Repubblica 9.12.16
Generali, lobbisti, petrolieri: governo Trump a tutta destra
Ecco
gli uomini del presidente eletto. In attesa del nuovo segretario di
Stato Mai tanti militari in un esecutivo Usa. E all’Ambiente va Pruitt,
alleato di Big Oil
di Federico Rampini
NEW YORK.
Generali e petrolieri al governo con Donald Trump. Non c’erano mai stati
tanti militari in un esecutivo americano. Ai lobbisti invece siamo
abituati, ma non era ancora accaduto che l’Agenzia per l’ambiente fosse
affidata in gestione a un nemico dichiarato dell’ambiente; o che il
ministero del Lavoro finisse a uno sfruttatore del precariato. Ora che
il presidente- eletto ha quasi completato la sua squadra (manca la
poltrona numero uno, il segretario di Stato) l’Amministrazione Trump
nasce con una fisionomia di estrema destra anche se paragonata ai
repubblicani che lo hanno preceduto, compreso George W. Bush.
John
Kelly alla Homeland Security che gestisce anti-terrorismo e
immigrazione. James Mattis alla Difesa. Michael Flynn nel ruolo
influentissimo di National Security Advisor. È questo il trio di
generali che Trump ha voluto in ruoli chiave dell’esecutivo. Il
presidente eletto non aveva fatto mistero della sua ammirazione per le
forze armate durante la campagna elettorale, promettendo di restituirle
al loro fulgore di una volta. In realtà il Pentagono non ha mai sofferto
di veri tagli, neppure sotto Barack Obama; e l’apparato militare Usa
continua ad essere molto più potente di qualsiasi altro rivale (alcuni
studi strategici stimano che le forze americane “valgono” quanto quelle
dei cinque Paesi successivi addizionati fra loro). In compenso gli Usa
si vantano dai tempi della loro nascita di avere sempre subordinato le
forze armate ad un controllo civile. Quando il generale MacArthur,
l’eroe della guerra del Pacifico, mostrò velleità di indisciplina, fu
licenziato in tronco dal presidente Truman in piena guerra fredda con
l’Urss. Ed un ex generale come Eisenhower, repubblicano, una volta
eletto alla Casa Bianca divenne un fustigatore del “complesso militar-
industriale”.
Il trio di generali dei quali Trump ha voluto
circondarsi è marcatamente a destra: Mattis e Flynn hanno tutti
criticato la politica estera di Obama come troppo morbida (per esempio
sull’Iran) e il nuovo capo dell’Homeland Security si è distinto anche
come un falco sull’immigrazione. Ma più ancora delle loro posizioni —
neppure i neocon che spinsero Bush a invadere l’Iraq erano dei moderati —
colpisce l’ascesa al potere politico di uomini che vengono dal
Pentagono: è il “complesso militar-industriale” che stravince, quella
gigantesca lobby interessata a ingigantire il budget militare, gli
acquisti dai colossi dell’industria bellica come Lockheed Martin e
Boeing.
L’altra metà del governo contraddice la promessa di Trump
di «prosciugare lo stagno dei lobbisti ». In realtà sono quasi tutti
lobbisti. All’Environmental Protection Agency — quell’Agenzia
dell’ambiente che fu creata da un repubblicano, Richard Nixon — finisce
un uomo al soldo dei petrolieri, e non in senso figurato. Scott Pruitt,
ministro di Giustizia del petro-Stato dell’Oklahoma, è stato eletto in
una campagna finanziata da Big Oil. Non appena prese la funzione di
attorney general dell’Oklahoma cominciò a sabotare le riforme
ambientaliste di Obama, presentando contro l’Epa dei ricorsi che erano
letteralmente scritti dagli uffici legali delle aziende petrolifere. Al
Tesoro è finito un ex banchiere di Goldman Sachs, Steven Mnuchin. Al
dicastero del Lavoro Trump ha nominato Andy Puzder che è il chief
executive di una catena di fast-food, cioè l’industria che sfrutta
maggiormente la manodopera immigrata, inclusi tanti stranieri senza
permesso di soggiorno. Puzder si è sempre detto contrario all’aumento
del salario minimo federale, che Obama tentò di far passare al
Congresso. E dietro questa squadra sbilanciata a destra c’è naturalmente
il profeta dell’alt-right, il Chief Strategist in persona, l’eminenza
grigia Stephen Bannon, un estremista dichiarato.