Repubblica 25.11.16
Renzi nell’impianto della nuova Giulia: “Il futuro è qui, però c’è chi è nostalgico della 126”
Marchionne: io dico Sì
Ma a Cassino gli operai deludono il premier “Ti voteremo contro”
di Paolo Griseri
CASSINO.
La riforma è la modernità, il fronte del No è la nostalgia. La metafora
è quella della nuova Giulia, la scommessa di Alfa Romeo per conquistare
i mercati mondiali, contrapposta «all’antica e gloriosa 126 che ancora
molti di noi ricordano con simpatia». Non tanto per l’auto, quanto per
l’utilizzo che ne faceva chi oggi ha 60 anni e all’epoca era ventenne.
La 126 è stata la prima automobile prodotta a Cassino nel 1972. La
Giulia è l’ultima nata sulle stesse linee.
Matteo Renzi arriva in
elicottero nello stabilimento sotto l’abbazia benedettina per raccontare
la parabola automobilistica: «Questa storia, quella della rinascita di
Fca, ci dice molto sull’Italia di oggi», spiega il premier e decritta:
«Tutti noi abbiamo nostalgia e affetto per le auto del passato ma
sappiamo che il futuro dei nostri figli non si nutre di nostalgie». Il
tema è quello dell’innovazione, del nuovo modo di produrre in un mondo
digitale e connesso (la famosa “industria 4.0” cui l’Anfia dedica il suo
convegno annuale) ma è anche quello di un’Italia divisa «tra chi ha
fame di futuro e chi del futuro ha paura preferendo soffermarsi a
piangere sul passato».
È un nodo che riguarda soprattutto la
sinistra, la mutazione genetica subita tra gli anni Sessanta, quando
incarnava a la richiesta di modernità e sviluppo del Paese, e le
posizioni di oggi, spesso arroccate sulla difesa dell’esistente. «Se
avessimo dato ascolto al partito del “no”, a coloro che prevedevano la
fine dell’automobile e si opponevano a ogni modifica nella fabbrica,
oggi non saremmo qui in uno stabilimento con 4.300 persone ». Il
paragone di Renzi è implicito ma non è un caso se la battaglia contro
Marchionne è stata condotta da quella stessa Cgil che oggi guida il
fronte del No al referendum.
Il sindacato di Camusso come i
nostalgici della 126? Non è la prima volta che il premier si presenta
come l’uomo della modernità contro il piccolo mondo antico. «Difendere
l’articolo 18 è come provare a mettere il gettone nell’iPhone», aveva
detto alla Leopolda. Era l’ottobre del 2014, sembra un’altra epoca. Il
Renzi sviluppista di Cassino è un premier in difficoltà nei sondaggi che
utilizza la metafora della Giulia Alfa Romeo per provare a risalire la
china. Visita rapidamente le linee con Marchionne. Il manager gli
riconosce «il merito di avere il coraggio di scommettere sul futuro, la
capacità di andare avanti anche se lo prendono a schiaffi». Un
endorsement per il Sì? «Io sostengo il Sì ma andiamoci piano con gli
endorsement - spiega Marchionne - non so quanto faccio un favore al Sì
sostenendolo troppo. Ma qui non si tratta di Marchionne che appoggia
Renzi. Si tratta dell’Italia che avranno i nostri figli, della
possibilità di far ripartire questo Paese. Per il resto sono nauseato
dagli insulti di questi giorni».
Poco lontano, a lato della linea,
Mauro, 40 anni, osserva in silenzio. Qui nella fabbrica che è
ripartita, chi prenderà più voti? «Credo che qui vincerà il No. Siamo
una fabbrica grande, ci saranno i Sì e i No com’è normale. Ma penso che
prevarrà il voto contro». Per quale motivo? «La gente vota No per
mandare a casa Renzi. Perché è arrabbiata». Arrabbiati voi? Avevate la
cassa e adesso, lentamente, state tornando a produrre, avete un reddito
sicuro, che cosa temete? «Chi vota no lo fa perché ha paura che le cose
cambino». Lei voterà no? «Sono confuso ma alla fine credo che voterò no.
Non mi fido dei politici. Se gli dai più potere di quello che hanno
oggi c’è il rischio che ne approfittino». Antonio è iscritto alla Cisl.
Ha 52 anni. Risponde al telefono: «In questi giorni sono in cassa
integrazione a rotazione». Come voterà al referendum? «Voterò Sì perché
spero di dare una mano per rendere l’Italia più efficiente». Si fida dei
politici? «Lo so che quelli del No dicono che non bisogna fidarsi. Ma
dico: ci sta bene come siamo messi adesso? Poi penso che non ci saranno
cataclismi né se vince il Si né se vince il No». Anche Pierluigi è in
cassa a rotazione: «Porto a casa 1.000 euro al mese. Ho due figli e per
fortuna mia moglie lavora. Penso che in questa fabbrica vincerà il No.
La gente non vuole avere governi non eletti, vuole potersi scegliere i
politici». Questo cambierà la sua vita? «Non lo so». L’ultima parola è
di Mauro, lo scettico: «Sa che cosa avrebbe potuto portare un po’ di
voti al Sì in questa fabbrica? Un giro come si deve tra le linee a
parlare con la gente. Invece Renzi è arrivato ed è andato via quasi
subito. Qualcuno ci è rimasto male». Nella fabbrica sotto l’abbazia, il
diavolo si nasconde nei dettagli.