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Dimenticare non è poi così male
Come funzionano i ricordi e a cosa serva l'accumulo nella memoria di informazioni ed esperienze, è un tema su cui le neuroscienze indagano da tempo. Ma perché invece dimentichiamo? La cancellazione di alcune informazioni è sempre negativa? Niente affatto, sostengono Blake A. Richards e Paul W. Frankland in uno studio pubblicato sulla rivista Neuron: dimenticare aiuta a orientarci nel mondo, «facilita» l'assunzione di decisioni intelligenti in «ambienti dinamici e pieni di rumore» perché potenzia la «flessibilità» mentale riducendo «l'influenza delle informazioni obsolete sui processi decisionali guidati dalla memoria». Non solo, dimenticare aiuta anche a non sovraccaricare di attenzione specifici eventi del passato. Secondo questa visione, «l'obiettivo della memoria», scrivono i due neuroscienziati, «non è di per sé la trasmissione delle informazioni attraverso il tempo. Piuttosto è ottimizzare il processo decisionale». L'idea è che la memoria non agisca come una sorta di videoregistratore, ma somigli piuttosto a una lista selezionata di regole utili che ci consentono di agire in maniera intelligente. Perciò le informazioni irrilevanti o inutili che potrebbero confonderci vengono eliminate. Il cervello investe nell'attività del dimenticare una dose significativa di energie generando nuovi neuroni che sovrascrivono i vecchi, o indebolendo le connessioni tra i neuroni. Questo sforzo serve a renderci più efficienti, a disperdere meno informazioni necessarie all'evoluzione. Ricordare tutto infatti non è necessariamente una buona cosa. «Alla fine della giornata, il nostro cervello fa solo le cose che ritiene funzionali alla nostra sopravvivenza da un punto di vista evolutivo», ha spiegato Richards a The Verge. Nel caso della memoria, questo vuol dire ricordare solo le cose che servono alla nostra sopravvivenza. «Quindi probabilmente non ricordare come abbiamo conosciuto una persona, è una peculiarità del nostro cervello, non un bug», conclude The Verge.