giovedì 15 giugno 2017

Repubblica 15.6.17
Lo scontro.
Polonia, Repubblica ceca e Ungheria annunciano battaglia dopo la procedura d’infrazione sui ricollocamenti
L’Est non si allinea “Le sanzioni sui migranti sono un ricatto della Ue”
Alberto D’argenio


BRUXELLES. In Europa sono giorni ad alta tensione sui migranti, con l’energia polemica accumulata che rischia di esplodere al Consiglio europeo in calendario tra 7 giorni a Bruxelles. I governi restano spaccati: il gruppo di Visegrad — Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia — contro Ue, Italia, Francia e Germania sulle riallocazioni dei richiedenti asilo. Roma e Berlino a loro volta su fronti opposti sulla revisione delle regole per i prossimi anni.
La svolta della Commissione europea di Jean-Claude Juncker è arrivata con il lancio delle procedure di infrazione contro Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, colpevoli di avere boicottato il sistema dei ricollocamenti, l’obbligo di ospitare la propria quota di richiedenti asilo sbarcati in Italia e Grecia per un totale di 160mila persone. Se vorranno evitare Corte di giustizia e sanzioni dovranno aprire ai migranti ma i tre non vogliono allinearsi. L’Ungheria di Orban ha accusato l’Unione di «ricatto e atto antieuropeo » mentre il premier ceco Sobotka ha annunciato che il suo governo «si difenderà» presso la Corte del Lussemburgo.
Se l’affondo contro Visegrad è un segnale politico forte di sostegno a Roma e Atene, la battaglia sui migranti non si esaurisce qui. Il programma di emergenza delle riallocazioni lanciato due anni fa oltre a essere stato un flop scade a settembre e dovrebbe essere sostituito da un meccanismo permanente di solidarietà inserito nella riforma di Dublino, le regole sui richiedenti asilo. Ma nemmeno il summit della prossima settimana sarà decisivo per un accordo. Bruxelles vuol abrogare l’obbligo per il paese di primo approdo di farsi carico dei richiedenti asilo e vuole un meccanismo automatico di redistribuzioni tra partner in caso di sforamento di certi tetti di arrivi. Visegrad blocca la riforma, appoggiata dalla Germania: Merkel non vuole novità fino al voto tedesco. Italia e Francia non accettano di rinunciare alla riforma del paese di primo approdo se non verrà mantenuto il sistema automatico di ricollocamenti. Visegrad fa lobby perché scatti una procedura anche contro l’Italia, accusata di far defluire i migranti negli altri paesi Ue. Italia, Germania e Svezia invece continuano a minacciare di tagliare i fondi europei ai paesi che non rispetteranno stato di diritto e solidarietà sui migranti. Italia e Francia si rendono conto che anche se funzionassero, le indispensabili relocation non sono risolutive: si applicano a siriani, iracheni ed eritrei ma l’85-90% degli sbarchi riguarda migranti economici africani e asiatici ai quali non si applicano le quote. Per questo Gentiloni e Macron chiederanno di rilanciare gli impegni con l’Africa, il fondo Ue da 62 miliardi che resta al palo. Lo testimoniava ieri il presidente del Parlamento Antonio Tajani: «In Africa servono più investimenti europei».
Mentre in Italia l’M5S si irrigidisce sui migranti, in Europa i grillini Castaldo, Ferrara e Corrao sembrano andare in controtendenza con due emendamenti che voteranno oggi a Strasburgo che aprono alla protezione anche dei migranti climatici e all’estensione della protezione alle famiglie che si creano dopo l’arrivo del rifugiato in territorio Ue.