giovedì 8 dicembre 2016

Repubblica 8.12.16
Cara Raggi abbia il coraggio di guardare la ferita di Roma
di Roberto Saviano

A ROMA, nel quartiere San Basilio, a una famiglia di origini marocchine è stato impedito di prendere possesso di una casa assegnata dal Comune. Uno scontro tra cittadini, niente xenofobia per alcuni, ma cattiva gestione degli alloggi pubblici. Sta di fatto che i fascisti di CasaPound hanno preso posizione e per i condomini bisognava pensare «prima agli italiani».
Ma facciamo un passo indietro. Esattamente un anno fa, a San Basilio, l’operazione “Terra nostra” sgomina una banda dedita allo spaccio di stupefacenti in via San Benedetto del Tronto e in piazza Urbania. Droga nascosta ovunque: nei contatori del gas, della luce, nelle aiuole. San Basilio è una piazza di spaccio a cielo aperto, come Scampia, come i bassi di Forcella, come i Quartieri Spagnoli e la Sanità a Napoli. Come il “casermone” di Frosinone, dove l’operazione “Fireworks” ha appena portato a oltre 50 arresti. Una piazza di spaccio attiva 24 ore su 24, con un guadagno di 40 mila euro al giorno.
FIREWORKS perché la presenza di droga è segnalata con fuochi d’artificio, esattamente come da sempre avviene a Napoli. Un
know how esportato per il più redditizio degli affari.
E come ogni piazza di spaccio, San Basilio deve essere sotto il controllo totale delle organizzazioni. Sono loro a decidere chi può rimanere, chi può entrare, chi deve andar via, chi vi può transitare e di certo lo Stato non è il benvenuto, con le sue legittime decisioni, con le sue “imposizioni”.
Queste dinamiche sono familiari a chi studia le organizzazioni criminali perché a Napoli i clan gestiscono l’ingresso e l’uscita dalle case popolari. Tempo fa un giornalista, Antonio Crispino, se ne occupò, ma la notizia non ebbe il giusto rilievo sui media nazionali. Bastava osservare la mappa criminale disegnata dalla Direzione Investigativa Antimafia per accorgersi che i clan controllavano gli alloggi popolari per avere il territorio sotto scacco. Non è un caso che durante le faide di camorra interi nuclei familiari vengano deportati da un palazzo all’altro. Il Comune di Napoli e le forze dell’ordine, pur sapendo, non agiscono perché agire equivarrebbe a dichiarare guerra ai clan e allora si mantiene la pace, ma a quale costo? Giuseppe Borrelli, procuratore aggiunto della Dda di Napoli dice: «Diverse inchieste hanno accertato che soprattutto nella zona orientale della città i clan gestiscono l’ingresso e l’uscita dalle case popolari». È un fatto mai smentito, un fatto che sfugge al sindaco di strada Luigi de Magistris. Di strada sì, ma solo in alcuni quartieri.
E le periferie romane stanno prendendo sempre più le sembianze di quelle napoletane perché sono piazze di spaccio e il traffico di droga è l’unico affare redditizio.
Qualcuno obietterà che nel caso di San Basilio i condomini hanno protestato perché l’alloggio era già occupato da un’altra famiglia. Qualcuno penserà che droga e criminalità organizzata non c’entrino nulla, che si tratta di persone perbene che non volevano finire in strada. E c’era bisogno di cori razzisti, mi domando. C’era bisogno del supporto dei fascisti di CasaPound, sempre pronti ad armare poveri contro poveri?
La famiglia di origini marocchine ha deciso di rinunciare all’alloggio. Voi che avreste fatto? Certo non si può pretendere che gli immigrati vengano in Italia a difendere diritti che noi abbiamo persino dimenticato di avere. Quali sarebbero state le loro prospettive di vita? Sarebbero stati assediati, minacciati, braccati. E questo ci fa capire che oggi è sulle periferie che dobbiamo rivolgere lo sguardo e le periferie romane sono un’emergenza assoluta. La sindaca Raggi ha definito ciò che è accaduto a San Basilio «una vergogna per Roma e per i romani»: ma adesso cosa accade? Una vergogna, ma con quali conseguenze? Il Movimento 5 Stelle amministra Roma, si candida al governo del Paese e Grillo ha chiesto agli italiani di votare con la pancia, io invece ritengo che si debba sempre votare con la ragione perché il voto d’istinto è svuotato di consapevolezza e quindi di libertà.
Roma è la ferita, osserviamola dunque attentamente per capire cosa accade, cosa possiamo aspettarci e cosa dobbiamo legittimamente chiedere. Inizierei col pretendere dalla sindaca Raggi e dal Movimento 5 Stelle una posizione netta sulla questione migranti, non sulla loro gestione, ci mancherebbe, quella riguarda le prefetture, ma una posizione che chiarisca una volta per tutte il rapporto politico con la peggiore destra romana che dimostra di essere eversiva nel sabotare le decisioni dello Stato e i diritti acquisiti dalle persone. Una posizione che servirebbe a chiarire anche in che termini si distingue, il Movimento, dalla xenofobia di Salvini e della Lega Nord, con cui hanno fatto fronte comune per il No. E poi, essendo San Basilio una piazza di spaccio riconosciuta, mi domando quale sia l’orientamento della sindaca Raggi in merito alla legalizzazione delle droghe leggere: a oggi è l’unico sindaco di città metropolitana a non avere ancora assunto una posizione.
Guardare dentro la ferita è l’unico modo per comprendere l’anima di un Paese che ancora si sogna solare e accogliente, ma che è diventato cupo e sofferente. Di una sofferenza che non trova consolazione. Un’Italia che ci piace poco, perché la marginalizzazione, la segregazione, la povertà, la disperazione è difficile guardarle in faccia. Eppure c’è qualcosa di peggio che guardare in faccia la miseria, qualcosa di cui la misera riesce a essere paravento. Qualcosa che sotto la miseria si può nascondere. Eppure dovremmo sapere che dove mancano opportunità, dove c’è dispersione scolastica, dove la disoccupazione supera i livelli di guardia, la miseria è in fondo la faccia presentabile di una piaga ben peggiore: la criminalità, che ci mette poco a diventare organizzata.
E così, non più tardi di domani, avremo dimenticato la famiglia marocchina cacciata da San Basilio mentre il quartiere, la sindaca e tutti noi ci terremo stretti gli spacciatori: loro portano guadagno, creano indotto, si va a San Basilio a prendere una dose. In fondo sempre di turismo si tratta.