Repubblica 14.12.16
Illusi e confusi Tristram Shandy siamo noi
L’inizio della modernità liquida e del mondo di oggi: ritorna il capolavoro di Laurence Sterne
di Nadia Fusini
Un
piccolo Meridiano tutto per lui, Tristram Shandy se lo merita. Perché è
senz’altro un fenomeno quel gentiluomo nato nella seconda metà del
secolo dei Lumi. E niente affatto invecchiato malgrado duecento e più
anni siano passati dalla sua nascita. Anzi, lo ritroviamo oggi vivo e
vegeto grazie alle cure sollecite di Flavio Gregori, settecentista doc, e
nella traduzione impeccabile di Flavia Marenco. Rinascono così “la vita
e le opinioni” dell’eccentrico personaggio cui Laurence Sterne affidò
la sua buona novella, ovvero la comica narrazione della nascita di un
bambinello. Non in una capanna, ma
a Shandy Hall. Ne risulta un
ritratto di famiglia con tanto di padre Walter genialoide e madre
Elizabeth ottusa e zio Toby ex ufficiale a riposo pacifico, con al
seguito il caporale Trim e la vedova Waldman e il parroco Yorick, buffo e
ingenuo fool di shakespeariana memoria. Quanto al narratore, e cioè
Tristram, già nel nome segnato dalla tristezza, mentre narra la propria
venuta al mondo commenta non solo le disgrazie che gli capitano, ma
anche l’inesorabile fatica di un processo di scrittura, virtualmente
interminabile, che lo induce a un sentimento di impotenza.
Impotenza,
inconcludenza, disastro, fallimento emergono come i contenuti di
un’esistenza che si configura sulla pagina nella forma spezzata,
interrotta, di una rappresentazione che si offre come una lotta
tormentata con il principio e con la fine, mentre nel mezzo tutto prende
il senso di una deviazione incontrollabile. Tutto sfugge. È così che in
un virtuosismo sperimentale anticipatore di avanguardie future, la
forma e il contenuto del romanzo e l’esistenza del protagonista
narratore si specchiano l’uno nell’altro.
Da vero “spirito libero”
— così lo definì Nietzsche — Sterne onora il suo secolo con
l’invenzione di una nuova forma narrativa, che eccede ogni regola in un
prodigio di stravaganze, che verranno accolte in tutta la loro portata,
non solo tecnica, ma di concezione del mondo, qualche secolo dopo, da
scrittori e critici d’avanguardia del Novecento.
Se c’è un effetto
Sterne, che con piena evidenza si dispiegherà nel Modernismo europeo,
lasciando tramortiti scrittori come Beckett e Joyce, e critici come
Sklovskij, quell’effetto a tutt’oggi non s’è spento. In che consiste?
Nel paradosso che perfettamente Bertrand Russell colse e nominò per
l’appunto come “paradosso Shandy”. E’ un problema di logica matematica
che il gentiluomo Tristram ci pone: ovvero, se un campo di possibilità
aperte all’infinito possa o no risolversi in un che di concluso. Se per
descrivere i primi due giorni della mia vita, ragiona il gentiluomo, ci
ho messo due anni, a questo ritmo, con il materiale che si accumula così
in fretta, mai e poi mai riuscirò nella scrittura a tenere il passo
dell’esistenza. Nei suoi Principi della matematica Bertrand Russell
contestò il ragionamento come fallace: fosse Shandy vissuto per sempre e
non si fosse stancato del compito e fosse la sua vita continuata piena
di casi e accidenti, nessuna parte della sua biografia sarebbe rimasta
non scritta.
Ecco il paradosso: riguarda il rapporto tra il finito
e l’infinito. Quanto all’eccentrico protagonista di questo libro tra i
più stravaganti mai scritti, e non solo, ripeto, dal punto di vista
formale, ma concettuale, se pianifica una narrazione piena di
digressioni e di incidenti, è proprio perché in un empito sperimentale
prova a salvarsi dal vettore del tempo, che va nell’unico verso della
fine. Chi non segua una linea retta, avrà molte probabilità di perdersi,
ragiona Tristram; ma anche di durare, perché chi non arriva a
destinazione, non termina. Non conclude, non finisce, non muore.
Arte
concettuale? Gioco del wit? e cioè messa in campo di quella virtù
suprema di una lingua, l’inglese, che nell’ironia e nel tocco parodico
raggiunge altezze sublimi? Sì, certo, ma anche una visione del mondo che
dal nome del protagonista si può condensare nell’aggettivo “shandiano”.
Cangiante, mutevole, attraente, insidioso, indecente, sarcastico,
licenzioso, sono alcuni dei significati del termine. È il modo in cui un
soggetto prende coscienza del mondo che lo circonda come intensamente
sfuggente e rispetto ad esso della propria impotenza. «Vorrei tanto che
mio padre e mia madre, o tutti e due in egual modo coinvolti, avessero
badato a che cosa stavano combinando quando mi generarono… »: così
inizia la personalissima narrazione dell’avventura infausta cui il
piccolo Tristram si trova esposto nel momento stesso in cui è concepito.
E nel suo caso il concepimento non potrebbe essere più ridicolo: in un
fatidico innesto tra la carica dell’orologio di casa e dell’organo
riproduttivo del padre, che la madre impassibile accosta nella domanda:
«Scusa, caro, ti sei mica scordato di caricare la pendola?»; il «Buon
D-!» del padre fa temere una pericolosa cilecca dell’organo. Da cui la
conseguenza irreparabile di una dispersione degli “spiriti animali” —
ovvero il danno collaterale di una generazione su cui peseranno «forza
muscolare e virilità ridotte al lumicino ». Povero Tristram!
Da
questa prima fatale interruzione è segnato il destino del protagonista,
che farà della digressione la sua strategia d’attacco e difesa. In
anticipo su Chaplin e Keaton Tristram sarà l’eroe di un’epica
dell’irrilevanza con l’effetto comico di risvegliarci al pericolo
dell’esistenza. Se davanti alla porta per uscire più volte Keaton rompe
il vetro, chi non sia irrimediabilmente caduto nell’automatismo della
percezione riscoprirà tutta l’audacia dell’azione. Ecco comparire nella
narrazione il fantasma di Yorik e di Don Chisciotte e i nomi di Rabelais
e Cervantes, nel tono di una gioco-mania, che Sterne chiama
hobby-horse. Il primo degli hobby-horse è il romanzo che sta scrivendo.
Con
in mente Nietzsche, suo ammiratore, viene da pensare che il personaggio
che così si disegna è in chiave paradossale un uomo di specie diversa.
Un “oltre-uomo”? Non dimentichiamo che Sterne è lo stesso che scrive The
sentimental journey, ovvero il viaggio sentimentale, come tradusse
Foscolo. Dove il personaggio-uomo si presenta come un apparato di
sensibilità in cui esperienza morale ed estetica si intrecciano
privilegiando nella definizione dell’identità il cuore e la coscienza.
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In anticipo su Charlie Chaplin e Buster Keaton è l’eroe di un’epica dell’irrilevanza dove l’effetto comico serve a risvegliarci
* IL LIBRO La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo ( Meridiani Mondadori pagg. 1297 euro 80)