internazionale
28.10.2016
L’opinione
Le
Monde, Francia
Lo
sgombero di Calais
è
un’anticipazione del futuro
L’Europa
deve accettare la realtà: i lussi migratori non si fermeranno e
richiedono riforme e investimenti La “giungla” di Calais sparirà
davvero? O piuttosto ubbidirà, come fa da vent’anni, al principio
stesso della giungla, cioè continuerà a ricrescere a dispetto di
tutti gli sforzi? Con una mossa tardiva ma coraggiosa, il governo
francese ha deciso di smantellare questo accampamento di sfollati,
quest’immensa bidonville che ha ospitato per anni decine di
migliaia di migranti decisi a entrare illegalmente nel Regno Unito.
Lo sgombero, che dovrebbe durare una settimana, è cominciato il 24
ottobre sotto la supervisione della polizia, con l’impiego di
decine di autobus e l’apertura sul posto di uno sportello
dell’uicio per l’immigrazione e l’integrazione. In totale circa
6.500 profughi sono stati invitati a raggiungere i centri di
accoglienza e orientamento sparsi in tutte le regioni della Francia.
A ogni categoria di persone – adulti, minori non accompagnati,
famiglie, persone vulnerabili – saranno proposte due destinazioni
tra cui scegliere. Cosa succederà dopo? I minorenni riceveranno un
trattamento speciale. Il governo francese ha chiesto a quello
britannico di accettare quelli che vogliono raggiungere i parenti
dall’altra parte della Manica. E gli altri? A quanto pare dovranno
far valere il loro diritto all’asilo o all’immigrazione nei
luoghi dove saranno ricollocati. Cosa succederà se le richieste
saranno respinte? Nessuno lo sa. Sul campo le autorità s’impegnano
a evitare ciò che hanno invece tollerato per anni: la ricostruzione
di insediamenti non autorizzati nei dintorni di Calais. La storia
dell’accampamento di Calais deve ancora essere scritta. È stato un
luogo di violenze e drammi per persone che fuggivano da drammi e
violenze. Ma è anche stato un luogo di straordinario impegno di
fronte alle mancanze dello stato, un luogo di sperimentazione e di
autorganizzazione. Forse per molti profughi – afgani, somali,
eritrei, sudanesi, siriani, iracheni – il Regno Unito dopo l’uscita
dall’Unione europea non sarà più il polo di attrazione che è
stato negli ultimi anni grazie alla lessibilità del suo mercato del
lavoro, alla sua reputazione di paese aperto e all’universalità
della lingua inglese. È probabile, ma non è certo.La missione
dell’integrazione L’accampamento di Calais potrebbe anche
rivelarsi un’anticipazione del futuro. È un’immagine di ciò che
attende gli europei e che i loro meschini politici si riiutano di
ammettere. L’immigrazione non si fermerà: è appena cominciata.
Nei prossimi trent’anni la popolazione attiva di un’Europa che
invecchia passerà da 270 a 200 milioni di persone. Entro il 2050 o
il 2060 la popolazione dell’Africa – che oggi ha un miliardo di
abitanti – potrebbe raddoppiare. Basta mettere a confronto queste
due cifre per arrivare a una conclusione: le “giungle”, a Calais
o altrove, potrebbero moltiplicarsi. A meno che i paesi dell’Unione
europea non capiscano finalmente che l’Europa dovrà essere
ricostruita proprio partendo da questa sfida: la gestione e
l’integrazione di una parte del grande lusso migratorio che
caratterizzerà questo secolo. Servirà un investimento enorme:
centri per l’esame delle richieste nei paesi di partenza, vertici
annuali tra i governi di questi ultimi e l’Unione europea per
deinire cosa è possibile e cosa non lo è in materia d’immigrazione,
e una riforma dello stato sociale che lo renda adatto alla nobile ma
difficile missione dell’integrazione. Il resto, tutto il resto, è
secondario.
Da
sapere
Il
viaggio per l’Europa
Nel
2016 sono arrivati in Europa 349.832 migranti. Di questi, 328.225
hanno fatto il viaggio via mare e 21.607 via terra. Nella traversata
del mar Mediterraneo sono morte o risultano disperse 3.671 persone.
Durante l’agosto del 2016 in Italia sono arrivati migranti
provenienti dalla Nigeria, dall’Eritrea, dalla Guinea, dalla Costa
d’Avorio e dalla Somalia. I dati sono aggiornati al 23 ottobre
2016. Organizzazione internazionale per le migrazioni