Repubblica 1.7.17
Fausto Bertinotti
“Né con Matteo né con Giuliano la sinistra non c’è”
Non sono pentito di aver fatto cadere Prodi. Aveva scelto la strada dell’Europa che oggi ci soffoca
di MONICA RUBINO
ROMA.«Non
ricostruzione della sinistra ma rinascita». Per Fausto Bertinotti, ex
presidente della Camera e già segretario di Rifondazione comunista, i
tentativi di trovare “collanti” per rimettere insieme i pezzi non
portano a nulla. L’unica strada è risorgere su basi completamente nuove.
Bertinotti, come giudica la disponibilità di Prodi a fare da “vinavil” per ricomporre una coalizione di centrosinistra?
«Il dibattito su questo tema a me non dice niente. Nessuna delle forze coinvolte è realmente protagonista del cambiamento ».
Quindi non le interessa né la piazza di Renzi né quella di Pisapia?
«No,
perché entrambi si muovono nella cornice della politica tradizionale.
Personaggi come Corbyn in Gran Bretagna, Tsipras in Grecia, Sanders
negli Usa, Iglesias in Spagna o Mélenchon in Francia, invece, sono
arrivati sulla scena rompendo con il passato e presentando piattaforme
in completa discontinuità con i paradigmi correnti. In Italia tutto
questo non c’è. L’unica parola non apologetica, ossia non interna alla
logica del sistema, è quella di Papa Francesco».
E che ne pensa della sinistra civica che si è riunita al Brancaccio?
«L’esperienza
di Montanari e Falcone è già più promettente. Almeno lì c’è lo sforzo
di una ricerca su un terreno incompatibile con le politiche dominanti».
A distanza di quasi vent’anni, pensa di aver fatto un errore a far cadere l’esperienza dell’Ulivo e il governo Prodi nel 1998?
«No,
non sono affatto pentito. Allora il nemico era Berlusconi e per
combatterlo costruimmo quella acrobatica alleanza. Ma poi abbiamo rotto
perché Prodi aveva imboccato una strada che ha portato all’Europa di
oggi, alle politiche economiche di austerità in cui i vincoli esterni
pesano più di quelli interni».
Avevate ragione voi?
«Non ho
la presunzione di dirlo. Ma la conseguenza di quelle scelte è stata la
nascita di un nuovo populismo sociale, ossia lo scontro fra popolo ed
élite su cui si giocherà il nostro futuro. Da noi lo ha intercettato
Grillo, che dà risposte politiche trasversali ».
Qual è stato l’effetto collaterale di quella rottura?
«Prima
avevamo due sinistre, oggi non ne abbiamo nessuna. Come dice
giustamente Giuliano Amato, il populismo è la conseguenza del fallimento
del centrosinistra ».