domenica 2 luglio 2017

Il Fatto 2.7.17
“Meno male che c’è Bersani”, l’unico che attacca Matteo
L’ex segretario punta allo scalpo dell’ex premier e fa esplodere la folla. D’Alema spettatore, ancora una volta
“Meno male che c’è Bersani”, l’unico che attacca Matteo
di Fabrizio d’Esposito

La sintesi perfetta arriva da un dirigente pugliese di Articolo 1. Sono le sette di sera e sul palco Giuliano Pisapia, “il leader riluttante” (Lerner dixit), sta concludendo il suo intervento. Dice il demoprogressista arrivato in pullman dalla sua regione: “Meno male che ha parlato Bersani”. L’ex leader del Pd è infatti l’unico in due ore e passa a citare quello che per tutti gli altri oratori (Pisapia compreso) è stato l’Innominato. Alias Matteo Renzi. Bersani va giù alla sua maniera. Per metafore. Al popolo “disilluso, sfiduciato, spaesato” del Pd, i comizi di Renzi scivolano “sulla testa come l’acqua sul marmo”. La piazza esplode. Le bandiere sventolano disturbando le telecamere puntate per la diretta streaming. Notevole anche un altro passaggio: “Non abbiamo fatto il vaccino obbligatorio contro l’antirenzismo. Il mondo non gira attorno alla Leopolda”.
Quando nasce un partito, perché di questo si tratta, poi chiamatela pure “casa comune” o listone civico o altro ancora, il popolo reclama sangue. Ci sono le liste da fare, le firme da raccogliere, militanti e simpatizzanti da motivare. Tutte queste cose, Bersani le sa da una vita, a differenza dell’anti-leader Pisapia, e agita lo scalpo renziano. Potesse parlare, lo farebbe anche Massimo D’Alema, ma all’ex premier tocca ancora una volta la parte dello spettatore silente in prima fila.
La scena è curiosa, insolita. Per lasciare il palco vuoto, senza la classica nomenclatura, i vari big si accomodano sotto. Le sedie sono disposte davanti alle transenne e l’ospite più illustre, se non altro per motivi istituzionali, è Laura Boldrini, presidente della Camera. Dietro, aggrappato alle transenne, c’è un signore anziano con berretto militare e tessera del Pci al collo. Espone un cartello: “A quale sinistra devo dare il voto? Solo uniti voto”. Ma uniti con chi? Lo strappo dal renzismo e dal Pd è definitivo e l’onere della prova adesso spetta ai democratici arrivati in piazza Santi Apostoli. Dal ministro Andrea Orlando al governatore del Lazio Nicola Zingaretti, da Gianni Cuperlo a Cesare Damiano. Il listone di Pisapia e Bersani sarà alternativo al Pd. Loro dove saranno? Faranno campagna elettorale per il partito di Renzi che sbandiererà come la cosa più bella del mondo i mille giorni dell’ex Rottamatore a Palazzo Chigi?
Il palco è montato a metà della piazza diventata famosa per aver ospitato la sede dell’Ulivo. Santi Apostoli. Antonio Bassolino si mette in posa per i selfie d’ordinanza (sì anche lui) e spiega: “Questi sono qui perché Renzi è Renzi. Io sono qui perché Renzi non è più Renzi”. Il dialetto napoletano è molto diffuso. Ci sono i militanti portati dal tabacciano Michele Pisacane e quelli, più numerosi, mobilitati dal dalemiano Massimo Paolucci.
La pattuglia del Centro democratico di Bruno Tabacci è folta. Spicca il lucano Angelo Sanza, già demitiano e cossighian-berlusconiano. Spiega: “Questa non è una piazza di sinistra ma di centrosinistra. Il mio passato berlusconiano? Cossiga diede mandato ad alcuni amici, compreso me, di aiutare Berlusconi a fare di Forza Italia la nuova Dc. Non ci siamo riusciti. No, che non mi candido. Il mio l’ho fatto. Sono qui per fare volontariato”. Passa anche Pasquale Cascella, ex consigliere per l’informazione di Napolitano al Quirinale, poi sindaco di Barletta: “Io sto con Orlando, mi sembra normale stare qui, questa è una piazza di gente che votava il Pd”. Orlando, meglio specificare, nel senso di Andrea, attuale Guardasigilli. Perché ce n’è anche un altro di Orlando e si chiama Leoluca. Uguale a se stesso come un quarto di secolo fa, pure di capelli (nerissimi) e di fisico. Immutabile. Il sindaco di Palermo ha l’onore del palco e lancia una nuova parola d’ordine: il civismo politico, senza simboli di partito, contrapposto al movimentismo “inconcludente” dei grillini. A sentirlo c’è Antonio Ingroia, in piedi. Dal lato opposto, a braccia conserte, si erge l’alta figura di Bobo Craxi.
Dal palco citano Calamandrei e il presentatore Gad Lerner ne approfitta: “Hai citato Calamandrei, fammi dire che oggi avrebbe dovuto e potuto essere qui con noi Stefano Rodotà”. Ma la chiusa perfetta è bersaniana e non poteva essere altrimenti: “Non stiamo lì a pettinar le bambole, diamoci da fare”. Sembra lui, il vero leader.