domenica 4 dicembre 2016

La Stampa 4.12.16
Scandinavia paradiso rosa
La Francia va all’inseguimento
Ma le differenze di genere restano ancora molto forti in tutta Europa
di Carola Frediani

Finlandia, Norvegia, Svezia. Quando si parla di diritti delle donne, di pari opportunità e di accesso al mercato del lavoro, si finisce inevitabilmente nel Nord Europa. La Finlandia ha alti tassi di istruzione superiore e di lavoro femminile. Un record.
L’83% delle donne occupate, anche le madri, lavorano a tempo pieno grazie all’eccellente sistema di welfare che fornisce solidi servizi di assistenza all’infanzia e non solo. La Svezia, primo Paese a intraprendere la strada del congedo per madri e padri, nel 2016 ha ulteriormente ampliato il periodo di tempo concesso: i genitori hanno diritto a 480 giorni (all’80% dello stipendio fino a 390 giorni). Di questi, 90 sono riservati alle madri, 90 ai padri. Oltre al congedo possono comunque chiedere di ridurre l’orario lavorativo del 25% (con relativo taglio su salario). Tutto ciò fino all’ottavo anno di età del figlio. Per il quale si riceve comunque anche un contributo mensile, che in genere viene usato per pagare nidi o assistenza. Il risultato è che i costi per i servizi di aiuto all’infanzia incidono solo del 5,8% sullo stipendio della madre lavoratrice. La Norvegia è considerata tra i migliori Paesi al mondo dove essere donna. E nello specifico, mamma. E in generale, lavoratore e lavoratrice. Il 77% degli uomini, e il 73% delle donne tra i 15 e i 64 anni ha infatti un lavoro, secondo dati dell’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Altro Paese in rosa è la Danimarca: legge su maternità, congedo parentale flessibile, servizi statali accessibili, assistenza all’infanzia finanziata per il 75% dalle tasse, posti nei nidi garantiti dai sei mesi di età, disponibilità del tempo pieno.
I buoni esempi
Un altro aspetto significativo è che a beneficiare del sistema danese sono anche i nonni e le nonne, meno oberati che in altri Paesi. Sul fronte delle politiche a favore delle famiglie, la Francia non se la cava male con una serie di assegni famigliari, deduzioni fiscali, diverse possibilità di assistenza all’infanzia. Il risultato è una fertilità più alta e un più alto tasso di madri lavoratrici. Al di là dei buoni esempi, va detto che l’Europa non è tutta rose e fiori. La stessa Commissione Ue ha riconosciuto l’impatto sproporzionato avuto dalla crisi economica sulla popolazione femminile. L’obiettivo fissato da Bruxelles sarebbe di raggiungere un tasso di occupazione del 75% entro il 2020, per entrambi i sessi (fra i 20 e i 64 anni). Nel 2015 la media europea si aggirava sul 70% E le donne, specie quelle fra i 55 e i 64 anni, avevano tassi di occupazione molto più bassi dei maschi. Ma c’è un dato che colpisce più di tutti. gli altri Il divario di genere sul fronte lavoro, nel 2015, era maggiore per la fascia d’età fra i 30 e 34 anni con 14 punti percentuali (male anche la fascia 35-39). Statistiche che rivelano in maniera inequivocabile l’impatto della maternità, come rilevato da Eurostat. Il tempo di espulsione dalle attività lavorative in questa fase influenza anche l’occupazione più in là negli anni. In generale, la mancanza di assistenza pubblica e doversi sobbarcare le cure famigliari taglia le gambe sia alle giovani sia alle cinquanta-sessantenni. Perché, come spiega ancora Eurostat, le donne più spesso si occupano anche di famigliari anziani, e questo ne accelera l’uscita dal mondo del lavoro.