Corriere 10.12.16
Ritratto di Ingrao il comunista «acchiappanuvole»
di Massimo Rebotti
L’incontro
: il libro di Giovanni Zucca Pietro Ingrao, mio fratello sarà
presentato domani a Roma nell’ambito del festival «Più libri più
liberi». L’incontro si terrà alle ore 12 presso la Sala Diamante del
Palazzo dei Congressi dell’Eur (piazzale Kennedy 1). Insieme all’autore
interverrà il disegnatore satirico Vauro Senesi. Moderatrice Elisabetta
Amalfitano
Pietro Ingrao è morto a 100 anni, poco più
di un anno fa. Attorno alla figura dell’«eretico» del Pci sono usciti
due libri che lo raccontano da prospettive meno consuete: quella della
sorella Giulia e quella delle lettere scambiate con la moglie Laura
Lombardo Radice. In Pietro Ingrao, mio fratello (L’Asino d’oro, pagine
291, e 16) la vita del dirigente comunista viene descritta attraverso lo
sguardo della sorella minore. La visuale di Giulia Ingrao — che, scrive
l’autore Giovanni Zucca, coltiva come il fratello «la pratica del
dubbio e il senso di una direzione» –— è per natura del tutto diversa
dal ritratto che ne potrebbe fare uno storico. Alla base, qui, ci sono
un legame personale fortissimo e una vita condotta «con meno clamore» —
Giulia farà l’insegnante e non si iscriverà mai al Pci —, «ma senza
sentirsi mai nella sua ombra».
«Mi piacciono troppe e disparate
cose nella vita» diceva di sé Pietro Ingrao e anche nel racconto della
sorella «la curiosità» torna a più riprese come motore dell’esistenza.
Da quando, piccola, gli cammina accanto per accompagnarlo a comprare le
riviste letterarie fino ai ricordi adulti, la passione per il cinema e
la poesia. La politica è inevitabilmente il centro, ma, a differenza di
quanto si può dire per altri leader che hanno attraversato il Novecento,
non è tutto.
Per Ingrao l’anno di svolta è il 1936, con la guerra
di Spagna, ma agli occhi di Giulia continuerà ad apparire un
«riluttante». «Sono stato preso a calci dalla politica», dirà il primo
presidente comunista della Camera dei deputati per descrivere una
passione impetuosa, ma non esclusiva. Nei ricordi della sorella,
infatti, c’è il periodo da giornalista, quando Palmiro Togliatti gli
affidò la direzione dell’«Unità» per farne «il “Corriere della Sera”
degli operai e non una “Pravda” all’italiana».
Proprio alla guida
del quotidiano, nel 1956 dei carri armati sovietici a Budapest, iniziano
i dubbi e Ingrao progressivamente si fa la fama «dell’utopista,
dell’acchiappanuvole» fino allo scontro aperto con il gruppo dirigente
del Pci e a quella frase, semplice e dirompente, pronunciata durante il
congresso del 1966 davanti ai suoi avversari — «non sarei sincero se
dicessi a voi che sono rimasto persuaso» — che in un attimo lo rende
«eretico». Per la sorella Giulia questa attitudine è il suo vero
lascito: «Il comunismo — dice lei — ha cercato di dare risposte ai
bisogni: il lavoro, la casa, la scuola. Tutto sacrosanto, eppure… Dopo
aver soddisfatti i bisogni materiali, non ti manca qualcos’altro?». La
sua domanda richiama una delle ultime riflessioni del fratello: «La
politica non ha da dire niente sull’ozio, sull’esitare; la politica non
ci dice chi siamo, si occupa del consumare, non dell’andare a zonzo».
Il
libro a cura di Chiara Ingrao Soltanto una vita (Baldini &
Castoldi, pagine 408, e 16) è invece una biografia di Laura Lombardo
Radice, partigiana, attivista di base del Pci e insegnante nel carcere
di Rebibbia. Moglie di Pietro e madre dei cinque figli: «Un misto di
grazia e rigore», diceva lui. In questa nuova edizione del libro (uscito
per la prima volta nel 2005) vengono pubblicate dieci lettere finora
inedite di un amore iniziato, insieme alla politica, nella Roma occupata
dai nazisti e proseguito per tutta la vita.