Il Fatto 2.6.17
Pisapia, l’amante respinto ha finito i piani
di Luisella Costamagna
Caro
 Giuliano Pisapia, certo che per uno che non si è ricandidato a sindaco 
di Milano perché voleva tornare alla sua vita e che “non vuole fare il 
leader di niente”, si dà un gran da fare. Ah, vero, c’è stata la 
“chiamata”, quella che raccontò a Cazzullo a febbraio, lanciando il suo 
Campo Progressista: “Enzo Bianchi mi ha detto: ‘Lei si butti se viene 
chiamato’. E mi hanno chiamato in tanti. Non ceto politico: persone alla
 ricerca di una speranza”. Da lei, a Renzi “costretto” a tornare per 
responsabilità, a Berlusconi, D’Alema… mamma mia quante chiamate.
Altro
 che quei menefreghisti alla Cameron, che perdono un referendum e si 
ritirano, o Blair, Zapatero, etc. che dopo l’esperienza di governo 
tornano a casa, i nostri politici sono di una generosità infinita: non 
ci lasciano mai soli, si offrono per il bene comune, tipo vocazione 
sacerdotale. E noi italiani – ingrati – che scambiamo cotanta 
disponibilità al prossimo per bieco attaccamento alla poltrona. 
Vergogna!
Dunque è stato “chiamato”: prima da Renzi, per il Sì al 
referendum, poi a unire la sinistra da alleare al Pd in un nuovo 
centrosinistra, dopo la sconfitta referendaria. Progetto ambizioso 
quello di spostare il Pd renziano a sinistra, essendo un campo che non 
ha mai frequentato, ed è singolare che un ex “compagno” come lei non 
abbia riconosciuto l’afflato destrorso delle riforme alla rignanese, a 
cominciare dal lavoro con l’abolizione dell’art. 18 e i voucher. “Ha 
dovuto fare anche cose che nascevano dalla necessità di arrivare a un 
compromesso con un partito di centrodestra”, diceva a dicembre, 
giustificandolo e dando la colpa alla convivenza con Alfano. Peccato che
 oggi quell’attrazione fatale trovi conferma nella rinnovata intesa con 
Berlusconi. Adesso l’ha capito che Renzi non ricambia il suo sguardo, è 
rivolto dalla parte opposta e al massimo le offre la nuca? Mah, l’altra 
sera dalla Berlinguer ha ammesso: “La coalizione per cui mi sono 
impegnato è resa impossibile da una legge elettorale proporzionale. A 
questo punto il piano B diventa il piano A”, e uno s’aspettava l’amara 
constatazione: lascio perdere tutto. Errore, ha rilanciato: “Ora un 
centrosinistra senza Pd”. Reazione dell’ascoltatore: occhi strabuzzati 
tipo fumetto e oscillazione tra “Finalmente” e “Come? Dove? Con chi?”. 
Già, perché non c’è solo la sòla renziana, anche i suoi paletti suonano 
invalicabili: da un lato dice no alle larghe intese con Forza Italia; 
dall’altro respinge una sinistra “del rancore o della restaurazione”, 
“che punta solo alla residualità, alla testimonianza fine a se stessa”. 
Si riferisce per caso a D’Alema, Civati e Fratoianni?
Caro 
Pisapia, capisco la delusione per Renzi, dopo avergli (inutilmente) 
tirato la volata al referendum, ma lei oggi pare un innamorato respinto,
 con tanto di alti e bassi emotivi, dal momento “ma anche” in cui flirta
 con tutti in un disperato afflato federativo, al momento “né né” in cui
 giura che non avrà più storie con nessuno. Ma senza né gli uni né gli 
altri dove pensa di andare? E con gli uni e con gli altri, viste le 
distanze siderali? Non è che è disposto a digerire gli altri in attesa 
dell’Uno Matteo? Soprattutto: a forza di piani A-B-C, è sicuro che il 
telefono squilli ancora?
Un cordiale saluto.
di Luisella Costamagna
 
