in agguato. Questa moderna oggettualizzazione e questa temperie culturale revanscista va combattuta tutta. Nelle leggi, nelle sentenze e nei comportamenti.









Corriere della Sera, 19.02.06
Secondo la rivista «New Scientist» è meglio delle anfetamine
Ecco la pillola che cancella la stanchezza
Negli Usa ha conquistato il mercato. Chi la prende riesce a non dormire per 48 ore di fila. Ma i medici accusano: è pericolosa


Quarantott’ore di non-sonno filate. E senza neanche sentirsi un po’ stanchi. Si può. Artificialmente certo. Ma è possibile. Un sogno per chi considera il dormire uno spreco di tempo, la soluzione ideale per chi vorrebbe una giornata lunghissima, senza fine. Basta una pillola. Si chiama modafinil ed è capace di dimezzare il bisogno di sonno.
INSOSTITUIBILE - Lanciata nel ’98 negli Stati Uniti, per moltissimi americani è diventata insostituibile. Basti pensare che il fatturato delle vendite è passato dai 25 milioni di dollari del ’99 ai 575 milioni nel 2005. Un fenomeno di cui si è accorto il settimanale scientifico Usa New Scientist che al modafinil ha dedicato la copertina e un lungo articolo. «Il modafinil è il simbolo di un nuovo stile di vita che promette di fare per il sonno quello che la pillola contraccettiva fece per il sesso: da secoli gli esseri umani hanno strutturato le loro vite intorno al sonno; in un futuro molto vicino, per la prima volta adegueremo il modo di dormire al nostro stile di vita». Non solo. «Tra 10 o 20 anni - sostiene il biologo Russell Foster - saremo in grado di spegnere farmacologicamente il sonno», arrivando a stare svegli per 22 ore al giorno e a dormirne solo due. Il tutto, assicurano gli esperti, senza effetti collaterali: «Al massimo un mal di testa», sostiene Jeffrey Vaught, dirigente della Cephalon che produce il farmaco.
SENSAZIONE DI RIPOSO - Perché la pillola anti sonno riesce a fornire al fisico la stessa sensazione di riposo data da 8 ore di sonno. Ma è diversa da tutte quelle sostanze che si usano per mantenersi svegli come la caffeina o le anfetamine, perché, scrive New Scientist , «il modafinil ha cambiato le regole del gioco, il farmaco è quello che si può chiamare un "buon risveglio": dà una sensazione naturale di allerta e mancanza di sonno senza il potente sbalzo fisico e mentale dei precedenti stimolanti». E lascia senza debito di sonno: «Di solito, se stai sveglio per 48 ore - scrive il settimanale -, il fisico ha bisogno di almeno 16 ore per riprendersi, con il modafinil ne bastano 8». Sarà per questo che già dal 2003, i piloti dell’Air Force statunitense ne fanno uso per combattere la stanchezza.
PERICOLI - Nonostante tante rassicurazioni, i dubbi sono molti. «Non possiamo dire che il modafinil non sia stato studiato, però bisogna essere estremamente prudenti», interviene il professor Gianni Benzi, farmacologo all’università di Pavia, consulente scientifico del pm Raffaele Guariniello e rappresentante italiano all’Emea, l’Agenzia europea di valutazione del farmaco. «Questi farmaci - spiega - agiscono sul sistema nervoso centrale, sulla parte anteriore dell’ipotalamo, rilasciano dopamina, inibiscono lo stop alla noradrenalina, il tutto con effetti molto lunghi: si tratta di modificazioni così violente e durature che non mi convincono». In più, spiega Benzi, «innalzano la ricerca del piacere, cioè il soggetto che ne fa uso si sente molto bene perché agiscono sull’umore». Il che può diventare pericoloso. Secondo Benzi, il modafinil sarebbe da usare «sempre sotto stretta tutela di un medico e solo in gravissime patologie, come l’Alzheimer o la narcolessia». Il rischio è che queste pillole, conclude il farmacologo, «possano sfuggire di mano e finire nella Coca Cola dei ragazzi». Meglio farsi un bel sonno.
Claudia Voltattorni