Repubblica 16.11.16
Xi Jinping in Sardegna cerca la Via della seta
Il presidente cinese incontrerà il premier Matteo Renzi: sul tavolo due miliardi di investimenti
27,3%
Il produttore cinese di smartphone Huawei, che sta investendo a Pula detiene il 27,3 % del mercato italiano
di Angelo Aquaro
PECHINO.
Basta guardare il mappamondo, invece di Google Maps che qui è oscurata,
per realizzare che l’incontro tra il presidente cinese Xi Jinping e il
premier Matteo Renzi sia più che un pit stop: imbarcandovi dal Marocco
al Perù voi fareste tappa proprio in Sardegna? Xi Jinping ha invece
personalmente scelto di fermarsi nell’isola, regalando all’Italia
trascurata dal viaggio in Europa di Barack Obama uno spot internazionale
mentre alla Casa Bianca si insedia l’incognita Donald Trump. E che ci
fa lui qua? Beh, intanto è a Pula che la cinesissima Huawei apre uno
strategico centro di sviluppo, nella struttura sorta intorno al CRS4
voluto dal Nobel Carlo Rubbia. Il direttore business Alessandro Cozzi
parla di un investimento «da decine di milioni di euro», ma è solo
l’inizio: la Sardegna è stata la pioniera della new economy tricolore e
la scommessa cinese non si limiterà al colosso dei telefonini.
Non
basta. Sull’isola Pechino è interessata anche a quella industria del
safety food che qui è l’ultimo affare. In Cina va già fortissimo, per
esempio, Alimenta, l’azienda sarda specializzata nel latte in polvere
per l’infanzia.
Questo, almeno, è l’abbozzo di programma, tra strette di mano e le solite photo opportunity.
Poi,
si capisce, ci sono ben altre e più impegnative partite: lo sbarco in
Italia di Alibaba, lo shopping nello show business che si appresta a
fare Wanda — oltre naturalmente alla sfortunata partita di Marcello
Lippi che al debutto sulla panchina cinese contro il Qatar non è andato
oltre lo 0 a 0. Certo è che il premier cercherà di convincerlo che gli
italiani, Lippi in testa, possono fare di meglio. Arrivando alla cena di
Forte Village con un dossier preparato dal ministro Graziano Delrio.
Sulla copertina ci sono scritte solo quattro lettere: OBOR, ovverossia
One Belt One Road, la sigla che riassume il progetto della nuova Via
della Seta, che prima o poi in mare dovrà sboccare. Ma dove: a Trieste? A
Venezia? Qui ci giochiamo una scommessa da due miliardi di euro.
Pechino è pronta a mettercene la metà: sempre che l’Italia dei governi
locali non continui a litigare proprio sulla localizzazione del porto.
Il tempo stringe. Agli inizi dell’anno arriva in Cina Sergio Mattarella:
vorrete fare sbarcare il presidente a mani vuote?