Repubblica 5.11.16
Gramsci in love
Quella misteriosa cartolina che nasconde un triangolo
La passione per le sorelle Eugenia e Giulia Schucht e la politica svelati in un disegno di Antonio del 1922
IL LIBRO La cartolina di Gramsci di Noemi Ghetti (Donzelli pagg. 174, euro 19,50)
di Simonetta Fiori
«Prendetelo
prendetelo, è un controrivoluzionario», grida una donna magrissima e
scarmigliata, le braccia allungate come tenaglie su un letto che se la
dà a gambe levate. Davvero una strana cartolina, anche un po’ esoterica
tra sfingi, piramidi, curiosi simboli grafici. Chissà cosa deve aver
pensato Eugenia nel ritirarla tra la posta di Serebriani Bor, il
sanatorio alla periferia di Mosca dove da tempo era ricoverata per un
esaurimento nervoso. Delle cinque sorelle Schucht era la terzogenita,
quella più politicizzata, d’una bellezza un tantino legnosa, mortificata
dalle vestine color topo, soprattutto resa opaca dalla malattia che ne
irrigidiva i movimenti e l’espansività emotiva. Certo la doppia firma
dello stravagante cartoncino sarà stato un colpo al cuore: Antonio e
Iulka insieme, il rivoluzionario sardo di cui s’era invaghita nei
corridoi della clinica e la sorella violinista dal fascino enigmatico.
Era stata Eugenia a presentarli durante una delle visite in sanatorio.
«Ecco, Antonio, questa è mia sorella Giulia. E questo è il compagno
Antonio Gramsci». Lui era rimasto trafitto dall’ovale con gli zigomi
alti e gli occhi allungati, una lunga treccia sulle spalle. «Che viso
magnifico ha sua sorella! Ha qualcosa di bizantino, non è vero?».
Non
sappiamo se Eugenia abbia ripensato a quelle parole mentre cerca di
interpretare la criptica cartolina. È passato solo un mese dall’incontro
tra Giulia e il compagno Gramsci. Però il nuovo messaggio appare
inequivocabile: «carissima compagna nonché sorella, ci troviamo riuniti
nella stanza numero 5 Sovietskie nomerà, è l’una del mattino, e siamo
invidiosi che lei possa giocare… mentre noi siamo costretti a fare dei
discorsi nei congressi dei cinovniky… ». Sono insieme, in una stanza
d’albergo, all’una di notte. Allegri e spiritosi. Forse già innamorati.
Quante
storie possono nascondersi in una cartolina disegnata durante una notte
felice, il 16 ottobre del 1922. La più evidente è una trama d’amore, o
meglio di un triangolo sentimentale che non sarà facile risolvere, e
infatti non si risolverà, destinato a complicarsi in un quadrangolo con
la comparsa sulla scena della terza sorella Tania Schucht. Quella più
nascosta è una storia che investe la politica, cosa piuttosto complicata
nell’autunno del 1922 a Mosca. Arrivato in giugno per partecipare ai
lavori dell’esecutivo dell’Internazionale comunista, il compagno Gramsci
poco più che trentenne deve vedersela con il dogmatismo di Lenin
peraltro già colpito da ictus, con il compagno segretario Bordiga di cui
non condivide le scelte politiche e con le camicie nere pronte a
marciare su Roma. Inutile aggiungere che amore e politica sono sfere
maldestramente intrecciate nel prolungato grigiore che precede il
totalitarismo. Fu casuale la conoscenza tra Nino e le sorelle Schucht,
figlie dell’aristocratico Apollon, amico personale di Lenin? O furono
Eugenia e Giulia sollecitate dagli apparati comunisti a controllare il
bravo ma indocile compagno italiano? E la vigilanza politica può
escludere del tutto un coinvolgimento sentimentale? A Noemi Ghetti il
merito di essersi inoltrata in un terreno scivoloso, valorizzando un
documento non inedito ma passato finora inosservato ( La cartolina di
Gramsci. A Mosca tra politica e amori, 1922- 1924, Donzelli). E di
averci costruito sopra una storia non sempre coerente nella
ricostruzione ma rivelatrice di aspetti meno indagati della biografia
gramsciana.
Torniamo alla notte in cui viene scritta la strana
cartolina destinata a Genia. Gramsci si trova a Ivanovo – un centro
tessile noto come la Manchester russa – per partecipare a una
manifestazione di partito. Con lui è Giulia che fa da interprete, avendo
imparato l’italiano negli anni trascorsi a Roma con la famiglia. Che
cosa è saltato nella testa di entrambi? Certo il desiderio di prendere
le distanze dalla severa Eugenia, soppiantata nel cuore di Nino dalla
bellezza morbida di Giulia. La figuretta disseccata che grida al
“controrivoluzionario” altri non è che la più inquadrata delle sorelle
Schucht, la comunista granitica che aveva lavorato come segretaria
nell’ufficio di Nadezda Krupskaja: era stata la moglie di Lenin a
favorirne il ricovero nella “foresta d’argento” per quella incertezza
sulle gambe. Mentre nel letto fuggiasco possiamo riconoscere l’altro
inquilino del sanatorio, Gramsci, che probabilmente cominciava a sentire
il peso di un’amicizia sentimentale zavorrata dalla malattia e dalla
ortodossia. Anche il titolo della cartolina può essere rivelatore: La
croce di Giulia, dove la croce va cercata nella rigida sorella maggiore.
Una cartolina liberatoria, in sostanza, con cui Giulia e Nino tentano
di uscire allo scoperto. Poche settimane prima, sempre Nino aveva
vergato una fantasiosa parodia de La croce, canzonetta popolare di
Pietro Paolo Parzanese, nella quale allo “stoccafisso” Eugenia viene
contrapposta la dolcezza saporita di Giulia. Tra nonsense, schizzi e
disegni è un momento di grande divertimento, forse dettato anche da
eccitazione per così tante attenzioni femminili.
E la politica?
Nonostante gli intrighi sentimentali, è la politica a restare in primo
piano. Un piano denso di rischi, visti i tempi confu- si. La
spregiudicatezza intellettuale di Gramsci si ritrova anche nella
cartolina, dove veste i panni scherzosi del “controrivoluzionario”. Ma
si dispiega soprattutto nell’amore per Aleksandr Bogdanov, politico,
medico e scrittore caduto pesantemente in disgrazia al cospetto di
Lenin. È La stella rossa di Bogdanov, già parzialmente censurato a
Mosca, il primo romanzo scelto da Gramsci da dare in traduzione a
Giulia. Ed è intorno a questo libro – una metafora dei limiti
dell’utopia rivoluzionaria – che si svolge l’iniziale corrispondenza tra
i due innamorati. Tra amori e politica, il biennio trascorso in Russia
tra il ‘22 e il ‘24 appare tra i più spericolati. Anche per la
confusione sentimentale di Nino, che continua a ronzare intorno a
Eugenia. Nel febbraio del 1923 è lei la destinataria di alcune lettere
d’amore erroneamente attribuite a Giulia. «Perché dice che è troppo
presto? Perché dice che il mio amore è qualcosa fuori di lei, che non la
riguarda? », insiste lui non senza qualche impudenza. Il filo con
l’altra sorella musicista non s’è mai interrotto. Quando Gramsci lascia
Mosca per Vienna, il 4 dicembre del 1923, Giulia è già in attesa del
primogenito Delio. Il loro sarà un amore bello e crudele, vissuto più in
assenza che in presenza, schiacciato tra due totalitarismi e da una
sofferenza psichica – quella di lei – forse anche esasperata dal doppio
registro tragico di sposa e controllore politico. E tra i piedi sempre
la ferrigna Eugenia, che si vendicherà dell’abbandono di Gramsci
prevaricando sulla fragile personalità della sorella.
Giulia ed
Eugenia, inseparabili anche nella trama nevrotica. Eccole ancora insieme
nella stagione della vecchiaia, in un grande caseggiato di Mosca
segnato dall’incuria. Un appartamento di tre stanze, le loro e quella
dedicata a Nino in fondo al corridoio, le pareti tappezzate di libri e
un vaso sempre pieno di fiori freschi. Chissà se avranno mai fatto cenno
a quella vecchia cartolina.