Corriere 6.12.16
Anticristiano e antiborghese, i rimpianti finali di Hitler
Nella
prefazione Giorgio Galli rilegge in chiave esoterica ciò che Adolf
Hitler dice nel libro Il mio testamento politico (Bur, pp. 154, e 13),
che raccoglie alcune conversazioni del 1945, oggi riproposte in Italia
dopo un’edizione del 1961. Ma nel testo ci sono anche altri motivi
d’interesse. Qui il razzista Hitler, per cui gli Usa multietnici sono un
«gigante dai piedi d’argilla», si distacca dal determinismo genetico e
indica come connotato cruciale degli odiati ebrei la «struttura
mentale»: preferisce il «razzismo spirituale» a quello biologico. Poi
accentua la polemica anticristiana e antiborghese. Rinnega Vichy e si
duole di non aver aiutato «i lavoratori della Francia a realizzare la
loro rivoluzione». Condanna il franchismo, «regime di profittatori
capitalisti, fantocci della cricca clericale». Ammette di aver condotto
una «politica dei reazionari piccolo borghesi» inadeguata ai suoi
progetti. Rimpianti di un uomo finito, ma anche sintomi di una vocazione
rivoluzionaria che smentisce l’idea del Terzo Reich come prodotto del
capitalismo.
Antonio Carioti