Corriere 14.11.12
Cattolici diffamati
l protestante Rodney Stark smentisce le «leggende nere» sulla chiesa di Roma
di Paolo Mieli
ILa
Baylor University di Waco (Texas) è nota dal 1845, anno in cui fu
fondata, per essere il più grande ateneo battista, per la sua gloriosa
squadra di football — i Baylor Bears — e per essere stata fino a poco
tempo fa un centro mondiale dell’ostilità alla Chiesa di Roma.
Quest’ultimo elemento accresce il valore di un libro, False
testimonianze (edizioni Lindau), che un docente della stessa Baylor,
Rodney Stark, ha ideato per «smascherare alcuni secoli di storia
anticattolica». «Non sono cattolico», afferma Stark nella prefazione, «e
non ho scritto questo libro per difendere la Chiesa; l’ho scritto per
difendere la storia». «Confesso», ricorda Stark, «che quando per la
prima volta mi sono imbattuto nell’affermazione secondo cui non solo
l’Inquisizione spagnola sparse ben poco sangue, ma fu essenzialmente una
forza di primo piano a sostegno della moderazione e della giustizia,
l’ho liquidata tra me e me come l’ennesimo esercizio di bizzarro
revisionismo da parte di qualche autore a caccia di notorietà». Poi però
lo studioso iniziò a fare delle accurate ricerche e scoprì che era
stata proprio l’Inquisizione a impedire che la sanguinosa caccia alle
streghe, dilagata in gran parte dell’Europa nel XVI e XVII secolo,
attecchisse anche in Spagna e in Italia dove, per strano che possa
sembrare, «invece di bruciare le streghe gli inquisitori mandarono sulla
forca alcune persone colpevoli di aver bruciato le streghe».
Una
per una Stark smonta molte delle «colpe» che gli storici hanno
attribuito per anni alla Chiesa cattolica. Non per negarle, bensì per
ricondurle alla loro giusta dimensione. Un discorso valido per le
crociate, per l’«oscurantismo che avrebbe soffocato il Medioevo», per lo
scontro con la scienza. E ancora a proposito della supposta
predilezione cattolica per i regimi tirannici, dell’opposizione al
capitalismo e più in generale alla modernità. Uno dei primi miti da
abbattere è per Stark quello secondo cui la Chiesa per secoli sarebbe
stata favorevole alla schiavitù. È vero che papa Innocenzo VIII nel 1488
accettò in dono da Ferdinando d’Aragona un centinaio di schiavi e ne
regalò alcuni ai suoi cardinali preferiti. Ma, secondo Stark, è assai
più significativo che dal Duecento san Tommaso d’Aquino avesse stabilito
che la schiavitù è peccato; che nel Quattrocento papa Eugenio IV avesse
minacciato di scomunica gli spagnoli che nella colonizzazione delle
isole Canarie avevano schiavizzato le popolazioni indigene; che nello
stesso secolo i pontefici Pio II e Sisto IV avessero emanato bolle
antischiaviste; che lo stesso abbia fatto — nel Cinquecento — Paolo III,
riferendosi esplicitamente al Nuovo Mondo. E così fece, nel Seicento,
anche Urbano VIII su sollecitazione dei gesuiti del Paraguay. Anzi, fu
proprio l’ostilità dei gesuiti latinoamericani allo schiavismo —
condivisa dalla Chiesa di Roma — a provocare l’urto tra alcune potenze
europee e l’ordine fondato da sant’Ignazio di Loyola. Conflitto che si
sarebbe concluso con la temporanea soppressione dell’ordine stesso. Una
vicenda che andò di pari passo con la fondazione (nel 1609), a opera di
Antonio Ruiz de Montoya, della Repubblica gesuitica del Paraguay, che
copriva un’area grande il doppio della Francia ed era strutturata in una
trentina di Reducciones , le rivoluzionarie comunità di indiani
Guaraní.
A proposito dell’evoluzione scientifica, Stark tiene a
ribadire che Galileo «non trascorse mai neppure un solo giorno di
prigione e in realtà finì nei guai non per la sua scienza
(l’Inquisizione spagnola non proibì mai i suoi libri) ma per la sua
arrogante doppiezza». Parole destinate, come non poche altre contenute
in questo libro, ad avere più di una scia polemica. L’autore dimostra
inoltre come sia del tutto non corrispondente al vero che nel 1829 papa
Leone XII abbia proibito la vaccinazione contro il vaiolo sostenendo,
come scrisse Georgina Sarah Godkin in una biografia di Vittorio Emanuele
II, che quel male dovesse aver libero corso ed essere considerato una
«punizione divina». La storia dell’opposizione di quel Papa ai vaccini è
«falsa». Per giunta, prosegue Stark, «i grandi successi scientifici del
XVII e del XVIII secolo non furono ottenuti a dispetto della Chiesa»;
al contrario rappresentarono il culmine del progresso scientifico che,
nel corso dei secoli, si ebbe nelle «università fondate, controllate e
sovvenzionate dalla Chiesa».
Del tutto falso — ribadisce poi
Rodney Stark — che il conflitto tra Cristoforo Colombo e gli esperti
della Chiesa, dubbiosi sul suo viaggio del 1492, avesse come materia del
contendere, anche marginale, la sfericità dell’orbe terracqueo, un dato
acquisito da secoli. L’opposizione contro cui Colombo dovette
scontrarsi non riguardava la forma della Terra, bensì il fatto che, nel
calcolare la circonferenza del globo, il navigatore «si sbagliava alla
grande». Era infatti convinto che la distanza tra le Canarie e il
Giappone fosse di 14 mila miglia, mentre i dotti di Salamanca
sostenevano che quel calcolo era difettoso talché — se non si fossero
imbattuti nell’emisfero occidentale — Colombo e i suoi sarebbero
inevitabilmente scomparsi tra i flutti. E avevano ragione. Che non si
fosse neanche posta come tema di discussione la sfericità della Terra è
dimostrato poi dal libro del figlio di Colombo, Storia dell’Ammiraglio ,
che racconta tutto della vita del padre, ma non fa alcun cenno a quella
supposta controversia. Controversia che, tra l’altro, restò sconosciuta
per trecento anni, finché nel 1828 lo scrittore Washington Irving non
la menzionò in un libro, La leggenda della Valle Addormentata ,
dichiaratamente fantasioso.
P assando a cose più drammatiche,
secondo Stark gli storici hanno sottostimato l’ostilità (o peggio) del
mondo comunista nei confronti dei cattolici. Ricorda Stark che, dopo il
crollo dell’Unione Sovietica, in Russia una commissione presidenziale
presieduta da Aleksandr Jakovlev (già braccio destro di Mikhail
Gorbaciov) ebbe accesso ad archivi che contenevano carte fino a quel
momento non consultabili, da cui emergeva che circa 200 mila religiosi
(tra cui molti rabbini) erano stati giustiziati dal regime sovietico.
L’autore definisce «scioccante» questo rapporto pressoché sconosciuto,
in cui, sulla base di una documentazione inoppugnabile, si racconta
dettaglio per dettaglio come «il metropolita Vladimir di Kiev venne
mutilato, evirato e infine ucciso con un colpo di arma da fuoco,
dopodiché il suo corpo fu esposto nudo al pubblico ludibrio». E come il
metropolita Veniamin di San Pietroburgo, destinato a succedere al
patriarca, non ebbe sorte migliore: «Denudato e cosparso di acqua fredda
nel gelo russo, fu trasformato in un pilastro di ghiaccio». Il vescovo
Germogen di Tobolsk, invece, «fu legato vivo alla ruota di un battello a
vapore e maciullato dalle lame rotanti». L’arcivescovo Vasilij «fu
crocefisso e bruciato».
È una cosa stupefacente, scrive l’autore,
che nella pubblicistica occidentale questi dati non abbiano trovato
spazio adeguato. Peggio ancora: negli anni Sessanta «molte autorevoli
personalità dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti smentirono tutti
i rapporti sui maltrattamenti subiti dal clero in Unione Sovietica,
bollandoli come disinformazione diffusa da reazionari e fascisti». E nel
descrivere queste atrocità le pagine di David B. Barrett e Todd M.
Johnson (mai tradotte qui in Italia) lasciano esterrefatti. Qualcosa di
analogo si può dire per la guerra civile spagnola, anche se questa
vicenda è qui da noi più conosciuta: poco prima dell’intervento golpista
di Franco il regime repubblicano (o comunque gruppi che a esso si
richiamavano) fece fuori un ragguardevole numero di uomini e donne di
Chiesa.
Più complicata è la questione della matrice cattolica
dell’antisemitismo. Stark non ha un partito preso ma — come già fece
Peter Schäfer in Giudeofobia. L’antisemitismo nel mondo antico (Carocci)
— tiene a ricordare che Lucio Anneo Seneca — più o meno coevo di Cristo
— definì gli ebrei «razza maledetta». Che Marco Tullio Cicerone, nato
un secolo prima di Cristo, aveva sostenuto essere le pratiche ebraiche
«in contrasto con la gloria del nostro impero e la dignità del nostro
nome». Che Cornelio Tacito (56-117 d.C.) quelle stesse pratiche le
definì «sinistre e disgustose», accusando gli ebrei di essersi
«emarginati da soli con la loro stessa malvagità». Poi Stark sottolinea
che gli ebrei vennero cacciati da Roma 139 anni prima della nascita di
Gesù, con un editto in cui li si accusava d’aver tentato di «introdurre i
loro riti» presso i romani allo scopo di «contaminarne la morale».
L’autore cita quindi scritti ostili agli israeliti di Diodoro Siculo
(90-30 a.C.), Strabone (63 a.C.- 24 d.C.), Apione (20 a.C. - 45 d.C.).
Dopodiché venne l’epoca delle guerre giudaiche dei romani contro gli
ebrei di Palestina (6 6-135).
Infine — sostiene Stark — nei primi
mille anni di storia della Chiesa si può rinvenire un unico importante
episodio riconducibile ad antisemitismo cristiano: nel 554 una folla
inferocita uccise alcuni ebrei a Clermont, nella Gallia meridionale e,
particolare rilevante, ne costrinse altri al battesimo. Dopodiché, come
già fece osservare Léon Poliakov nella sua Storia dell’antisemitismo
(Sansoni), «fino all’XI secolo, nessuna cronaca parla di esplosioni di
odio popolare contro gli ebrei».
E veniamo all’epoca delle
crociate. Quale fu il primo episodio di aggressione a una comunità
ebraica? Il 3 maggio 1096, Emich di Leisingen, un conte nominato
reggente della Renania da Enrico IV partito per la Prima crociata,
attaccò gli ebrei di Spira. Era circolata una voce secondo cui, prima di
marciare verso Oriente, Enrico IV avrebbe pianificato di eliminare
tutti gli ebrei renani. La voce si era rivelata infondata, l’imperatore
stesso l’aveva smentita in modo netto, ma Emich non smise di ritenere
che «non avesse senso compiere una spedizione per sconfiggere i nemici
di Dio in Oriente e lasciarsi alle spalle i nemici di Cristo». A
sorpresa, però, il vescovo di Spira prese sotto la sua protezione gli
ebrei della città. A quel punto Emich si diresse su Worms e però anche
qui il vescovo difese gli israeliti. Il conte andò allora a cercare
città che non fossero presidiate da vescovi. Thomas F. Madden — in Le
crociate. Una storia nuova (Lindau) — dà grande risalto al fatto che i
Papi condannarono questi primi episodi di antisemitismo. E Steven
Runciman, nella Storia delle crociate (Einaudi), fece notare che quando
poi i cavalieri ungheresi sconfissero l’esercito di Emich, i cristiani
considerarono l’evento una «punizione inflitta dall’alto ai massacratori
di ebrei».
Poi, al tempo della Seconda crociata, si ebbero
massacri di ebrei a Colonia, Magonza, Metz, Worms e Spira. In questo
caso un monaco di nome Radulf contribuì a creare i tumulti antisemiti.
Tuttavia, precisa Stark, «il numero delle vittime sarebbe stato molto
più elevato se non fosse intervenuto San Bernardo di Chiaravalle, che si
precipitò in Renania e ordinò di mettere fine ai massacri» come è
attestato da un cronachista ebreo, Efrem di Bonn.
E l’ostilità
ebraica nei confronti dei cristiani? Qui Stark fa sua la tesi contenuta
in un importante libro di Heiko Oberman, Lutero, un uomo tra Dio e il
diavolo (Laterza), secondo il quale alcuni brani ferocemente
anticristiani, che si riteneva provenissero dal Talmud, erano
riconducibili a un frate spagnolo del XIII secolo (un domenicano al
quale erano stati fatti pervenire da ebrei convertiti al cristianesimo).
Tali brani furono successivamente ripresi da Martin Lutero, che però li
fece propri alcuni anni dopo la pubblicazione (nel 1517) delle 95 tesi
affisse sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg. Secondo la
ricostruzione di Thomas Kaufmann (in Gli ebrei di Lutero, edito dalla
Claudiana) la conversione di Lutero all’antisemitismo si colloca nel
lasso di tempo che va dallo scritto Gesù Cristo è nato ebreo (1523) al
terribile Degli ebrei e delle loro menzogne , nel quale il padre della
Riforma si spinge ad auspicare il rogo delle sinagoghe.
Questo
tema è stato recentemente approfondito da Angela Pellicciari in Martin
Lutero (Cantagalli), là dove sottolinea che il grande riformatore puntò
l’indice contro gli ebrei perfino nell’ultima predica pronunciata a
Eisleben il 15 febbraio 1546, tre giorni prima della sua morte. Questa
predica contiene una curiosa premonizione: «Chi impedisce agli ebrei di
tornare in Giudea?», domandava Lutero. «Nessuno», rispondeva; «forniremo
loro tutte le provviste per il viaggio, pur di liberarci di questi
parassiti disgustosi; essi sono un terribile peso per noi, una vera
calamità, sono la peste in mezzo a noi». La Pellicciari ricorda che al
processo di Norimberga uno degli imputati, l’editore nazista Julius
Streicher, si difese così: «Da secoli ci sono in Germania edizioni di
scritti antisemiti. Mi hanno sequestrato un libro del dottor Martin
Lutero. Se l’accusa prendesse in considerazione questo libro, il dottor
Martin Lutero siederebbe oggi al mio posto sul banco degli accusati». E
qui — come è evidente — la Chiesa cattolica non c’entra nel modo più
assoluto.