La Stampa 2.7.17
Duello a distanza
Va in scena il dualismo tra Renzi e Pisapia
Il leader Pd: non ci frma nessuno
L’ex vice sidaco di Milano “Qui la nostra casa comune”
di Alessandro Di Matteo
Uno
chiede «discontinuità», l’altro rivendica i risultati raggiunti dal
proprio governo. Giuliano Pisapia parla di una «casa comune del
centrosinistra», Matteo Renzi dice di non avere alcuna «nostalgia» per i
«tavoloni dell’Unione». Sarà pure solo l’inizio di un confronto, come
dicono dalle parti dell’ex sindaco di Milano, ma a giudicare dal botta e
risposta a distanza di ieri sarà difficile far convivere il Pd di Renzi
e il nuovo soggetto politico di Pisapia e Pier Luigi Bersani. Renzi
parla a Milano, alla convention dei circoli democratici, Pisapia a Roma
insieme agli ex Pd, in quella piazza Ss. Apostoli per anni sede
dell’Ulivo.
La sovrapposizione non è casuale, il segretario Pd
vuole rispondere in tempo reale all’offensiva che arriva da sinistra.
Renzi va subito all’attacco contro quella che considera la retorica
dell’Ulivo: «Ci raccontiamo un passato meraviglioso che non è mai
esistito. C’è chi prova a riscrivere il passato, noi scriviamo il
futuro». Altro che età dell’oro come vogliono far credere ora, è il suo
pensiero, «non ho nostalgia dei tavoloni con 12 sigle dell’Unione».
Tantomeno, dice con una frecciata a Romano Prodi, «non ho nostalgia di
quando il presidente del consiglio parlava e poi i ministri scendevano
in piazza contro il presidente del consiglio». L’unica «nostalgia» è
semmai per «l’intuizione che ha avuto Veltroni al Lingotto», cioè il Pd a
vocazione maggioritaria, il contrario dell’Unione.
Il leader Pd
cita per ben due volte Pisapia: «Cosa dico a Pisapia, Bersani? Nulla.
Sono pronto a ragionare con tutti, ma sui temi del futuro dell’Italia
non ci fermiamo davanti a nessuno». Peraltro, aggiunge, «senza il Pd non
avrebbe vinto Sala e non avrebbe vinto Pisapia». Le critiche di Dario
Franceschini, poi, vengono liquidate così: «Io rispondo a chi ci ha
votato, non ai capi corrente o ai caminetti». Ai tanti, dentro e fuori
il Pd, che gli chiedono un passo indietro, risponde: «Come faremo a
scegliere il leader? Il leader lo scelgono i voti, non i veti. Si chiama
democrazia».
Pisapia replica qualche ora dopo, da Roma. «Uniti si
vince», è il ritornello e per questo nasce «Insieme, la casa comune del
nuovo centrosinistra». Una casa comune che però rivendica una
«discontinuità netta» con le politiche di Renzi, «non per ripicca e
personalismi, non per antipatia per uno o più leader ma perchè vediamo
le difficoltà del Paese». L’ex sindaco di Milano attacca quelli che
considera gli «errori» del governo Renzi: dall’abolizione dell’art. 18
alla cancellazion dell’Imu «per tutti». I toni non sono quelli di
Bersani, ma le frecciate a Renzi non mancano: «La politica non è avere
tanti “like”, non è l’io ma il “noi”». Quelle delle amministrative, poi,
è stata una «sconfitta sonora» dalla quale «non si può non imparare».
Sarà pure l’inizio di un dialogo, ma per ora sembra avvenga tra sordi.