il manifesto 2.10.18
Sanità, è pronta la legge per la devoluzione regionale
Servizio
nazionale. Le Regioni tuteleranno solo i propri residenti, e il diritto
alla salute non sarà più un diritto assoluto, uguale per tutti, come
dice l’articolo 32 della Costituzione
di Ivan Cavicchi
Il
ministro degli affari regionali Erika Stefani, fra un paio di
settimane, presenterà una proposta di legge con la quale, proprio in
nome dell’autonomia, saranno devolute al Veneto ben 23 materie, compresa
la sanità.
A questa prima devoluzione seguiranno quelle della Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Liguria ecc.
La
devoluzione della sanità significa che la sanità passerà dalla
legislazione concorrente tra Stato e Regioni (le Regioni possono fare
leggi ma rispettose delle regole fissate dallo Stato) a quella esclusiva
delle Regioni le quali in pieno laissez faire e con la più ampia
facoltà deregolativa, potranno decidere in barba ai principi dello
Stato, quello che vogliono.
Grazie al ministro Stefani, e al
governo gialloverde, a 40 anni dalla nascita del servizio sanitario
nazionale, il servizio nazionale potrebbe morire, perdendo almeno due
dei caratteri fondamentali che sino ad ora lo hanno contraddistinto in
tutto il mondo: l’universalità e la solidarietà (tutti i cittadini sono
curati allo stesso modo i cittadini più forti aiutano fiscalmente i
cittadini più deboli senza limiti di spazio).
Le Regioni
finanzieranno in proprio i loro sistemi sanitari e saranno
autosufficienti, ogni regione farà sistema a se, gli squilibri che ci
sono non saranno mai recuperati al contrario si accentueranno, le
diseguaglianze e le discriminazioni nel paese, per esempio tra nord e
sud, saranno messe a regime.
Quindi l’art 32 della Costituzione
sarà riscritto. Non sarà più la Repubblica che tutelerà la salute delle
persone ma una sua parte e limitatamente a precise aggregazioni sociali.
Le Regioni senza Stato diventando, sulla sanità, a loro volta Stato,
tuteleranno solo i propri residenti. Il diritto alla salute non sarà più
un diritto assoluto cioè fondamentale, quindi uguale per tutti, ma
diventerà un diritto discreto cioè relativo alla regione nella quale si
vive. La collettività quindi non sarà più quella che l’art 32 intendeva a
scala nazionale ma coinciderà con la popolazione residente in un
preciso ambito territoriale.
Una giovane ministra che decide con
un tratto di penna la sorte di una intera popolazione, il silenzio della
sinistra soprattutto del sindacato confederale, il silenzio, a parte
alcune sporadiche eccezioni, della sanità nel suo complesso, i
tradimenti delle Regioni che una volta si definivano rosse e che ora
rincorrono a destra i loro avversari politici sul loro terreno (Emilia
Romagna, Toscana, Umbria) e da ultimo fino ad ora il silenzio del
ministro della salute del M5S che si accinge a perdere di fatto il suo
dicastero per devolverlo, a sua volta, a quello degli affari regionali,
ma soprattutto che non ci fa sapere se esiste o no un concerto tra di
lei e il ministro Stefani.
Personalmente sono convinto che, anche
se la Costituzione, all’art 116, prevede la possibilità di devolvere
delle materie dallo Stato alle Regioni, la sanità sia una materia
“indevolvibile” e andrebbe chiesto a gran voce lo stralcio della sanità
dalle materie che la proposta Stefani prevede di devolvere al Veneto e
alle altre regioni.
Sono anche convinto che un vulcano che scoppia
non sia un affare per nessuno tantomeno per il governo in carica. Tutti
rischiano di restarci sotto. La Lega potrà prendere i voti del Veneto
ma non prenderà i voti di chi grazie al Veneto sarà condannato alla
minorità sociale. Il M5S se non chiederà lo stralcio della sanità si
mostrerà succube della Lega, ma soprattutto negherà tutto quello che
sino ad ora ha scritto nei propri programmi sulla necessità di difendere
e rifinanziare questo sistema sanitario.
Il Pd che con Bonaccini
(presidente dell’Emilia Romagna) ha già fatto votare dal proprio
consiglio regionale, la devoluzione di 17 materie, compresa la sanità,
in futuro, dove pensa di prendere i voti? Gli elettori di sinistra,
soprattutto quelli della sanità, ma non solo, non voteranno un partito
che così disinvoltamente tradisce, proprio sul terreno del welfare e dei
diritti costituzionali, la propria storia. Senza dimenticare che alla
base della proposta del ministro Stefani di devolvere la sanità alle
Regioni, vi sono gli errori tragici che proprio i Ds fecero nel 2001
(governo Berlusconi) riformando il titolo V della Costituzione
illudendosi di rispondere alla pressione leghista di allora con un
federalismo taroccato.