mercoledì 7 dicembre 2016

Pagina99 3.12.2016
Cosa dice la lingua della fantascienza
Universi | A gennaio esce Arrival, il film di Denis Villeneuve. Che riprende un racconto di Ted Chiang. Nel quale parlare un idioma alieno cambia la realtà. Vecchio tema. Affrontato anche da Dante
di Marco Passarello

Nel film Arrival di Denis Villeneuve, una delle protagoniste è Amy Adams che interpreta Louise, una linguista incaricata di apprendere l’idioma di una razza aliena appena sbarcata sulla Terra. Nello sforzo di comprendere la lingua e il modo di pensare dei visitatori arriverà a vedere il mondo a modo loro: una realtà sincronico in cui il futuro è noto e immutabile come il passato.
In Italia chi non era all’ ultima Mostra del cinema di Venezia per la presentazione del film dovrà attendere gennaio per vederlo, dato che da noi l’uscita è stata posticipata di due mesi rispetto al resto del mondo.
Se non altro in questi giorni è tornata in libreria con una nuova traduzione Storie della tua vita (Frassinelli, 324 pag., 18,50 euro), l’antologia di Ted Chiang che contiene il racconto a cui il lungometraggio si è ispirato. Statunitense di origine cinese, Chiang è un autore poco prolifico: ha pubblicato solo una manciata di racconti e il romanzo breve Il ciclo di vita degli oggetti software (Delos Books). Tuttavia è una figura imprescindibile della fantascienza contemporanea: merito del modo in cui affronta con rigore temi scientifici e filosofici senza sacrificare il coinvolgimento emotivo del lettore.
L’idea che un linguaggio possa modificare la percezione della realtà non è però nuova in letteratura. Nel racconto Tlön, Uqbar, Orbis Tertius Jorge Luis Borges descrive una società segreta che tra- sforma il mondo diffondendo frammenti di una cultura immaginaria, tra cui un linguaggio privo di sostantivi. In 1984 di George Orwell viene imposta la “neolingua”, costruita in modo tale da rendere impossibile concepire pensieri antigo- vernativi. Suo contraltare è il Babel-17 del romanzo omonimo di Samuel Delany, linguaggio-arma che trasforma inconsciamente in traditore chiunque lo apprenda. E nel recente Embassytown (Fa- nucci, 440 pp., 16,90 euro) China Mieville descrive alieni il cui linguaggio, impronunciabile per gli umani, può esprimere solo verità fattuali: quando i tentativi di comunicare dei terrestri li espongono per la prima volta a delle falsità, queste hanno su di loro l’effetto devastante di una droga.
Andrea Moro, professore di linguistica presso lo Iuss di Pavia e autore del libro Impossible Languages (Mit Press) in cui racconta come ha inventato “linguaggi impossibili” che il cervello elabora diversamente rispetto a qualsiasi lingua naturale, dimostrando così che la sintassi comune a tutti i linguaggi umani deriva dalla struttura della mente e non dal caso dice a pagina99: «L’idea che la percezione della realtà cambi col variare della lingua va sotto il nome di “ipotesi di Sapir-Whorf”, e si è dimostrata falsa», spiega Moro. «Per esempio, è stato verificato che la capacità di discriminare i colori non cambia tra due persone le cui lingue distinguono più o meno sfumature. La percezione non è influenzata né dal vocabolario né dalle regole, ed è una fortuna, altrimenti diventerebbe possibile ordinare gerarchicamente le lingue e le culture. Ciò non toglie che le imposizioni possano avere effetti sociali importanti, come nel caso dell’alternanza tu/lei o lei/voi nell’italiano».
Nel racconto Fammi una domanda stupida (incluso in La settima vittima, Nottetempo) Robert Sheckley immagina che esista una macchina che conosce la verità sull’universo, ma che nessuno è in grado di interrogare, perché solo chi già la conosce è in grado di porre le domande giuste. In questo senso si può porre al prof. Andrea Moro se esistono o meno limiti a ciò che il linguaggio può esprimere? «Certo. Lo sapeva Dante quando alla fine della Commedia cerca di parlare di Dio e gli mancano le forze: è l’eterno, bellissimo tema dell’ineffabilità», risponde Moro. «Lo incontriamo anche quando pariamo di enti meno imponenti di Dio; soprattutto quando si tratta di emozioni, come in una dichiarazione d’amore».