il manifesto 9.12.16
Con Trump arriva il peggio
American Psyco. Al Lavoro l’imprenditore dei fast food anti-sindacato, all’Ambiente l’avvocato dei petrolieri
di Luca Celada
LOS
ANGELES Donald Trump ha basato la propria campagna elettorale sul
lavoro. Il tema centrale dei suoi comizi – specialmente nelle regioni
della rust belt – è stata la creazione di impiego. Per illustrare il
programma anti-delocalizzazione ad esempio, il candidato Trump ha
ripetutamente attaccato la Carrier, l’azienda che si apprestava a
chiudere impianti in Indiana ed esportare 1.500 posti di lavoro in
Messico.
Due settimane fa dalla Trump tower è giunto l’annuncio
che l’intercessione diretta del presidente in pectore aveva convinto
l’azienda a soprassedere e che i posti erano stati salvati. L’accordo è
stato siglato, in pompa magna davanti alle telecamere, da Trump e dai
dirigenti nella stessa fabbrica.
La photo-op trionfale ha però
presto perso molto del lustro. I posti «salvati» intanto sono 800 invece
di 1.500. Per mantenerli l’azienda ha ottenuto incentivi pubblici per
$7 milioni e 700 operai sono stati comunque esodati. Un dato
sottolineato anche da Chuck Jones, capo del sindacato di metalmeccanici
che rappresenta i lavoratori. Trump non ha gradito le precisazioni
«disfattiste» del sindacalista e lo ha attaccato per nome e cognome su
twitter.
«Il sindacato dei metalmeccanici ha fatto un pessimo
lavoro», ha scritto il miliardario, «non sorprende che le aziende
chiudano», suggerendo a Jones di «parlare meno e diminuire le quote
sindacali». «Che pensi a fare il suo governo»: è giunta secca la
risposta del 70enne metalmeccanico che ha avuto l’onore di essere il
primo operaio pubblicamente assalito da un presidente. Dopo gli attacchi
di Trump, Jones è stato comunque inondato di telefonate minatorie e
minacce di morte.
Ad un mese dall’elezione del «paladino dei
lavoratori» l’ostilità verso i sindacati (come quella per minoranze e
immigrati) è palpabile e in molte città sindacalisti hanno ricevuto
minacce di morte.
Dietro le sceneggiate da reality Tv come quella
della Carrier si delinea intanto una familiare politica di incentivi
ultraliberisti alle imprese. Sarebbe cosa fatta ad esempio la nomina di
Andy Puzder a ministro del Lavoro. Puzder è un magnate degli hamburger,
amministratore delle catene di fast food Hardee’s e Carl’s Jr, noto per
le battaglie contro i contributi sanitari e l’aumento del minimo
sindacale.
Il prossimo ministro del Lavoro ha recentemente parlato
dei vantaggi di una catena di ristoro interamente automatizzata poiché i
robot «sono sempre cortesi, non vanno mai in vacanza, non arrivano in
ritardo, non si fanno male e non intentano cause per discriminazione».
La
nomina di Puzder è seguita a quella di Linda McMahon al dicastero per
le piccole imprese. McMahon è una militante repubblicana di lungo corso
che ha contribuito con $6 milioni alla campagna di Trump, oltreché
dirigente della Wwe, maggiore promotore mondiale di wrestling con cui
Trump ha annosi legami (ha interpretato la parte di se stesso in alcuni
«combattimenti»).
La squadra che emerge non promette quindi nulla
di buono per i lavoratori, al di là della retorica scontata su
produttività e spirito di impresa. Il pronostico più affidabile sul
lavoro in era Trump, lo anticipa la squadra economica di Steven Mnuchin
al Tesoro e Wilbur Ross e Todd Ricketts al Commercio, un gruppo di
finanzieri e speculatori legati a grandi aziende e banche di Wall
street. Trump ha avuto un incontro anche col presidente della Goldman
Sachs, Gary Cohn, e non è escluso un ruolo anche per lui. Si delinea
quindi un progetto economico basato su deregulation, sgravi alle imprese
e finanziarizzazione, come quello che dopo otto anni di Bush portò alla
bolla subprime e alla catastrofe economica globale.
Il prossimo
governo somiglia in definitiva sempre più a una squadra preposta alla
demolizione dello Stato sociale, e allo smantellamento delle garanzie
sul lavoro e non solo. All’Ambiente è andato Scott Pruitt già attorney
general dell’ Oklahoma e avvocato delle compagnie petrolifere contro le
norme ambientali.
Alla Sanità, Tom Price, crociato contro la
riforma sociale di Obama. Siamo quindi ben oltre l’alternanza o
piuttosto a una restaurazione conservatrice.
Si profila un attacco
ostile e coordinato a decenni di politiche welfare e tutela sociale.
Completata dalla vera e propria junta militare istallata nelle posizioni
chiave di difesa e sicurezza (i 3 generali scelti finora potrebbero
diventare 5), l’operazione Trump non ha precedenti.