il manifesto 15.12.16
Speranza: «Poletti sbaglia. Il Pd ritrovi il suo popolo»
Lo
scontro sul Jobs Act. Non si agiti lo spettro delle elezioni anticipate
per evitare i referendum della Cgil. La sinistra dem chiede «una
profonda autocritica» e «correzioni radicali» su scuola e lavoro, a
partire dai voucher. Alle questioni poste dal sindacato «si può dare
risposta subito in Parlamento»
intervista di Antonio Sciotto
«Le
parole del ministro Poletti sono sbagliate: perché sembrano dire che il
referendum è un problema e che perciò è meglio evitarlo. Il governo non
deve dare l’impressione di cercare scorciatoie». Roberto Speranza,
esponente della minoranza Pd – «preferisco si dica “sinistra Pd”», tiene
a precisare durante l’intervista – spiega che «bisogna rispettare i
cittadini che hanno firmato i referendum della Cgil» e che a loro si
potrebbe provare a dare risposta già lavorando in Parlamento, e da parte
dello stesso esecutivo guidato dal nuovo premier Paolo Gentiloni.
Il
ministro del Lavoro non sembra apprezzare i tre referendum della Cgil.
Addirittura mette davanti le elezioni anticipate, quasi a esorcizzarli.
Noi
dobbiamo avere innanzitutto rispetto per quel milione e oltre di
persone che hanno firmato i tre quesiti e che legittimamente, come
prevede la Costituzione, li hanno proposti al Paese. Le parole del
ministro Poletti sono sbagliate perché sembrano indicare che si stia
cercando una scorciatoia per evitare il problema. Poi sul merito il
dibattito è aperto: lui difenderà la sua legge, è legittimo, ma è
altrettanto importante rispondere alla richiesta di partecipazione dei
cittadini. Peraltro si è espresso proprio nelle ore in cui si votava la
fiducia: è davvero singolare che già si annunci la fine del nuovo
governo.
Ma se si arrivasse al voto, rivivremmo la stessa scena
vista per il referendum costituzionale? Voi schierati contro Poletti e
Renzi?
Nei referendum della Cgil è sicuramente rappresentata una
parte fondamentale della nostra sensibilità di sinistra, ma io sono un
deputato di maggioranza, sostengo questo governo. Intendo dire che
almeno alcune delle domande poste dai referendum possiamo provare ad
affrontarle nelle prossime settimane in Parlamento. Ci sarà
probabilmente un confronto serrato sulla legge elettorale, da approvare
entro fine legislatura, ma perché non tentare di utilizzare i mesi che
abbiamo davanti anche per rispondere ad alcuni importanti temi sociali?
Ne dico due: scuola e lavoro. Ci aiuterebbe a ritrovare la sintonia con
un pezzo dell’elettorato di centrosinistra. Dal referendum del 4
dicembre e dalle elezioni amministrative è emersa una domanda molto
forte di discontinuità.
Come ci mettereste mano? Qualche esempio?
Sul
Jobs Act penso ad esempio alla questione dei voucher: le cifre sono
ormai eclatanti, oltre cento milioni da inizio anno ad autunno, in un
trend crescente rispetto al 2015. È un tema che non lascerei alla
propaganda di Salvini, facciamo in modo di assumerlo noi, come Partito
democratico.
Ma è credibile che il ministro Poletti faccia una
autocritica così profonda? La sua riconferma sembra voler dire piuttosto
che sulle politiche del lavoro non si correggerà granché.
Poletti
si rende conto che c’è un problema, visto che ha parlato più volte di
«monitoraggio» dei voucher e ha fatto un primo provvedimento per la
tracciabilità. Evidentemente non è bastato, servono misure più radicali.
E sulla scuola? L’ex sindacalista Valeria Fedeli alla guida del ministero è un segnale verso la sinistra e la Cgil?
Sicuramente
le storie personali contano, e la nuova ministra segna una
discontinuità, ma io andrei piuttosto sul cambio di metodo: apriamo
finalmente un dialogo, un vero e proprio tavolo con insegnanti e
studenti. Facciamo un check up dei problemi della scuola e cerchiamo
soluzioni condivise: io la «buona scuola» non l’ho votata, sono il primo
a pensare che si debba cambiare decisamente verso.
Tutto questo
si può fare nei pochi mesi di un governo che appare a scadenza? O forse
per voi va bene che si arrivi a fine legislatura, al 2018?
Non
sono provvedimenti che richiedono mesi e mesi, con la volontà ci si può
concentrare su alcuni dossier importanti. Credo che per questo governo,
per il Pd, sia importante assumere la lezione del referendum
costituzionale e delle amministrative, anche per riallacciare con tanta
parte del nostro elettorato. Non dirò io quando si debba mettere fine al
governo, ma certamente risolvere i nodi sociali che ho indicato ci
permetterebbe di arrivare alle elezioni in sintonia con il nostro
popolo, che ci siamo un po’ persi per strada mi pare.
La priorità, comunque, anche per voi è trovare una nuova legge elettorale?
Sì,
ma questa volta deve farla il Parlamento, e non il governo. Gentiloni
ha detto giustamente che il suo esecutivo può «accompagnare» questo
processo, e mi pare corretto. Io stesso ho vissuto come una violenza la
fiducia sull’Italicum, mi sono dimesso da capogruppo e non l’ho votata.
Il Parlamento discuta anche al di fuori dei limiti della sua
maggioranza.
I temi del lavoro, della scuola, l’autocritica di cui
abbiamo detto, può fare tutto Renzi segretario? O magari dovrà essere
un altro leader? Speranza si presenta come avversario dell’ex premier al
Congresso del Pd?
Io lavoro per costruire un’alternativa a Renzi,
proprio a partire dalle questioni sociali. Se il Pd non riparte da
questi nodi, perderà il suo popolo e lo consegnerà ai populisti. Negli
ultimi anni abbiamo dato l’impressione di essere a favore di quelli che
già hanno o stanno bene, non di chi è escluso e vive ai margini. Io sto
lavorando su questo, non guardo ad altro, io ci sono.