La Stampa 25.11.16
Al lavoro nella war room del Sì
“Non è vero che siamo sotto”
Una cinquantina di giovani smanettoni per la caccia agli indecisi
di Carlo Bertini
Mancano
dieci giorni e nella tana del giaguaro che tenta il sorpasso in corsa,
non ci sono musi lunghi da sconfitta annunciata. Indirizzo, piazza Santi
Apostoli 75, ma si potrebbe chiamare piazza delle vittorie dell’Ulivo,
per quello che evoca nella memoria dei militanti anni ’90. La Boschi è
di casa, Matteo Renzi non ci ha ancora messo piede, ma la sua presenza
qui, oltre a correre sul filo dell’etere, trasuda dai muri. Nessuna sua
fotografia, ma sulle pareti di questa war room molto all’americana
quelle di gente comune, operai, ragazzi, donne, che narrano ad altri
come loro i vantaggi del Sì per i cittadini. «Io voglio diminuire i
politici e tu?», «Io voglio meno burocrazia e tu?», sono il perno della
narrazione del “ragazzo di provincia”. Testimonial da marciapiede, tipo
quelli usati da Hillary, anche se dirlo non porta bene.
Una
cinquantina di giovani, 25-30 anni - educati, parlano a voce bassa, ben
vestiti, niente piercing e dreadlock per capirci - smanetta sui pc. Tra
tavoloni e tavolini molti piddini e “leopoldini”, in quattro team
all’opera: area video, call center, ufficio stampa, area sito e social. E
sopra, la stanza del caffè. I comunicatori multi-tasking sanno che
quelli del No sono partiti prima e ora hanno più followers, ma non sono
allarmati, «il vento è cambiato e si annusa nell’aria».
Il tassista fuori dal coro
«Allora
jelo posso dì, voto pur’io Sì’». «E perché mi aveva detto che votava
No?». Una smorfia e un gesto come a dire che il perché è ovvio. Il mood è
che ora tutti si vergognano di confessare che votano a favore del
governo, questo il succo della questione. Dicono che il tassinaro romano
sia un buon termometro del sentire popolare, la confessione che «tutti
nel mio parcheggio votamo Sì, tranne uno che è cocciuto», la motivazione
«abbiamo capito che quelli del No ce vogliono fregà», sono un tonico
per i renziani in trincea. Lo scambio di battute sull’auto bianca che la
porta al Comitato, raccontato dalla campaign manager Simona Ercolani ai
volontari, secondo loro è illuminante. E uno ti soffia nell’orecchio
quella che deve apparire come la grande verità nascosta: «Non è vero che
siamo sotto».
«Francesco, devi andare da Vespa e mi spiace, lo so
che così saltano gli eventi in Sicilia», annuisce col capo l’ufficio
stampa Rudy Calvo mentre chiama alla pugna il costituzionalista
Clementi. Sulle ginocchia cartellina divisa per fasce televisive,
mattina, pomeriggio, sera. Da Mattino Live, a Del Debbio, spazi da
riempire nella settimana clou, dal 28 novembre al 4 dicembre, ospiti in
studio da piazzare. Intorno il brusio.
La bufala sulla guerra
Da
fuori chiamano per sapere come fare un comitato e il «porta a porta»,
ma non solo. Al call center ci sono i laureandi e laureati, background
giuridico per districarsi meglio. «Il fronte di sinistra - così lo
chiama Piercamillo, team leader dei social - ha lanciato pure questa
bufala che con la riforma sarà più facile la dichiarazione di guerra e
noi dobbiamo controribattere che non è vero».
«I sondaggi che a
dieci giorni dal voto ci danno sotto caricano i ragazzi a impegnarsi sul
territorio, sono un fattore mobilitante in questa fase», sorride Rudy
Calvo. E sul territorio tutti a battere sul «door to door», in tasca il
kit del volontario, penna Usb con materiale, spillette, bracciali,
matite.
Guru a caccia di indecisi
I guru americani di stanza
qui ora non ci sono, «stamattina c’era il Cacciatore», così chiamano
David Hunter, socio di Jim Messina, arruolato per la conquista del
target più prelibato, i mitici «indecisi». Apericene, format cool, per
organizzare il consenso, cocktail rinforzati si sarebbe detto una volta
per quei rendez-vous nelle case chic. Oggi è uno dei modi che questi
ragazzi suggeriscono ai volontari sul campo. La Ercolani sfreccia da un
lato all’altro, c’è il video di Franca Valeri per il Sì da render
virale. Camicia bianca, fisico asciutto, ingegnere in Technogym, Mattia
26 anni, guida il call center. «Diamo supporto ai volontari per fare i
banchetti, visualizzare sulla mappa gli eventi. Cosa ci chiedono? Come
si eleggono i senatori, i risparmi sui costi...».
La violenza della rete
E
la polemica su Renzi che si dimette se perde? Nessuno ci pensa,
esorcizzano la questione. Qualcuno ricorda che «quando lo disse a Natale
scorso lanciando il referendum, dopo non ci fu alcuna polemica». Dunque
la colpa non è sua. E lo scoramento, il timore di perdere? Nella tana
del giaguaro si corre e basta. L’unica paura è la violenza in rete,
sulla pagina facebook del comitato hanno postato la foto di un
proiettile, testimonial come il ballerino Roberto Bolle coperti
d’insulti, «ogni slogan che lanciamo ci aggrediscono, stiano tutti molto
più calmi».