La Stampa 9.2.17
Il flop del Bonus Cultura
I diciottenni hanno speso il 6,3% dei soldi stanziati
I ragazzi faticano a ottenere le credenziali per la card In 7 Comuni su 8 né musei né negozi convenzionati
Il
Bonus Cultura naviga in brutte acque. Anzi, rischia il naufragio. Al
centro del dibattito politico per settimane, tra il governo Renzi che
prometteva soldi ai neodiciottenni per la loro crescita culturale e
l’opposizione che parlava di «mancetta elettorale», il provvedimento è
sparito dai radar. Ma in questi mesi, in redazione, hanno continuato a
piovere lettere di maggiorenni freschi di compleanno alle prese con il
farraginoso meccanismo burocratico studiato per permettere ai ragazzi di
ottenere gli agognati 500 euro governativi.
Prima l’attribuzione
dell’identità digitale. Quindi l’iscrizione al portale 18App. Infine la
ricerca affannosa di enti culturali e punti vendita che, nel proprio
comune, avessero aderito all’iniziativa. L’iter imposto ai
neomaggiorenni italiani sembrava più doverli preparare all’impatto con
la burocrazia italica, piuttosto che ampliare i loro orizzonti
culturali.
Il risultato: il governo è stato costretto a prolungare
la scadenza dei termini di iscrizione - inizialmente prevista per il 30
gennaio scorso - fino al 30 giugno 2017 nella speranza di far decollare
l’iniziativa. Al 17 gennaio scorso, in teoria ad appena due settimane
dal precedente termine per iscriversi, i diciottenni erano riusciti a
spendere appena il 6,3% di quanto stanziato. Dove si è inceppata la
macchina?
Il nuovo Spid
Ottenere l’identità digitale era il
primo passaggio per arrivare ad avere il Bonus Cultura. Lo Spid, per
inteso, serve anche ad altro e sicuramente il miraggio dei 500 euro ha
spinto molti diciottenni a registrarsi al nuovo servizio. Ma avere lo
Spid non è così semplice come appare, ci scrivevano i diciottenni. E in
effetti le difficoltà emergono dai dati. Per l’Istat al 1° gennaio 2016
in Italia c’erano 572.437 diciassettenni (che, per logica matematica,
sarebbero diventati maggiorenni entro l’anno). Secondo i dati che ci ha
fornito l’Agid, l’Agenzia per l’Italia Digitale che gestisce lo Spid, al
17 gennaio però i diciottenni con identità digitale erano 286.095:
esattamente la metà.
L’App del governo
Il secondo passaggio
era l’iscrizione a 18App, la piattaforma online studiata appositamente
per il Bonus Cultura. Qui i numeri si restringono ulteriormente. Sempre
al 17 gennaio, secondo la Presidenza del Consiglio, erano 230.000 gli
iscritti, ovvero circa il 40 per cento degli aventi diritto.
Spesa deludente
È
guardando agli esiti finali, però, che si ha la percezione che davvero
qualcosa non ha funzionato. Sempre secondo i dati della Presidenza del
Consiglio a metà gennaio erano stati staccati 200.000 coupon per negozi
fisici e 350.000 per rivenditori online per una spesa totale
rispettivamente di 6 e 12,5 milioni. Un po’ pochini considerando i 290
stanziati. Da Palazzo Chigi spiegano: «Riteniamo questo dato normale: da
quello che leggiamo sui social molti sono in attesa della stagione
estiva per i concerti o di settembre per l’acquisto di libri
scolastici». L’impressione, tuttavia, è un’altra e se ne trovano indizi
proprio nella sproporzione tra gli acquisti online e sul territorio.
La mancata copertura
Empiricamente,
dalle lettere arrivate, l’inghippo ci sembrava piuttosto la scarsità di
adesioni all’iniziativa da parte di librerie, cinema, teatri, musei,
negozi musicali e rivenditori di biglietti. Molti diciottenni, pur
avendo superato le prime fasi burocratiche, si lamentavano di un’unica
cosa: «Non sappiamo dove spenderli». Tanto che qualcuno ha cominciato a
«rivendersi» il bonus in cambio di soldi.
Per capire se le cose
stavano così abbiamo chiesto alla Presidenza del Consiglio di inviarci
l’elenco completo dei negozi fisici aderenti all’iniziativa, comune per
comune. Non l’abbiamo ottenuto. Ci è stato però fornito un dato di
massima: 7000 punti vendita. Era una cifra plausibile? Abbiamo
verificato lanciando un software che ha interrogato la piattaforma 18App
per ognuno degli 8000 comuni italiani. Abbiamo fatto svolgere una
controprova da un informatico esterno al giornale. I nostri dati sono
coerenti, ma non con quelli della Presidenza: il 24 gennaio sulla
piattaforma si potevano trovare solo 4270 negozi fisici e concentrati
nelle città. In pratica in 7 comuni su 8 non c’era un solo esercizio
aderente. Prolungare i termini di scadenza è certamente utile. Ma se non
si vuole che il Bonus Cultura sia un totale flop sarà necessario
implementare la rete dei rivenditori.