sabato 20 maggio 2017

La Repubblica 15.5.17
di Edgar Schuler


Commenti: Macron e i populismi sopravvalutati 

Apprensione, oscuri presentimenti: questo lo stato d'animo manifestato dai giornali europei dopo le elezioni presidenziali francesi. Eppure le cose sono andate secondo i migliori auspici: sconfitta di Marine Le Pen e brillante vittoria dell'ardente europeista Macron. I commentatori paneuropei, che dapprima non videro arrivare il populismo di destra, lo hanno gonfiato all'improvviso fino a farne una minaccia apocalittica. E ora, in una sorta di pulsione di morte collettiva, continuano a descriverlo come una valanga inarrestabile. Da Parigi Le Figaro avverte con toni lugubri che «di fatto Emmanuel Macron rappresenta solo un quarto dei francesi, mentre quasi metà degli elettori hanno scelto la destra di Marine Le Pen o la sinistra di Mélenchon, e sono ostili ai valori del nuovo presidente». Secondo il giornale berlinese Die Welt, il tempo a disposizione di Macron per rimettere in carreggiata il suo Paese è insufficiente: «Troppe le divisioni in Francia, e troppo distruttiva l'opposizione, che sta in agguato aspettando il suo fallimento». Da Zurigo, il Tages- Anzeiger avverte: «La scelta di un terzo degli elettori in favore di Marine Le Pen suona come un ultimo avviso: se fallirà il progetto riformista di Macron, tra cinque anni il FN conquisterà la maggioranza». Per i commentatori il pessimismo è indubbiamente di rigore: le catastrofi incombono ovunque, e nessuno ha voglia di esporsi all'accusa di imprevidenza o ingenuità. Ma l'elezione di Macron conferma chiaramente la perdurante immunità dell'Europa occidentale dai tribuni del popolo del tipo di Marine Le Pen: la sua sconfitta è la quinta di tutta una serie di flop dei populisti di destra. Questa realtà sembra eclissarsi agli occhi di molti, abbagliati dalla Brexit e dall'elezione di Donald Trump. Ma se lo shock di questi due esiti elettorali va indubbiamente preso sul serio, non è il caso di interpretarli come presagi. In Gran Bretagna i fautori dell'uscita dall'Unione Europea hanno vinto di strettissima misura; e Trump non è stato eletto con un'effettiva maggioranza di voti, ma grazie a un meccanismo elettorale bizzarro, ancorché fondato su una tradizione di tutto rispetto. Col sistema francese non sarebbe arrivato alla presidenza. Dunque, anche in questi due casi sarebbe bastato poco per sbarrare la strada ai populisti. È vero che in questo senso non esistono garanzie a priori. È necessario disporre di personale adeguato e adottare le scelte strategiche giuste. Ora, in ordine a queste due condizioni Macron rappresenta un esempio incoraggiante, in barba a chi continua a coltivare dubbi sul suo conto. Con un'audacia e una spavalderia degne di Asterix è riuscito a sgombrare il campo da tutti i logori cavalli di battaglia della Quinta Repubblica, venendo incontro agli auspici di una maggioranza di elettori, ansiosi di rompere con la vecchia politica. Oltre tutto, è riuscito a battere i populisti senza ricorrere alle loro stesse armi. Ha anzi preannunciato misure impopolari, come gli inevitabili sacrifici in materia di orari di lavoro e tutele dei lavoratori, a fronte dei livelli record di spesa dello Stato. Certo, al momento il nuovo presidente, il più giovane della storia della Repubblica francese, non ha ancora una sua forza parlamentare. È vero d'altra parte che tuttora in Francia la politica si fa e si decide in larga misura sulle piazze. Perciò l'eccezionale talento dimostrato da chi ha saputo organizzare un movimento popolare e una macchina elettorale a sostegno della sua personale candidatura merita maggior credito dei tatticismi di un Sarkozy o di un Hollande. In definitiva però, la sorte del presidente Macron dipenderà non tanto dalle sue capacità quanto dalle condizioni economiche in cui sarà chiamato a governare. Ma anche in questo senso i segnali sono positivi: a dieci anni dalla crisi finanziaria e dall'inizio della grande recessione, nell'Eurozona si vedono finalmente i segnali di una solida ripresa. Nel primo trimestre la produttività su base annua è aumentata dell'1,8%; e gli economisti sperano che questo dato migliori ancora, fino a un robusto 2%. Il calo della disoccupazione è lento ma costante, e in queste ultime settimane si avvertono anche in Francia segnali di ripresa. Ma solo la crescita economica e un'ampia redistribuzione della ricchezza saranno la chiave del successo di una politica liberale — e un veleno letale per il populismo. L'autore è a capo della sezione Opinioni del quotidiano Tages- Anzeiger Traduzione di Elisabetta Horvat ©RIPRODUZIONE RISERVATA