giovedì 15 giugno 2017

Repubblica 15.6.17
Il Professore incontra Pisapia e Matteo ora teme la spallata
Ieri l’ultimo colloquio tra i due: “Ma il voto non è più alle porte, ogni benedizione è prematura”. I renziani: “Sperano in un flop ai ballottaggi per silurarci”
Goffredo De Marchis


ROMA. Ramoscello d’ulivo stretto in una mano, Romano Prodi si presenta puntuale al Centro studi americani in Via Caetani. Ha appena preso un caffè (lungo) con Giuliano Pisapia, anche lui a Roma. Solo l’ultimo di molti incontri riservati avvenuti in questi giorni. A conferma che il Professore è pienamente dentro il progetto di centrosinistra portato avanti dall’ex sindaco di Milano. Progetto alternativo a Renzi, al Pd e che per i renziani va intepretato in un solo modo: «Altro che ricerca della coalizione. È solo un tentativo di spallata a Matteo».
Prodi è protagonista assoluto, ormai neanche tanto occulto, dell’unità delle sigle fuori dal Pd, ne è consulente principe, nume tutelare, anche se non sarà il candidato premier per la terza volta.
Se il primo luglio, alla manifestazione chiamata a riunire per la prima volta tutti i potenziali alleati di Pisapia, non lo vedremo a Piazza Santi Apostoli, come è praticamente certo, non dovremo tradurre l’assenza come una presa di distanza. Tutt’altro. «La nascita di questo nuovo soggetto adesso prende un ritmo più sincopato - ha spiegato Prodi ai suoi interlocutori -. Non ci sono le elezioni anticipate alle porte. Ogni tipo di benedizione perciò sarebbe prematura. Tocca a Giuliano. Deve cominciare un giro per l’Italia e farsi conoscere». Prodi ha dunque riconosciuto nell’avvocato milanese il suo successore alla guida del campo di centrosinistra. Lui sarà il nuovo federatore e nelle intenzioni dei compagni di strada il candidato premier.
Alla presentazione romana del libro di Prodi “Il piano inclinato” si scorgono alcune facce conosciute. In terza fila siede Nino Rizzo Nervo, braccio destro di Paolo Gentiloni e vicesegretario di Palazzo Chigi. Più defilato, davanti al camino, si accomoda Paolo Cirino Pomicino con il suo solito sorriso beffardo. Vicino a lui c’è Flavia Prodi, la moglie del Professore.
Il parterre non dice molto. Dicono di più le grandi manovre intorno al Campo Progressista che adesso pensa di poter mettere nel mirino addirittura il Partito democratico. Ovvero, minare da dentro la roccaforte di Matteo Renzi, appena riconquistata con i voti di due milioni di elettori. Possibile? «La partita dentro al Pd è aperta», dice uno degli sherpa dell’operazione. Lo sarà ancora di più se il 25 giugno, come è possibile, come temono a Largo del Nazareno, la sfida dei ballottaggi risulterà una Caporetto dem. Non si è parla più soltanto dell’arrivo di Gianni Cuperlo e della sua corrente, evento quasi scontato a sentire i sostenitori di Pisapia. E nemmeno dei segnali di apertura dell’area Orlando. Il 25 giugno potrebbe certificare uno scollamento totale del popolo dem dal suo partito, avviare un dibattito interno, erodere il consenso di Renzi che pure è stato confermato appena un mese e mezzo fa.
I renziani non hanno dubbi: l’operazione Pisapia non ha nulla a che fare con una politica delle alleanze. Punta a un trofeo molto alto e allo stesso tempo molto più terra terra e più significativo : la caduta del segretario. Ieri era girata la voce di un incontro tra Prodi e Renzi, oggi Roma. Una bufala, non è previsto nessun colloquio. Non è in programma e non ci sarà.
Niente di sorprendente, se non fosse per come i renziani commentano l’inesistente faccia a faccia. Come se dicessero: e per scambiarsi quale parere? Cioè: è tutto abbastanza chiaro, Prodi lavora contro di noi. Punto. La verità è che i rapporti tra il leader del Pd e il fondatore del Pd non sono mai stati così tesi.
Ormai nell’area Pisapia cresce il fronte di chi vede una sola via d’uscita per evitare lo scontro: la rinuncia di Renzi alla candidatura premier, il passaggio del testimone a qualcun altro. Confermando così i sospetti del segretario, di una manovra che ha un solo bersaglio: lui stesso. «I seguaci di Pisapia vogliono la spallata», ripetono dalle parti del Nazareno. E attendono il 25 giugno per raccogliere nuove forze per lo spintone. D’altronde non si può certo dire che Pier Luigi Bersani neghi il concetto. Anzi, lo declina in tutte le salse: «Tutto si può fare nel campo del centrosinistra. Tutto. Ma senza Renzi».