giovedì 11 maggio 2017

Il Fatto quotidiano, 9.5.2017
L’intervista/2
Bini Smaghi:
“Ora l’Italia è il Paese che rischia di più”
di Stefano Feltri


Lorenzo Bini Smaghi è presidente della banca Société Générale ed ex membro del board della Bce. Di Emmanuel Macron dice: "Il nuovo presidente ha bisogno di risultati concreti già nei primi mesi". Lorenzo Bini Smaghi, cosa dobbiamo aspettarci dai primi 100 giorni di Macron? C'è ancora un mese per le elezioni legislative, dobbiamo capire che maggioranza parlamentare avrà. Macron dovrà poi accelerare le riforme dal lato fiscale, cercare di ottenere un pacchetto credibile. Avrà un problema di rapporti con la Germania: per porsi su un livello adeguato dovrà dimostrare di aver fatto quello che i presidenti precedenti non sono riusciti a fare. Alla Germania non interessa tanto se il deficit è al 3,1 o al 2,7 per cento del Pil, ma se passano le riforme per sbloccare la crescita. Da cosa dipenderà? Dalla sua maggioranza e dalla capacità del presidente di resistere alla pressione della piazza: in Francia quando si fanno gli scioperi è una cosa seria. Che Parlamento si aspetta? Macron avrà una maggioranza più solida di quella di Hollande, che si appoggiava a un partito socialista molto conflittuale e ha dovuto chiedere la fiducia varie volte. En Marche! invece è il partito di Macron, il "PdM". Cosa l'ha colpita del programma di Macron? In positivo la visione apertamente europeista, fondata su una Francia risanata e più forte. In negativo l'abolizione dell'Imu francese, la tassa sulla casa, molto elevata in Francia, che però Macron vuole togliere solo ai più poveri. Come sarà il rapporto tra questa nuova Francia e la Germania? La debolezza della Francia di questi anni è una debolezza economica che l'ha resa dipendente dalle oscillazioni dei mercati molto più della Germania. Abbiamo visto in campagna elettorale le tensioni che ha creato lo spread. La Francia può imporre la sua agenda a livello europeo solo se ha una base economica robusta. Altrimenti fra cinque anni rischia di ritrovarsi con gli stessi problemi che hanno portato Marine Le Pen al ballottaggio. In tanti festeggiano la fine dell'onda "sovranista ". C'è un trend, dall'Austria all'Olanda, alla sconfitta dell'Afd alle elezioni locali in Germania, la stessa Grecia, si tende a dare ai governi il mandato di rafforzare l'Europa non di indebolirla. Con la sconfitta della Le Pen, gli unici che vogliono uscire dall'euro sono rimasti in Italia. Ed è importante che la Le Pen sia stata battuta da un avversario che non l'ha rincorsa sul suo terreno di attacco all'Europa, ma che nei dibattiti tv le diceva 'lei mente'. Quindi l'Italia è ora il Paese più esposto? Tutti aspettano di capire quali sono le rispettive linee degli aspiranti leader. C'è chi teme in Italia un autunno 2017 come quello drammatico del 2011. Guardiamo i dati: il debito non diminuisce, la legge di Bilancio non sarà facile, per il governo in carica raggiungere l'obiettivo del deficit 2018 all'1,2 per cento del Pil sarà arduo, l'economia cresce troppo poco, i tassi a lungo termine prima o poi saliranno e la Bce dovrà ridurre un po' il quantitative easing. Con quali conseguenze? Il rischio è l'effetto palla di neve: i tassi salgono, la crescita rallenta, il rischio aumenta, i tassi salgono di più, con la politica che non reagisce in modo adeguato. E ricordiamoci che l'intervento di emergenza della Bce, l'Omt, è condizionato dall'adozione di un programma di impegni ben preciso. La famosa Troika? Il nome ufficiale è 'le istituzioni….'