il manifesto 15.12.16
Spunta il proporzionale pret-a-porter
Legge
elettorale. Giuseppe Lauricella, deputato vicinissimo alla neo ministra
Anna Finocchiaro, anticipa la prevedibile sentenza della Consulta. E la
Corte costituzionale fa in modo che tutti gli argomenti contro
l'Italicum possano essere discussi il 24 gennaio
di Andrea Fabozzi
Mentre
il governo e il parlamento cominciano a mettere a fuoco le possibili
soluzioni sulla legge elettorale, la Corte costituzionale che il 24
gennaio dovrà pronunciare l’atteso giudizio sull’Italicum fa le sue
prime mosse. Sulla Gazzetta ufficiale di ieri sono state pubblicate le
ordinanze dei tribunali di Trieste e Genova che hanno sollevato le
ultime questioni di costituzionalità sulla nuova legge elettorale. Il
che consentirà ai giudici della Consulta di inserire nuovi argomenti
nell’udienza del 24, data scelta proprio per non lasciare fuori alcun
ricorso. A dispetto delle critiche di lentezza che sono piovute sui
giudici, la Corte ha impresso un’accelerazione al suo iter tradizionale,
stringendo i tempi per le parti e invertendo l’ordine della
pubblicazione in Gazzetta: in questo modo tutte le cinque ordinanze (da
ottobre erano già pronte quelle di Messina, Torino e Perugia) potranno
essere esaminate. Il che aumenta le chance che l’Italicum venga
pesantemente, se non completamente, mutilato.
Proprio in
previsione di quel giudizio, ieri il deputato del Pd Giuseppe Lauricella
ha presentato una proposta di legge che trasforma l’Italicum in quello
che prevedibilmente potrebbe uscire dalla Consulta. Cancellato il
ballottaggio (è uno dei punti sottoposti ai giudici), resta una legge
proporzionale con un forte premio di maggioranza (il 15% dei seggi)
attribuibile però solo alla lista che raggiunga il 40% dei voti su base
nazionale. Lista e non coalizione, lo prevede già l’Italicum ma resta
improbabile che un partito da solo, nelle attuali condizioni, raggiunga
la soglia. In più, perché scatti il premio, il 40% dovrebbe essere
raggiunto non solo alla camera ma anche al senato; altrimenti la legge
funzionerebbe come un proporzionale puro – o quasi visto che sono
previste soglie di sbarramento non troppo alte: 3% alla camera e 4% al
senato. Altra novità, anche questa evidentemente studiata per incontrare
la prevedibile decisione della Consulta, la riduzione delle
pluricandidature: i capilista bloccati scenderebbero da dieci a tre e
verrebbe introdotto un criterio per non lasciare al loro libero arbitrio
l’opzione del collegio (altro punto dell’Itallicum sottoposto al vaglio
di costituzionalità).
Il testo di Lauricella potrebbe essere,
allora, un testo prêt-à-porter per i giorni successivi alla sentenza
della Consulta, o meglio alla pubblicazione delle motivazioni
(prevedibilmente i primi del prossimo febbraio). Il punto di caduta per
un parlamento che volesse limitarsi a recepire la sentenza. Per poi
votare al più presto, nella tarda primavera. Come hanno auspicato ieri
diversi esponenti del Pd renziano, a cominciare dal vice segretario Pd
Guerini: «Si può fare una legge per votare a giugno».
Guerini ha
aggiunto che, dopo il referendum, si deve considerare «chiuso il
ventennio maggioritario». Una conversione- ascrivibile agli ultimi umori
di Renzi – decisamente rapida per chi fino a poco fa sosteneva una
legge (l’Italicum) ultra maggioritaria, imponendola con il voto di
fiducia. Le convenienze del momento spingono soprattutto a fare presto.
Ricercando l’accordo con Berlusconi, che da quando Forza Italia è
crollata dalle parti del 10% è diventato un fan del proporzionale.
D’altra
parte la collocazione politica di Lauricella è una garanzia: da sempre è
assai vicino ad Anna Finocchiaro, che in veste di ministra per i
rapporti con il parlamento ha ereditato da Maria Elena Boschi il dossier
sulla legge elettorale. La sua più volte ribadita preferenza per il
vecchio Mattarellum (uninominale di collegio) può finire sacrificata
alle nuove richieste renziane. Sempre che si stabilizzino.
La
revanche proporzionalista, ieri, si è fatta spazio anche nel discorso
del presidente del Consiglio al senato. Nel corso del dibattito sulla
fiducia, Gentiloni ha ripetuto che il governo non sarà l’attore
protagonista della riforma elettorale per lasciar spazio al parlamento.
Anche se ha calcato un po’ di più sulla volontà di sollecitare i
parlamentari a fare presto. Poi, citando due interventi favorevoli al
proporzionale – dei senatori Mineo e Quagliariello – ha parlato di
«evoluzione del nostro sistema rispetto a come è stato negli ultimi
anni». Gli anni del maggioritario.