La Stampa TuttoScienze 14.12.16
Un attimo dopo il Big Bang una pioggia di “semi” creò tutto
Dalla teoria di Schrödinger alle missioni “Euclid” e “Lisa”: come stanno evolvendo le ricerche sull’origine dell’Universo
di Valentina Arcovio
È
passato quasi un secolo da quando fisici teorici e cosmologi hanno
teorizzato quello che potrebbe essere accaduto nei primi istanti dopo il
Big Bang. Eppure quegli attimi cruciali in cui l’Universo ha iniziato a
prendere forma sono ancora oggetto di studio e di controversie. Perché,
anche se il «Modello standard» della cosmologia e, in seguito, i suoi
«aggiustamenti» sono ciò che meglio spiegano cosa è successo, molti
interrogativi rimangono aperti. Ed è a quest’ultimi che Sabino
Matarrese, professore di Cosmologia all’Università di Padova, oltre che
membro dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) e dell’Istituto
nazionale di astrofisica (Inaf), dedica il proprio lavoro, contribuendo
a dare forma e sostanza a molte delle teorie più accreditate che
spiegano come l’Universo è riuscito a diventare così com’è.
Matarrese
terrà oggi una conferenza pubblica nell’ambito delle Immersioni
Virtuali nella Scienza («Virtual Immersions in Science»), l’iniziativa
organizzata dalla Scuola Normale Superiore di Pisa. Il titolo
dell’intervento è «Cosa è successo nel primo secondo dopo il Big Bang?»,
ma - dice lui - per essere più precisi la domanda dovrebbe essere:
«Cosa è successo un milionesimo di miliardesimo di miliardesimo di
miliardesimo dopo il Big Bang?».
In effetti è in quelle frazioni
di istanti che tutto è iniziato. «L’Universo è passato attraverso una
fase di espansione accelerata, a cui il fisico americano Alan Guth dà il
nome di inflazione - spiega il cosmologo -. Si tratta di un
parossistico processo di “gonfiamento”, dal quale tutto ciò che oggi
osserviamo nel cosmo avrebbe avuto origine». In pratica, secondo questo
modello, l’Universo avrebbe conosciuto, nei primi attimi di vita,
un’espansione a velocità crescente.
L’inflazione cosmica
«Questa
inflazione cosmica avrebbe quindi sparso quei minuscoli “semi” che
hanno poi generato tutta la materia, nella varietà delle sue forme, e
tutta la complessa struttura che osserviamo nel cosmo, sotto forma di
galassie, aggregati di galassie ed altro», dice Matarrese. Questi «semi»
sarebbero stati generati, a loro volta, da fluttuazioni quantistiche
del vuoto, dove per vuoto - in meccanica quantistica - si intende la
situazione in cui esistono particelle virtuali che vengono continuamente
create e distrutte. «Ma, se l’espansione dell’Universo è
sufficientemente rapida, le particelle virtuali create dal vuoto -
precisa Matarrese - non riescono ad annichilirsi in tempo utile e si
trasformano, quindi, in particelle reali e perciò proprio in quei “semi”
da cui è sbocciato tutto».
In realtà questo processo di
generazione «dal vuoto» era stato ipotizzato da uno dei padri della
meccanica quantistica, Erwin Schrödinger, già negli Anni 30. «Oggi è
grazie a questa teoria che i cosmologi riescono a spiegare, con
stupefacente accuratezza, una grande varietà di osservazioni
cosmologiche. E il modello dell’inflazione cosmica sembra non ammettere
rivali», aggiunge Matarrese. Ma quali siano le effettive conseguenze di
questo modello è ancora oggi oggetto di studio.
«L’evolversi del
modello inflazionario ha segnato tutta la mia vita scientifica, sia
attraverso il contributo che ho cercato di dare allo sviluppo di questa
idea sia attraverso il lavoro di analisi dati nell’ambito della
collaborazione “Planck” dell’Agenzia Spaziale Europea per testare ed
eventualmente “falsificare” la teoria».
Materia ed energia oscura
Ma
la vita di uno studioso dell’Universo lascia poco spazio
all’autocelebrazione. Tanto che Matarrese, mentre è al lavoro sui dati
di «Planck», si prepara a contribuire alle future missioni dell’Esa, in
particolare «Euclid» e «Lisa». «La prima partirà nel 2020 - spiega - e
ha lo scopo di osservare le galassie per studiare la materia e l’energia
oscura». «Euclid», così, permetterà di realizzare una mappa della
posizione di 10 miliardi di galassie, consentendo di studiare
l’evoluzione dell’Universo negli ultimi 10 miliardi di anni. L’Italia
contribuisce in modo essenziale alla realizzazione degli strumenti della
missione e coordina le attività di analisi dati.
«“Lisa”, invece,
è un interferometro spaziale: attorno al 2030 consentirà di misurare le
onde gravitazionali a bassa frequenza. Quelle sfuggite, finora, a tutte
le osservazioni».