venerdì 2 dicembre 2016

Corriere 2.12.16
10 ragioni contro la riforma
È uno specchietto per le allodole
di Anna Falcone
Cosentina, 45 anni, laureata in Giurisprudenza all’università La Sapienza di Roma, dottorato di ricerca in Scienze bioetico-giuridiche all’Università di Lecce, avvocato cassazionista, attivista antimafia, è vicepresidente del comitato per il No al referendum del 4 dicembre

1 «L’unica certezza che abbiamo, non essendoci ancora la legge sull’elezione dei senatori, è che il nuovo Senato non sarà una Camera eletta a suffragio universale. Trovo molto grave che Renzi mostri la scheda per l’elezione dei senatori che si riferisce a una legge ancora non approvata dal Parlamento. Il doppio lavoro dei senatori è un elemento di disfunzionalità: il sindaco e il consigliere regionale sono chiamati a svolgere una funzione amministrativa, basata sulla velocità delle decisioni. Invece il senatore, che svolge una funzione politica, dovrebbe badare di più alla ponderatezza delle sue scelte legislative. E poi, non essendoci vincolo di mandato come nel Bundesrat tedesco, non è detto che il senatore eletto in una regione poi finisca per tutelare gli interessi di quel territorio».
2 «Chi sostiene questa riforma non racconta che in tutta la storia repubblicana soltanto due governi sono caduti perché è venuta meno la fiducia in uno dei due rami del Parlamento. I governi spesso cadono a causa di accordi fatti fuori dal palazzo. Noi avremmo preferito un sistema più efficiente che puntasse a una vera stabilità dei governi. Bastava inserire nella riforma la sfiducia costruttiva: perché un parlamentare, se sa che perderà il posto, ci pensa due volte prima di sfiduciare il governo che sostiene. E di tutto questo non c’è traccia nella riforma».
3 «Non si modifica più di un terzo della Costituzione per risparmiare, come certificato dalla Ragioneria generale, 50 milioni di euro. Praticamente 80 centesimi per ogni italiano, un caffé a testa ci frutta questa riforma. Dunque, la domanda viene spontanea: vale giusto un caffé una riforma che punta a rafforzare i poteri del governo a scapito dei diritti dei cittadini? La razionalizzazione dei costi della politica va perseguito tutti i giorni e in ogni settore. Invece qui siamo davanti al classico specchietto per le allodole per convincere gli elettori. Le Province, poi, muoiono una seconda volta. Come dire, (ri)spariscono. Si potevano risparmiare somme maggiori con un serio contrasto all’evasione fiscale».
4 Molti costituzionalisti, dopo aver scandagliato il nuovo articolo 70, hanno contato tra i 7 e 13 procedimenti legislativi diversi. L’articolo 70 tratta in modo confuso i vari percorsi che dovranno seguire le leggi: saranno all’ordine del giorno contenziosi continui tra Camera e Senato. Le questioni che oggi si risolvono nella giunta del regolamento della Camera o del Senato domani finiranno sotto forma di conflitto tra poteri davanti alla Corte costituzionale. Quindi questa non è una riforma che velocizza il procedimento legislativo e che dà la necessaria trasparenza all’iter delle leggi. E pensare che per risolvere molti di questi problemi bastava mettere mano, senza cambiare la Costituzione, ai regolamenti parlamentari».
5 «In realtà i limiti alla reiterazione dei decreti legge e i paletti per le leggi di conversione sono stati stabiliti da tempo dalla Corte costituzionale. Poi, con i disegni di legge da approvare a data certa è prevedibile che il governo monopolizzerà l’attività parlamentare con le sue proposte. In pratica, verrà estesa ancora di più la funzione di governo che invaderà definitivamente l’attività parlamentare. La divisione classica dei poteri rimarrà solo un lontano ricordo».
6 «Su questo punto emerge tutta l’asimmetria di questa riforma. Per il disegno di legge del governo da approvare a data certa è stabilito il limite massimo di 70 giorni. Invece, tutto viene rinviato ai futuri regolamenti parlamentari per i tempi di calendarizzazione delle leggi di iniziativa popolare, per le quali si triplica comunque il numero delle firme richieste ai richiedenti (da 50 mila a 150 mila). Dunque è un falso affermare che nella riforma c’è un obbligo di legge per la calendarizzazione dei testi di iniziativa popolare: i tempi, le forme e i limiti dell’esame di queste proposte saranno infatti stabiliti dai regolamenti parlamentari che le varie maggioranze parlamentari decideranno di modificare. Sul referendum abrogativo non è stata affrontata l’unica questione rilevante per chi li promuove: le modalità di raccolta delle firme che oggi comportano il pagamento dei cancellieri per l’autentica delle firme. In questo modo si riduce l’iniziativa referendaria a gruppi organizzati e finanziati, alle lobby e ai partiti».
7 «Il controllo preventivo di costituzionalità della legge elettorale può essere utile ma non risolutivo. Perché le leggi, soprattutto quelle elettorali, vanno scritte bene a monte. E poi il plenum della Corte ha una composizione a geometria variabile: quello che oggi è incostituzionale domani — con un plenum diverso che è composto anche da 5 giudici eletti dal Parlamento e 5 di nomina presidenziale — potrebbe non esserlo».
8 «Ci preoccupa molto quello che può succedere dopo il settimo scrutinio. Chi infatti ha il 54% dei seggi parlamentari grazie al premio di maggioranza dell’Italicum poi, sulla carta, avrebbe anche i numeri per boicottare i primi sette scrutini per l’elezione del capo dello Stato. E dal settimo scrutinio in poi c’è la possibilità che il partito di maggioranza relativa il capo dello Stato lo elegga da solo».
9 «Si elemina la legislazione concorrente proprio al termine di un lungo periodo in cui la Consulta ci ha detto quali sono i confini e i limiti tra la legislazione regionale e quella statale. Sulla Sanità, che poi è la più strategica delle materie e sulla quale il governo ha molto speculato in queste settimane, la formula della nuova riforma è comunque opaca: allo Stato, le linee generali e alle Regioni, la programmazione e l’organizzazione dei servizi sanitari. E a proposito di federalismo fiscale, si conferma che le Regioni, anche per la Sanità, potranno contare soprattutto sul gettito fiscale locale. Ma questo vuol dire che le Regioni più povere del Sud saranno ancora una volta penalizzate».
10 «È l’ennesimo elemento di asimmetria della riforma. Così si creano cittadini di serie A, che vivono nelle cinque Regioni a statuto speciale, e di serie B che vivono in quelle a statuto ordinario. Queste saranno private di molti poteri, quelle speciali manterranno tutte le prerogative. Quelle ordinarie, con la clausola di supremazia esercitata dallo Stato, potranno essere private anche delle materie residuali. Quelle speciali sono blindate: i loro statuti potranno cambiare solo con il loro consenso».