sabato 31 agosto 2019

Corriere 20.8.18
Andrea Ganna, il ricercatore del «gene dei gay»: «Ne esiste più d’uno»
Lo studioso, 33 anni di Varese: «Abbiamo dimostrato la presenza di migliaia di varianti, isolandone cinque. Questo esclude ogni ipotesi di manipolazione del Dna»
di Elvira Serra


Non è pericoloso dire che non esiste un «gene gay»? Apre la porta a quanti sostengono che solo l’ambiente condiziona l’orientamento sessuale. Con quel che ne consegue, per esempio, per le tantissime e felici famiglie arcobaleno.

«Ma infatti non è corretto dire che non esiste un gene gay. Semmai, il titolo esatto è: “Non esiste un solo gene gay”. Ci sono moltissime varianti, e noi ne abbiamo isolate cinque, ma sono migliaia! Il contributo genetico, nella definizione dell’omosessualità, è pari a un terzo o un quarto».

Andrea Ganna, 33 anni, originario di Varese, ha coordinato la ricerca monstre appena pubblicata su Science, che ha messo in relazione le varianti del Dna con l’omosessualità. Laurea in Statistica all’università di Milano Bicocca, Phd al Karolinska Institutet di Stoccolma, postdoc al Massachusetts General Hospital e, adesso, group leader nel Laboratorio europeo di Biologia molecolare dell’Istituto di medicina molecolare finlandese, ha al suo attivi già quaranta pubblicazioni e otto premi e menzioni d’onore.

A chi è venuta l’idea di lavorare a questa ricerca?

«A me e ad altri gruppi di colleghi, uno in Inghilterra, uno in Olanda e uno in Australia. Io in quel momento lavoravo nel Broad Institute di Mit e Harvard, negli Stati Uniti: adesso mi sono appena trasferito ad Helsinki. Anziché competere, abbiamo deciso di creare un consorzio internazionale in cui potessimo affrontare insieme questo progetto».

Con un materiale monumentale: i 470 mila Dna della banca dati britannica «Uk Biobank» e della statunitense «23andMe».

«In realtà quei dati sono accessibili a tutti i ricercatori qualificati, facendo una domanda scientifica appropriata, ovunque si trovino nel mondo. Noi abbiamo deciso di sfruttarli per il nostro lavoro».

Non è «deludente» dal punto di vista scientifico il fatto che non esista un «gene gay»?

«Al contrario, è un bene: se ci fosse, qualcuno proverebbe a modificarlo, come dimostra il caso di He Jiankui, il ricercatore cinese che ha annunciato di aver alterato il Dna degli embrioni di sette coppie durante i trattamenti di fertilità. Abbiamo invece dimostrato la presenza di una componente genetica molto complessa: così complessa che esclude qualunque possibilità di modifica».

Che cosa l’ha appassionata di più nel coordinare questa ricerca?

«Oltre a lavorare in gruppo su un materiale così ampio? È stato interessante il fatto che ci siamo preoccupati di come comunicare i risultati nel modo adeguato, prima della pubblicazione. Abbiamo coinvolto gruppi Lgbt dai quali abbiamo ricevuto molti input utili e abbiamo creato un sito dove sono state raccolte tutte le informazioni sulla ricerca (https://geneticsexbehavior.info/)».

Torniamo a lei: si sente un cervello in fuga?

«No».

Pensa di ritornare in Italia?

«Al momento no, conto di stare in Finlandia almeno per qualche anno. Poi si vedrà».

https://spogli.blogspot.com/2019/08/corriere-20.html

giovedì 29 agosto 2019

il manifesto 29.8-19
Da Londra un oltraggio alla Costituzione senza precedenti
La «prorogation». Con questa forzatura Johnson punta a imbavagliare i Commons per evitare problemi alla Brexit strategy. L’obiettivo è ridurre i giorni a disposizione dei contrari al no deal per approvare una legge che potrebbe imporre uno stop. Un disegno populista, antiparlamentare e reazionario
di Massimo Villone


Boris Johnson ha inviato ai membri della House of Commons una lettera, in data 28 agosto, in cui li informa di avere chiesto alla regina la prorogation del parlamento britannico. Tecnicamente, è la sospensione dei lavori al termine di una sessione. La Bbc riferisce che dal castello di Balmoral Elisabetta ha già disposto la sospensione «in un giorno non antecedente a lunedì 9 settembre 2019 e non successivo a giovedì 12 settembre 2019 fino a lunedì 14 ottobre 2019». In questa ultima data un discorso della regina illustrerà l’agenda governativa per la nuova sessione.
La prorogation è nella Costituzione non scritta della Gran Bretagna. Nasce come potere del sovrano, che poteva decidere quando e per quanto tempo il parlamento sarebbe stato in sessione. In sintesi, con la prorogation era il sovrano che decideva l’agenda, e l’assemblea non aveva voce in proposito. Con l’evoluzione in senso parlamentare, il potere è rimasto formalmente nelle mani del sovrano, che però lo esercita su proposta del primo ministro. Sulla prorogation la House of Commons non vota, diversamente da altro tipo di sospensione (recess). Elisabetta avrebbe – in via di astratto principio – potuto rifiutare la richiesta di Johnson, ma non lo ha fatto.
Fin qui tutto sembra nelle regole. E allora perché si levano voci che definiscono la prorogation un constitutional outrage? La ragione è che mentre la prorogation è in genere ordinario strumento di sospensione tecnica dei lavori, senza particolari impatti politici, nella specie è volta a imbavagliare i Commons, per evitare problemi alla Brexit strategy di Johnson. L’obiettivo è ridurre i giorni a disposizione dei contrari al no deal per approvare una legge che potrebbe imporre uno stop. Essendo la data del 31 ottobre per la Brexit già stabilita, a Johnson basta non fare per raggiungere l’obiettivo di una Brexit no deal. Mentre una legge potrebbe certamente bloccarlo, ad esempio imponendogli la richiesta di una ulteriore proroga, o specifiche condizioni.
Nella sua lettera ovviamente Johnson nulla dice di questo, suggerendo al contrario che ci sarà il tempo per approvare una proposta governativa di legge nel caso si dovesse attuare un nuovo deal nel frattempo raggiunto con l’Europa.
Sottolinea che l’unità è indispensabile per puntare a un nuovo accordo. Offre come specchietto delle allodole la promessa di un ambizioso programma di sostegno al servizio sanitario, di lotta al crimine violento, di investimenti su infrastrutture e ricerca scientifica, di tagli al costo della vita.
Secondo una lettura (Guardian, 28 agosto), il vero intento di Johnson è arrivare al più presto alla Brexit, per chiamare poi a raccolta tutti i brexiters di ogni partito, assumerne la leadership, e andare a nuove elezioni. Per un verso, si segnala una debolezza di Johnson, che sa di non avere il controllo dei Commons negli attuali equilibri. Ed è anche una strategia pericolosa, perché non basterebbe una vittoria risicata a garantirgli in futuro condizioni di effettiva governabilità.
Nella lettura del Guardian, Johnson punta a elezioni people vs parliament. Un disegno populista, antiparlamentare e reazionario, in cui la mordacchia all’assemblea elettiva è un piccolo prezzo da pagare. Ma proprio questo è il constitutional outrage che non trova precedenti nella storia recente, e contro il quale già si moltiplicano le iniziative in tutto il paese. L’ex primo ministro Major, conservatore, ha annunziato che tenterà la via giudiziaria, peraltro impervia. La battaglia sarà politica, e si conferma che la casa della democrazia è di norma nelle assemblee elettive prima che nei palazzi di governo. Ne sappiamo qualcosa anche noi.
Fa sorridere che la Gran Bretagna, un tempo sinonimo di stabilità e governabilità in virtù di una legge elettorale ipermaggioritaria, mostri tratti simili all’Italia dei famigerati governicchi. Se ci sono faglie e divisioni nella politica e nella società non c’è legge elettorale che tenga, ed è meglio favorire il confronto democratico in assemblee il più possibile rappresentative. Lo stesso suggerimento viene da paesi analogamente celebrati in passato, come la Spagna o la Francia. Vuoi vedere che in Italia aveva ed ha ragione chi tifa per un proporzionale senza se e senza ma? Studiate, riformatori, studiate.


https://spogli.blogspot.com/2019/08/il-manifesto-29.html