sabato 3 dicembre 2016

La Stampa 3.12.16
Il Consiglio di Stato sospende la riforma delle Banche Popolari
Alla Consulta la norma di Bankitalia che consente di imporre un tetto al diritto di recesso
di Gianluca Paolucci Francesco Spini


La nuova mina sul sistema bancario italiano arriva dla Consiglio di Stato. Che ha rinviato alla Corte Costituzionale alcune norme attuative del decreto che ha imposto la trasformazione della banche popolari in società per azioni. Nel mirino della sesta sezione sono finite in particolare due norme attuative emanate dalla Banca d’Italia: la facoltà lasciata agli istituti di imporre un tetto al diritto di recesso e il divieto di costituire una holding cooperativa per controllare la banca trasformata in società per azioni.
La decisione, che accoglie parzialmente una serie di ricorsi, non produce effetti immediati né per le banche né per i soci, spiegano dal Consiglio di Stato, almeno fino al pronunciamento della Corte. Ma di certo apre un nuovo fronte d’incertezza nel già tribolato sistema bancario italiano. Il decreto del governo del gennaio 2015 imponeva la trasformazione in spa entro la fine di quest’anno. Ad oggi due istituti, la Popolare di Bari e la Popolare di Sondrio devono ancora trasformarsi (le assemblee si terranno rispettivamente l’11 e il 17 dicembre), mentre la Bper deve ancora stabilire le regole per l’esercizio del diritto di recesso, ovvero la possibilità di vendere le proprie azioni ad un prezzo fissato alla banca stessa a fronte di una modifica radicale dello statuto, come appunto la trasformazione in Spa. La situazione più complicata, sulla carta, sembra essere quella della Popolare di Bari. L’istituto pugliese non è quotato e il diritto di recesso - che secondo i giudici si può differire ma non negare - potrebbe rappresentare per molti soci una sorta di uscita di sicurezza da un investimento assai poco liquido. Tanto più che potrebbero approfittare di un prezzo fissato a 7,50 euro, che valorizza la banca oltre una volta il proprio patrimonio, a livelli che le quotate possono solo sognare. Per la Popolare di Bari potrebbe essere un colpo durissimo - perfino fatale, secondo alcuni osservatori - anche se il recesso è ammesso solo per chi non ha contribuito alla delibera di trasformazione, e dunque vota contro, si astiene o non si presenta in assemblea. Fermare la trasformazione in Spa, però, non sembra al momento un’opzione. Ieri, in ambienti sia di Banca d’Italia sia del ministero dell'Economia, si sottolineava come - allo stato - la trasformazione delle banche debba andare avanti come previsto. Dalle banche, da Bari in particolare, attendono segnali che chiariscano la situazione.
Gli istituti che hanno già completato il processo di trasformazione (Ubi, PopVicenza, Veneto Banca, Creval, Bper) sono in situazioni molto diverse. Per Ubi, le richieste dei soci avrebbero comportato un esborso di 258 milioni di euro, ma l’istituto ha liquidato i soci fino a 13 milioni. Nessun rimborso sia da BpVi che da Veneto Banca, su richieste però molto limitate: 14,5 milioni per Veneto e 1,7 milioni per Vicenza. Ancora sospese invece Bpm e Banco Popolare. Le richieste ammontano in totale a 207 milioni e le decisioni sulla loro liquidazione verranno prese dopo la fusione, esecutiva dal primo gennaio del 2017. Altra possibile fonte di ricorsi è la bocciatura del divieto di costituire una holding cooperativa, schema che farebbe rivivere la criticata governance delle popolari («una testa, un voto») spostandola semplicemente al piano di sopra. Con tanti saluti alla riforma.