martedì 1 novembre 2016

Repubblica Salute 1.11.16
Coma. Cerco la coscienza che è laggiù in attesa
Nove letti al Niguarda E una ricerca per capire se c’è vita vigile nelle persone in stato vegetativo
Il reparto è un acquario di corpi Un vuoto pieno di punti interrogativi Le macchine fanno parte del lavoro Il resto lo fanno le nostre scelte
di Valerio Millefoglie

UNA RAGAZZINA di dodici anni apre gli occhi e dice alla madre, «Mamma come sei invecchiata». La madre le risponde, «Anche tu stai invecchiando». La figlia precisa, «No, io sto crescendo». Sono le prime parole che si dicono dopo un mese di silenzio, da quando la figlia, a seguito di una caduta da cavallo, è entrata in coma. Accadeva l’anno scorso e oggi sono tornate nel reparto di Neurorianimazione dell’Ospedale Niguarda di Milano, per salutare medici, infermieri e lasciare un messaggio su un grande libro posto all’ingresso del reparto. La ragazzina disegna un cuore e scrive le sue iniziali. Arturo Chieregato, primario del reparto, conserva i libri dei famigliari provenienti da tutti gli ospedali in cui ha lavorato: quattordici anni a Cesena, tre anni da primario al Careggi di Firenze, al Policlinico di Milano, a Ferrara, in piccoli ospedali nel Polesine, e da un’anno a Milano. Sotto il camice indossa una polo della marina miliare, dei jeans e delle scarpe da ginnastica. All’orecchio destro porta un vistoso auricolare senza fili, come se da un momento all’altro qualcuno potesse chiamarlo da un’astronave. Fuori da una grande stanza a mezzaluna c’è scritto, “Centralina”. È una torre di controllo con vista su sei dei nove letti di tutto il reparto. Un acquario di corpi in attesa. Il vuoto qui è uno dei punti più osservati dai familiari dei pazienti. Quello dove ci sono tutti i punti interrogativi. Posano delicatamente la mano su un braccio del figlio, accarezzano una guancia del marito, infilano un dito nel pugno stretto della sorella, come a immaginare una volontà di affetto da parte di questa. Subito dopo sollevano lo sguardo in alto. Viene da immaginare un cielo sopra il quale galleggiano i pensieri. Chiedo a Chieregato dove pensa si trovi la coscienza delle persone in coma. «È lì dentro, in fondo, da qualche parte - risponde - dentro la testa», dove sono le basi biologiche per rievocarla.
Nel 2012, per la fase pilota di uno studio sul coma, sono stati interrogati i cervelli di dieci pazienti di questo reparto. L’obiettivo era capire se, nonostante lo stato vegetativo, vi fosse un residuo di coscienza. Su uno dei nove letti oggi c’è il soggetto della seconda fase di studio finalizzata a capire se il paziente si risveglierà e in che stato si risveglierà, con quale grado di disabilità e di conseguenza come poterlo aiutare al meglio. Mentre pone domande agli anestesisti o alle specializzande, Arturo Chieregato poggia una mano sopra le loro spalle. Come a volerli sostenere, o a volersi sostenere. «Siamo dei controllori di noi stessi spiega - le macchine attorno al paziente fanno il 40% del lavoro, il resto lo fanno le nostre scelte. Per questo ci sosteniamo, e siamo di sostegno a tutti gli altri reparti affinché possano trattare pazienti sempre più complessi».
Una spiaggia d’estate arriva sul comodino accanto a uno dei letti. Il paziente è ritratto in una foto di vacanza con la famiglia. Nella sala d’attesa è seduto un signore con una valigia, è appena arrivato da un altro continente. Su un monitor, tra i dati dei battiti cardiaci e della temperatura, c’è il nome di una donna. In ogni angolo del reparto si nascondono scampoli di biografie. I denti parlano per conto della bocca, quanto sono curati può dirci di quanto fosse curata la persona. Il modo in cui un paziente reagisce agli stimoli può dire qualcosa del suo carattere. Vengono tutti chiamati per nome. Più volte. Salutati. Avvisati, «Sa chi sta arrivando? Sta arrivando sua figlia». Durante il colloquio con i familiari, una donna dice a Chieregato: «Mi dia una sola cosa buona, una bella notizia che io possa portarmi a casa stasera». Da uno degli altoparlanti posti nella centralina si sente una canzone: «Bruci la città e viva nel terrore, nel giro di due ore svanisca tutto quanto, svanisca tutto il resto ».