La Repubblica, 27.5.2017
A sinistra si consuma l'ultimo strappo "Avanti anche senza l'aiuto di
Mdp" Dem e governo fanno i conti: la manovrina può farcela anche in
Senato. I renziani respingono la tesi dell'incidente creato apposta per
tornare alle urne: "Con l'accordo sulla legge elettorale, che bisogno
c'è?"
Goffredo de Marchis
Roma.
Al governo e nel Pd si fa di conto per capire se la manovrina che contiene il ritorno dei voucher può passare senza i voti di Mdp. Forse il governo sopravviverà alla possibile uscita dei bersaniani dalla maggioranza, ma il suo orizzonte non appare comunque lungo. E la campagna elettorale con la sfida a sinistra è cominciata proprio sui voucher. Le tensioni delle ultime 48 ore si alimentano di ricostruzioni e di domande: i renziani stanno cercando l'incidente per chiudere la legislatura? Il governo sta subendo uno scossone che Gentiloni avrebbe volentieri evitato? Gentiloni e Renzi si erano chiariti sui voucher nei giorni scorsi nel corso di una lunga telefonata, raccontano i fedelissimi del segretario. Che giurano: era stato proprio il governo a chiedere al Pd, più precisamente al capogruppo alla Camera Ettore Rosato, di portare avanti l'emendamento per reintrodurre il lavoro occasionale anche nelle imprese sotto i 5 dipendenti. Ovvero, di dargli una mano perché fosse il partito a rimettere i ticket che l'esecutivo aveva abolito per decreto poche settimane prima. Il problema era ben chiaro: la tenuta dei numeri e della maggioranza, quella che a giorni alterni comprende gli scissionisti di Articolo 1 - Mdp. Così è nato il caso delle ultime 48 ore. Come mettere il governo al riparo, garantendo il ritorno parziale dei voucher senza far saltare il banco? Il braccio di ferro di ieri in commissione Bilancio è servito a chiarire le posizioni. Gentiloni ha lasciato fare al Pd. Forse avrebbe preferito che il suo partito si muovesse con più diplomazia. Ma la sostanza è che uno strumento per il lavoro "breve" lo voleva anche il premier. Il Pd ha studiato nuove versioni del testo, ha lavorato per il ritiro dell'emendamento sulla Federconsorzi che scontentava tutti (il segno evidente, secondo la versione renziana, che nessuno cercava l'incidente per chiudere la legislatura), e si è preoccupato di garantire il passaggio della manovrina correttiva. Alla Camera non ci sono problemi numerici, anche se gli scissionisti non voteranno la fiducia. Al Senato può bastare che le truppe dell'opposizione non siano compatte e la conversione in legge della manovra correttiva sarà cosa fatta. Missione ancora più facile adesso che si stringono i bulloni dell'intesa sulla legge elettorale, con un consenso persino più largo del patto del Nazareno bis tra Renzi e Berlusconi. La verità è che nel centrosinistra che sostiene la maggioranza, frantumato in molti pezzi, è cominciata la campagna elettorale. Susanna Camusso ha suonato la sveglia per la sinistra. La rottura dei bersaniani di Mdp a questo punto è scontata, ma non arriverà fino al punto di mettere a rischio una legge che non serve al governo bensì alla credibilità dell'Italia in Europa. Rompere sui voucher corrisponde al profilo che si vogliono dare gli esponenti di Articolo 1. Del resto, da mesi non fanno altro che dire, nelle dichiarazioni e nelle interviste, che la scissione si sarebbe dovuta realizzare molto tempo fa, al momento dell'approvazione del Jobs act. Lo ha spiegato Roberto Speranza, lo ha ripetuto Pier Luigi Bersani che punta a reintrodurre l'articolo 18, lo ha confermato ieri Massimo D'Alema. Sul lavoro si costruiranno le fortune elettorali o meno della nuova formazione di sinistra. Cioè, sulla base degli iscritti alla Cgil, un bacino di voti lontano dal Pd renziano. Perciò quella dei voucher è la loro battaglia. La manovrina, dunque, è in sicurezza? Il Pd garantisce di sì. Ma quel decreto si intreccia ora con la discussione sulla legge elettorale. Non c'è dubbio che il nervosismo di Mdp sia legato anche all'ipotesi di un innalzamento della soglia per la Camera dal 3 al 5 per cento. La crisi di governo eviterebbe questo esito, ma una sinistra di governo che butta per aria i conti pubblici perderebbe molta credibilità. Il problema però c'è. Tanto più che il lavoro per riunire le varie anime a sinistra del Pd continua con qualche difficoltà. E il 5 per cento è un orizzonte certamente più impegnativo. Lo è anche per Angelino Alfano. Il suo partito, Area popolare, è stabilmente nella maggioranza, ha ministri nel governo e non può intestarsi una campagna contro i voucher. Ma un accordo sul modello tedesco lo taglia fuori dai giochi o perlomeno lo mette in un angolo. Per questo a Palazzo Chigi si chiedono: e se i pericoli veri arrivassero da lì? ©RIPRODUZIONE RISERVATA