Repubblica 7.11.16
La sfida di Matteo se passa il No “Si vota, non mi farò rosolare”
Per
“spersonalizzare” il premier non dice più che si dimetterà se il
referendum sarà bocciato. Ma la linea è “niente palude”. Al massimo un
governo-ponte fino a maggio
La “versione” di Guelfi, fedelissimo nel cda Rai: “Alle elezioni Matteo taglierà Bersani e i suoi”
di Tommaso Ciriaco
FIRENZE.
«Si è capito che io vado avanti solo con il Sì? E che se perdo mi
dimetto, perché non ho nessuna intenzione di restare a Palazzo Chigi per
farmi rosolare da quelli là?». Backstage della Leopolda. Nel cuore di
un privé improvvisato, Matteo Renzi detta la linea ai centurioni. La
camicia bianca è zuppa di sudore, ma lo stringono comunque fin quasi a
soffocarlo. Dal palco, il premier ha appena allargato il fossato che lo
divide dalla Ditta, colpevole di manovrare per un «governicchio ». Ha
avvicinato di un altro passo la scissione dei suoi nemici interni.
Quanto a se stesso, è deciso a dimettersi in caso di sconfitta. Non può
dirlo pubblicamente, perché ha deciso di “spersonalizzare” il 4
dicembre, ma mai accetterà di farsi «rosolare». Ed è questa, assicura,
l’unica strada per garantire al Pd - e al renzismo - un futuro alle
prossime politiche. Certo, potrebbero tentare di costringelo a un rapido
“traghettamento” verso nuove elezioni. Ma lui potrebbe essere costretto
a concedere al massimo un breve sostegno (fino a maggio) a un’altra
soluzione - «alla Padoan» - e costruire proprio su questa “distanza” la
campagna elettorale. Candidamente, lo conferma anche Guelfo Guelfi,
amico del leader e renziano nel cda Rai: «Vedrete, se perde Matteo si
farà da parte, riformerà l’esercito e ci porterà ad elezioni. È questa
la nostra finale di Champions, non il referendum. Sì, certo, senza
Bersani e i suoi. È quello che aspettiamo da sette Leopolde...».
I
tempi sono duri, i toni adeguati al livello dello scontro. Abbracci
agli amici e botte ai nemici. Quando incrocia l’attore Alessandro
Preziosi, lo stringe a sé: «Il tuo intervento mi ha commosso, grazie».
Al suo fianco, nell’edizione più delicata, c’è anche la moglie Agnese,
mentre uno dei suoi figli fa addirittura i compiti nel retropalco. Sulla
scena invece si battaglia. Aver conquistato Gianni Cuperlo alla causa è
importante, spiega Renzi, perché avvicina un primo obiettivo:
«Dimostrare che anche la minoranza più ragionevole del Pd è con noi.
Ormai è chiaro che chi vota No sceglie un’altra strada». Per coprire
anche il fianco sinistro, a dire il vero, il capo del governo investe
molto anche nella “missione sindaci”. Il primo cittadino di Bari Antonio
Decaro marca a uomo il collega di Cagliari, Massimo Zedda - «vieni con
noi, entra nel Pd» - mentre proprio l’ex sindaco di Milano è vicino a
sciogliere la riserva: «O entriamo nel Partito democratico - è la linea -
o costruiamo un soggetto di sinistra che dialoga con Renzi».
Il
secondo obiettivo di Renzi, più delicato, è tenere assieme i gruppi
parlamentari. Non può permettersi di perdere il controllo del partito,
in caso di crisi. «Non possiamo accettare la palude ». Gli volteranno le
spalle i bersaniani, questo è certo. Non a caso ha bisogno di Dario
Franceschini, presente ieri a Firenze. Sulla sua lealtà i renziani hanno
rassicurato il leader, riferendo quanto andrebbe ripetendo in privato
proprio il ministro: «Per me dopo Renzi c’è solo Renzi». Che prevalga il
Sì o il No, resta un dettaglio di non poco conto: con che legge si
tornerà a votare? «Se la riforma passa - assicura il capogruppo dem
Ettore Rosato abbiamo già l’accordo per modificare l’Italicum. Anche i
berlusconiani ci hanno fatto sapere di essere interessati a ragionare». E
se invece prevalesse il No? «A quel punto vedo le urne».
Non
tutti, a dire il vero, sono felici di archiviare l’attuale sistema
elettorale: «Rinunciare al ballottaggio - ragiona Roberto Giachetti -
sarebbe un suicidio. Vogliamo davvero suicidarci?». Giachetti comunque
si adeguerà alla maggioranza, il problema è l’ostilità della falange del
No. Non si tratta solo di Pierluigi Bersani e Roberto Speranza, ormai,
in campo c’è anche il “fattore Emiliano”, schierato contro la riforma. E
nelle ultime ore proprio il governatore, conversando con qualche amico
che provava a “placarlo”, non ha celato ambizioni di leadership: «Non
posso votarla. Lo so, con il No Renzi può cadere e perdere il controllo
del partito. Ma tranquilli, nel caso servisse io sono a
disposizione...».