Corriere 15.6.17
E le sante divennero monaci
di Eva Cantarella
Bisogna
ammetterlo, sono vite a dir poco inconsuete, quelle delle sante che
questo libro ci fa conoscere. E sono vite sino a oggi praticamente, e in
un caso assolutamente ignote al pubblico dei non specialisti: di quella
di una di esse, Eufrosine, non esiste traduzione in alcuna lingua
moderna; di quella delle altre, con l’eccezione di Maria/Marino, questa è
la prima traduzione italiana. E a dire quanto inconsuete siano le loro
storie basta il titolo del libro che ce le fa conoscere: Cinque sante
bizantine. Storie di cortigiane, travestite, eremite, imperatrici, a
cura di Laura Franco (edizioni SE, pagine 155, e 19). Raffinata
bizantinista che, dopo un PhD alla University of London (Royal Holloway)
collabora da anni con l’Università di Cipro e tiene corsi di
paleografia greca all’Institute of English Studies, Laura Franco, in una
interessantissima postfazione (che consiglierei di leggere come
introduzione) spiega l’importanza e il ruolo nel mondo bizantino del
culto dei santi, le cui Vite venivano raccontate sia nelle chiese e nei
monasteri sia nel corso di cerimonie alle quali partecipavano anche i
laici. Erano insomma, quelle Vite, esempi e modelli cui era affidato il
compito di rafforzare il senso di appartenenza comunitario del gruppo
che li ascoltava.
Ma torniamo, tutto ciò premesso per meglio
comprenderne il valore, alle storie delle nostre cinque sante: storie
singolarissime, diverse tra loro sia nel registro linguistico sia perché
appartengono a epoche differenti, ma quasi tutte accomunate dalla
decisione delle loro protagoniste di travestirsi da monaco. Come fece,
per cominciare, la bellissima Pelagia, una prostituta di Antiochia che
dopo la conversione visse in eremitaggio, trasformandosi da danzatrice
voluttuosa in sobria penitente e infine in eunuco scarnificato dai
patimenti autoinflitti. Una scelta mirata, volta ad assumere un’identità
asessuata che le consentiva, attraverso la negazione della femminilità,
di raggiungere la perfezione androgina degli angeli. E veniamo a
Maria/Marino ed Eufrosine: entrambe orfane di madre, entrano
travestendosi da uomo in un monastero dove, Eufrosine come Pelagia,
assumono le sembianze di un eunuco, cosa che consente loro di sottrarsi
all’autorità maschile proprio laddove questa le precluderebbe
l’ingresso. In sostanza, il travestimento da monaco serve a eludere i
cardini di una società patriarcale senza metterli in discussione: una
scelta, a ben vedere, analoga — anche se diversa nelle forme— a quella
dell’imperatrice Teodora (tra queste figure l’unica realmente esistita).
Moglie fedele e devota dell’imperatore Teofilo, Teodora, che non
condivide le posizioni iconoclaste del marito, non le contrasta, ma alla
morte di questi, mantenendo saldamente nelle sue mani la guida
dell’impero, riesce ad assicurarsi la santità riabilitando il culto
delle icone.
E per concludere l’elenco ecco Teoctista, la monaca
che, fatta prigioniera dagli Arabi, sfugge in modo rocambolesco ai suoi
rapitori e diviene eremita su un’isola deserta. Anche lei, come le
altre, dotata di qualità morali considerate appannaggio maschile: la
capacità di sopportazione, il distacco dai bisogni del corpo, la forza
d’animo, il coraggio. Anche lei una donna virile, capace di affrancarsi
dalla debolezza e dalla mancanza di razionalità secondo le convinzioni
dell’epoca connaturate al sesso femminile. Un libro che vale la pena di
leggere, una galleria di ritratti femminili non banali, che si
discostano dall’immagine stereotipa sia della donna medievale, dedita
esclusivamente alla cura dei figli e della famiglia, sia e forse
soprattutto da quella tradizionale della santa.