Repubblica 5.11.16
“Morire senza dolore è diritto del malato” il fine vita ordinato dal giudice alla Asl
di Caterina Pasolini
ROMA.
«È un diritto rifiutare le cure e andarsene senza soffrire: sedati per
non sentire ansia o dolore ». E chi deve garantire una fine dignitosa,
«accompagnando e accudendo il malato», è il servizio sanitario
nazionale.
La sentenza arriva dal tribunale di Cagliari dove il
giudice tutelare Maria Luisa Delitala ha accolto la richiesta di un
malato di sla di vedersi interrotto ogni trattamento, nutrizione e
ventilazione, e morire. Non solo, ha invitato i medici a sedarlo
aprendo, secondo alcuni, alla possibilità di andarsene serenamente
dormendo a tutti i malati terminali che rinunciano alle cure, come
avviene in Francia.
Lui si chiamava Walter Piludu. Ex presidente
Pci della provincia di Cagliari aveva avuto una vita segnata da impegno
politico e civile, tra passioni musicali e viaggi, fino a quando la
malattia neurologica non lo aveva imprigionato limitandogli gli spazi,
non l’animo battagliero. «Io non ho manie suicide, gli occhi di mia
moglie, il sorriso di mia figlia, l’affetto di sorelle e amici mi
tengono attaccato alla vita nonostante le asprezze di giornate tra tubi
nella pancia per nutrirmi e il respiratore. Il mio corpo è immobile, ho
solo lo sguardo per comunicare. Vorrei poter decidere io quando
andarmene e morire accanto alle persone che amo, senza emigrare in
Svizzera. Perché la vita non può essere una prigione, c’è un diritto di
dignità e di libertà», scriveva l’anno scorso a Repubblica col puntatore
ottico.
Un diritto riconosciuto da questa sentenza. Piludu è
morto un mese fa. Se n’è andato dormendo accanto i suoi affetti. I
medici, dopo averlo sedato, gli hanno staccato la nutrizione, il
respiratore. Lo hanno fatto su ordine della giudice Delitala e così non
ci sono state accuse di omicidio del consenziente, come accadde dieci
anni fa all’anestesista Riccio che addormentò Welby prima di spegnere il
respiratore.
Ma cosa dice la sentenza? «Ha ragione Piludu di
pretendere dai sanitari il distacco dei presidi medici compresa la
ventilazione assistita », scrive il magistrato. E motiva il suo sì,
indicando «l’interruzione del sostegno artificiale previa sedazione»,
con leggi, costituzione, sentenze. Parlando di salute che non è solo
«assenza di malattia, ma benessere psico fisico, che coinvolge la
percezione che ciascuno ha di sé, aspetti interiori della vita e la
relazione con altri».
Il giudice accoglie il ricorso perché la
Costituzione «tutela il diritto alla salute e anche quello ad
autodeterminarsi, a scegliere se fare o meno un trattamento sanitario ».
Cita il consenso informato «in base al quale si può rinunciare alle
cure anche se questo porta alla morte». E aggiunge che «il rifiuto può
essere esteso ai trattamenti vitali perché per legge non si possono
imporre cure».
Il tribunale ricorda poi come la Cassazione abbia
specificato che tutto questo «non è eutanasia, ma la scelta di lasciare
che la malattia faccia il suo corso». E alla fine, a mo’ di monito, il
giudice segnala ai medici la decisione di aprile del Tar lombardo che
condanna la Regione per non aver eseguito la sentenza che imponeva di
staccare dalle macchine Eluana Englaro, in coma da 17 anni.
«Questa
sentenza è una rivoluzione perché ordina alla Asl, dice che è il
sistema sanitario nazionale deve rispondere alle richieste che verranno
dai malati. E senza bisogno che intervenga un giudice ». Marco Cappato
dell’associazione Coscioni che ha seguito la storia di Welby e ha
accompagnato Piludu nella sua battaglia legale, poi aggiunge: «Ci
vorrebbe una circolare del ministero in modo che tutte le Asl si
comportino in modo uguale e la possibilità di andarsene sedati sia data a
tutti. Altrimenti c’è, come ora, discriminazione tra chi ha conoscenze,
soldi per gli avvocati e chi no».
È una sentenza che pesa visto
che in questi giorni in Parlamento la commissione sta lavorando ad un
testo unico sul testamento biologico. «Sarà una buona legge solo se
servirà a garantire la sedazione anche per chi non è attaccato ad una
macchina o un respiratore, seguendo il modello francese. Altrimenti è
solo un passo indietro », insiste Cappato. «In dieci anni di inerzia
parlamentare le sentenze hanno cambiato la situazione. Quattro quelle
fondamentali: la sentenza che ha assolto Riccio per la sedazione di
Welby, la Cassazione che autorizza a staccare le macchine ad Eluana, il
Tar che condanna della regione Lombardia per non averlo fatto. E infine
questa che fa un passo avanti: ordina alla Asl di staccare respiratori e
terapie prevedendo anche la sedazione».