La Stampa 29.11.16
I figli della rivoluzione cubana in marcia per l’ultimo addio a Fidel
Bandiere
a mezz’asta e migliaia in fila davanti al mausoleo “José Martí” Domani
la processione che porterà le ceneri del Líder Máximo a Santiago
di Francesco Semprini
Il
picchetto d’onore in alta uniforme si avvicenda col cambio della
guardia dinanzi alla gigantografia di Fidel Castro, mentre ragazzi e
ragazze della gioventù cubana con camicia bianca e pantalone beige si
alternano ai decani della «Revolucion». Davanti all’immagine del lider
maximo in mimetica e zaino, sfilano fiumi di persone giunte a Plaza de
la Revolucion da ogni parte di Cuba e del mondo. Inizia da qui, dal
luogo simbolo della «rinascita socialista» dei barbudos la lunga serie
di celebrazioni in onore di Fidel, morto venerdì scorso all’età di 90
anni. Riti e cortei che culmineranno con la tumulazione delle ceneri del
comandante domenica prossima a Santiago, accanto ai «companeros» con
cui diede l’assalto alla Moncada.
La processione verso il mausoleo
«José Martí» inizia dal lungomare, attraverso il lungo viale di Avenida
Paseo. Il clima è composto, una velata tristezza accompagna la marcia,
ma non c’è spazio per isterismi. Le uniche voci che si sentono sono
quelle dei bambini radunati nei cortili delle scuole che si trovano
lungo il vialone. Per l’occasione i portoni degli istituti sono aperti:
«Fidel avrebbe voluto così - spiega Marta, insegnante delle elementari -
Lui diceva che il socialismo era la gioventù dei popoli, e la gioventù
la forza del socialismo cubano». Anche i social club di Avenida Paseo
hanno le cancellate aperte, ci sono quelli per il turismo giovanile e i
dopo lavoro degli anziani. Come quello sotto i cui portici uno stuolo di
signore vestite in nero siedono davanti una televisione che manda in
onda le immagini della cerimonia funebre.
Ogni edificio fa sfoggio
di un ritratto di Fidel con la scritta «Socialismo, patria e
compromesso», accanto alla bandiera cubana, rigorosamente a mezz’asta,
come i vessilli delle rappresentanze diplomatiche che si alternano sulla
strada. C’è quella nordcoreana, che svetta da una specie di fortino
dove in una bacheca spiccano le immagini di Kim Jong un e un comunicato
che annuncia i tre giorni di lutto istituiti da Pyongyang in onore di
Fidel. La processione prosegue sino a quando, superato l’ultimo tratto
in ripida salita di Avenida Paseo, ci si trova davanti a uno spettacolo
suggestivo. Le immagini sono quelle della grande adunanza del popolo
cubano ai piedi del mausoleo di Plaza de la Revolucion, mentre
continuano ad affluire persone con ogni mezzo, auto, taxi, moto e
sidecar. Una lenta attesa sotto un sole discreto e piacevole che
simboleggia quasi la carezza con cui il Líder Máximo saluta i suoi
«figli» giunti a rendergli l’estremo saluto. C’è chi piange, chi
sorride, chi si affanna tra foto e selfie, chi osserva in silenzio, chi
sventola incessantemente la sua bandiera, tantissime quelle cubane ma ce
ne sono anche di altri Paesi latino-americani «non allineati». A
riportare tutti alla realtà sono i colpi di cannone, cariche a salve
sparate con cadenza regolare in contemporanea con la cerimonia in corso a
Santiago de Cuba. Ahmed è un giovane palestinese con la kefiah al
collo: «Sono venuto a rendere omaggio a un amico del nostro popolo,
Fidel era un amico di Arafat e ha fatto molto per sostenere la nostra
causa». A colpire è anche il tappeto di camici bianchi che animano la
grande adunanza, è il personale medico de L’Avana. La Sanità cubana è il
grande orgoglio del socialismo castrista, come spiega Alinda,
dottoressa dell’Istituto nazionale di endocrinologia, è lei che ci
spiega il significato della parola «compromesso» che accompagna il
ritratto del Líder Máximo. «Sono triste, ma sento che ora più che mai
dobbiamo dar seguito all’impegno del comandante di avere una sanità che
funziona e accessibile a tutti, questo è il nostro grande compromesso».
All’entrata
del Teatro Nacional de Cuba, dove sono allestiti i registri per le
firme, c’è Halim Majeed, inviato della Guyana a Cuba, ma soprattutto
amico di vecchia data di Fidel. «Ci siamo conosciuti negli Anni
Settanta, il suo carisma mi ha colpito da subito, la sua visione del
socialismo era rivoluzionaria - racconta -. Da allora ci siamo rivisti
di tanto in tanto, ogni volta era una piacevole scoperta». È il momento
della firma: su tavoli allestiti all’interno del teatro ci sono album
dall’aspetto spartano con copertina morbida dove i convenuti iscrivono
il proprio nome a penna. Nulla di pretenzioso, la semplicità è un
diktat, proprio come voleva Fidel. Ad aver appena apposto la firma è
Mikhail Kamynin, ambasciatore russo che parla con grande rispetto per
un’icona del progressismo e del patriottismo. «Il nostro governo sarà
sempre vicino al popolo cubano - afferma - avranno tutto l’aiuto che
meritano». Il fiume umano riprende la marcia alla volta del mausoleo per
rendere un ultimo omaggio al Líder Máximo. A quell’immagine iconica che
lo ritrae mentre dalle montagne scruta l’orizzonte, l’anima libera e
rivoluzionaria di un tempo oggi sorvegliata dal picchetto d’onore e
circondato da un tappeto di fiori bianchi. Termina così il primo atto
del lutto cubano con l’immagine di Fidel che ieri come oggi, sembra
incoraggiare il suo popolo a guardare avanti. Per Cuba è forse l’inizio,
di una nuova moderna rivoluzione.
(desmond boylan/AP) - In fila Studenti cubani attendono in fila il loro turno per l’addio a Fidel