Corriere 2.12.16
E «Eusebio» voleva scansare il Pascoli latino
di Pierluigi Panza
In
una lettera del 7 febbraio 1952 raccolta nel librino Eugenio Montale.
Non posseggo nemmeno una Divina Commedia (postfazione di Davide Brullo,
pagine 24, e 30), con il quale la De Piante Editore inizia le sue
pubblicazioni, Montale scrive al classicista Manara Valgimigli qualcosa
di poco conveniente sulle poesie latine del Pascoli… Dovrebbe recensire
per il «Corriere» i Ioannis Pascoli Carmina che Valgimigli ha appena
pubblicato ma non gli va e non padroneggia le lingue classiche. E così
il critico riluttante prende carta e scrive al classicista: «Dovrei
fare, non per mia volontà, un pezzetto sulle poesie latine del Pascoli…
Non potresti prestarmi un libro o qualche ritaglio di articoli in cui la
questione sia trattata? In sostanza vorrei farmi fare il mio articolo
da quelli che ne sanno più di me… Vedi se puoi aiutarmi al più presto;
altrimenti rinuncio».
Non abbiamo la risposta di Valgimigli ma,
evidentemente, al «Corriere» c’è qualcuno che non aspetta nemmeno
Montale. Il 10 febbraio, infatti, giorno in cui in piazza San Babila
viene installata la prima cabina telefonica (questo per collocarci nella
tempistica), esce già una recensione alle poesie latine di Pascoli ma
firmata da Pietro Pancrazi. «Poetare in latino — scrive Pancrazi che fa
del poeta di San Mauro l’ultimo sacerdote di Apollo — non fu per il
Pascoli un esercizio periferico».
Ebbene, con curiositas di questo
genere avvia le pubblicazioni la nuova casa editrice De Piante, fondata
da Angelo Crespi, Luigi Mascheroni e Cristina Toffolo De Piante. Punta
su prose d’arte, elzeviri, lettere, brevi saggi da proporre in libri
preziosi dal punto di vista tipografico con, all’interno, un’opera
originale di un artista contemporaneo. La De Piante va in senso opposto
alla semplificazione, all’editoria digitale e allo strapotere del
marketing. Prevede per i primi 2-3 anni dai tre ai cinque titoli con
basse tirature. Tra i testi in cantiere: un resoconto di viaggio di
Piero Chiara con Ezra Pound del 1960, un Fruttero e Lucentini del ’74,
Giorgio Saviane, Giovanni Arpino e Curzio Malaparte.