Repubblica 21.6.17
L’appello di Hawking: date fiducia alla scienza
Jaime D’Alessandro
TRONDHEIM
(NORVEGIA). «La Terra è troppo piccola. Dobbiamo puntare allo spazio e
per farlo abbiamo bisogno di resuscitare lo spirito che portò l’umanità
sulla Luna», così l’astrofisico inglese Stephen Hawking, intervenendo
alla quarta edizione di Starmus. Strano festival a metà fra astronomia e
musica, ospitato dalla Università norvegese della scienza e della
tecnologia (Ntnu), dove il ritorno al passato per avere un futuro
diverso si è fatto mantra. Fondato dal chitarrista Brian May dei Queen,
che ha un passato da scienziato e curato dal suo amico astronomo Garik
Israelian, quest’anno ospita undici premi Nobel. E gli interventi hanno
virato spesso verso la politica, l’educazione, l’Europa e la necessità
di tornare a credere in progetti a lungo termine. Lo sottolinea con
forza il Commissario europeo per la ricerca e l’innovazione, il
portoghese Carlos Moedas. «Il tasso di diffidenza nei confronti della
scienza non è mai stato così alto in Europa», racconta facendo
riferimento alle campagne anti vaccini che si sono propagate in maniera
violenta in Paesi come la Francia e l’Italia. «Bisogna ricostruire il
processo di fiducia nella scienza, soprattutto quella europea che è ad
altissimi livelli, stabilendo dei grandi obbiettivi come si fece in
America proprio negli anni Sessanta: eliminare il cancro e l’hiv ad
esempio. E bisogna stabilire anche dei nuovi standard nell’educazione,
che è un elemento chiave, prendendo come modello quel che si fa nelle
scuole finlandesi dove alla divisione in materie si preferisce un
approccio molto più contemporaneo e un approccio multidisciplinare per
risolvere i problemi».
Peccato che l’Europa sia in realtà molto
divisa. La contraddizione la coglie George Smoot, cosmologo statunitense
e Nobel nel 2006 per la fisica che con le sue scoperte ha confermato il
Big bang. Da stella della scienza, dirige tre laboratori fra Usa,
Francia e Hong Kong e l’Italia la conosce bene. «Molti di voi europei
non capiscono che divisi finireste a competere con sud e centro America.
La Germania si troverebbe in corsa con il Messico». E l’Italia? «Ho
avuto quattro brillanti collaboratori italiani e solo uno di loro è
riuscito a rientrare per breve tempo perché non siete in grado di dargli
un impiego. Convertire la scienza in nuovi prodotti è la chiave. Lo
sanno bene in Africa, Cina e Paesi del Golfo. La Francia si è salvata:
Macron è una rivoluzione, ma è una rivoluzione di centro, positiva, e
non estremista come la Brexit e il vostro Movimento 5 stelle. Non voglio
essere frainteso: adoro l’Italia, ci venni la prima volta nel ‘77, ma
oggi da voi comprerei un bell’uliveto in Sicilia». Di aprire un
laboratorio non se ne parla.