La Stampa 13,12.16
Romano e internazionale
Il premier piace anche alla Chiesa
Dalla collaborazione come assessore al Giubileo ai buoni rapporti con il segretario di Stato Parolin
di Andrea Tornielli
«Gentiloni
è una delle ultime espressioni di quella romanità internazionale e
universalista, che sa cos’è il Vaticano e che cosa rappresenta la Chiesa
in Italia. Ha mantenuto un’empatia con l’altra sponda del Tevere
intessuta di rapporti istituzionali». Con queste parole lo storico
Andrea Riccardi descrive il nuovo premier in riferimento al mondo
cattolico e alle istituzioni della Santa Sede.
Si è già scritto
molto sull’avo politico e parente alla lontana, quel conte Vincenzo
Ottorino Gentiloni che sancì con la benedizione di Pio X il rientro in
gioco dei cattolici nella vita politica italiana con il Patto del 1912.
Si è scritto meno sui altri suoi antenati più diretti, come il musicista
Domenico Gentiloni, membro della Guardia nobile del marchigiano Pio IX e
autore dell’inno conosciuto come «La melodia delle trombe d’argento»,
usato in Vaticano fino al 1970. O come lo zio Filippo Gentiloni Silverj,
ex sacerdote gesuita, giornalista del Manifesto, membro dei «Cristiani
per il socialismo» e autore di libri quali «Oltre il dialogo cattolici e
PCI. Le possibili intese tra passato e presente» e «Karol Wojtyla, nel
segno della contraddizione». O ancora, come il cugino medico Nicolò
Gentiloni, scomparso lo scorso gennaio, che aveva lavorato per quasi
mezzo secolo al Policlinico Gemelli e aveva fatto parte dell’equipe che
curava Giovanni Paolo II.
Questo pedigree tutto interno al mondo
cattolico, pur con espressioni tra sé molto distanti, non deve far però
pensare a una figura «organica». Il presidente del Consiglio appare
piuttosto come un uomo di confine, con i suoi trascorsi giovanili nel
mondo della sinistra oltre il Pci, la sua successiva vicinanza agli
ambientalisti, ma anche le frequentazioni con lo storico Pietro
Scoppola, esponente del «cattolicesimo democratico». Buoni sono i
rapporti con la Comunità di Sant’Egidio: l’ormai ex ministro degli
Esteri è intervenuto ai meeting interreligiosi di Bari e di Tirana.
L’identikit
con i tratti della «romanità internazionale» proposto da Riccardi dice
che il modello Gentiloni, nei rapporti con l’altra sponda del Tevere,
non è quello dei rapporti ufficiosi e dei «pontieri» che intessono
relazioni alternative ai canali istituzionali. Ma al tempo stesso
persegue l’obiettivo di una collaborazione fattiva nei campi di comune
interesse, come è accaduto durante l’esperienza vissuta con il grande
Giubileo dell’anno 2000, quando il neo-premier aveva l’incarico di
tenere i rapporti con la Santa Sede.
Gentiloni conosce il
Segretario di Stato Pietro Parolin e da ministro degli Esteri del
governo Renzi ha ricevuto lo scorso 24 novembre alla Farnesina la visita
del suo omologo vaticano, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher.
Lo
scorso aprile, alla vigilia del viaggio di Francesco nell’isola greca
di Lesbo, è stato pubblicato il libro di Pasquale Ferrara, diplomatico
di carriera e studioso di relazioni internazionali, intitolato: «Il
Mondo di Francesco - Bergoglio e la politica internazionale». Paolo
Gentiloni ha firmato la prefazione, nella quale si legge che Bergoglio
«ha cambiato il tono del discorso politico mondiale, con l’appello a un
dialogo serio, all’inclusività, a stigmatizzare la “globalizzazione
dell’indifferenza” e porre al centro dell’agenda internazionale la
dignità della persona, invitando a guardare il mondo dalla “periferia”.
Si tratta di concetti essenziali mentre risorgono barriere e
nazionalismi nell’Europa alle prese con i flussi di migranti e
rifugiati».