mercoledì 7 dicembre 2016

Corriere Roma 7.12.16
Stadio e cubature dietro lo scontro Ora Raggi ha bisogno di un sì
di A. Arz.

È un cambio di passo in prospettiva delle elezioni politiche. Il caso dell’assessore all’urbanistica Paolo Berdini scoppia subito dopo la vittoria del No al referendum e poco prima del rush finale per il progetto «stadio della Roma» che i primi di febbraio dovrà concludere il suo iter amministrativo con il passaggio chiave in Consiglio comunale previa redazione di una proposta da parte della giunta. La precisione sembra chirurgica.
Le date, infatti, non sembrano affatto casuali: dopo il trionfo M5S al referendum e il secco No alle Olimpiadi di Raggi a settembre, il Campidoglio a trazione Cinque Stelle adesso ha bisogno di un Sì per non essere etichettato un cimitero di grandi progetti. E il nuovo stadio a Tor di Valle si presta perfettamente per dare una nuova dimensione, più «costruttiva», all’amministrazione Raggi: nessun impatto economico visto che il costo è tutto a carico del soggetto privato, un segno tangibile da lasciare sul territorio a sempiterna memoria dopo le tante critiche arrivate per (presunto) immobilismo, e soprattutto una strizzata d’occhio all’elettorato romanista che rappresenta una porzione consistente della città che vota. Lasciare un’impronta a testimonianza di un’amministrazione che gira: è questione di marketing, insomma.
In più stavolta un semplice no politico non basterebbe a fermare l’opera, come fu a settembre per i Giochi 2024. Sfilarsi da un progetto ormai in stato avanzato e già vidimato dal Comune sotto la gestione Marino, potrebbe costare assai caro al Campidoglio: centinaia di milioni di euro che, in teoria, i soggetti proponenti (Parnasi e la Roma) potrebbero reclamare davanti ad un giudice in caso di improvviso diniego.
Per questo la posizione intransigente di Berdini non è oggi più conciliabile con le esigenze del Comune più in vista d’Italia. E sempre più a rischio polemiche: «Con 3000 emendamenti dei Cinque Stelle sulla legge che dà più poteri a Roma si blocca la devoluzione — la nota del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, sull’applicazione della legge Delrio —. Se non si vogliono i poteri ritiriamo la legge. Un altro no e per Roma sarà un altro colpo».