Il Sole 24.11.16
Spread, fiammata a 187 punti
Brusco rialzo dei rendimenti dei BTp: il decennale al 2,12%, ai livelli dell’estate 2015
di Vito Lops
Dopo
un giorno di pausa riprendono le vendite sui titoli di Stato italiani.
Il rendimento del BTp a 10 anni è salito in una seduta di nove punti
base, dal 2,02% al 2,12% tornando sui livelli dell’estate del 2015.
Contestualmente si registrano vendite meno forti sul Bund tedesco di
pari durata (con il tasso salito da 0,22% a 0,25%). Di conseguenza lo
spread tra i due titoli si è impennato a quota 187 punti. Per trovare un
valore superiore bisogna tornare a maggio 2014. In risalita, a 52
punti, anche lo spread Italia-Spagna.
È
chiaro che l’ “effetto-referendum” sulla riforma della Costituzione
fissato per il 4 dicembre sta avendo il suo peso. «A 10 giorni dal voto
italiano è possibile ipotizzare uno spread in area 190-200 punti in
attesa dell’esito per un rendimento che potrebbe salire anche fino al
2,30%», spiega Paolo Geuna, financial analyst di Tendercapital. Secondo
uno studio di Intesa Sanpaolo, il valore corretto del differenziale tra
Italia e Germania, in assenza delle turbolenze legate al voto, sarebbe a
157 punti, 30 punti base in meno rispetto ai valori dell’ultima
chiusura. Mentre lo spread “corretto” tra Spagna e Germania si dovrebbe
attestare a 159 punti, 24 punti in più rispetto a quello fissato ieri
dagli investitori (135 punti). Sul rendimento dei titoli di Stato quindi
c’è un’evidente distorsione da “referendum”. Questo nonostante sul
mercato dei bond governativi europei ci sia al momento l’azione
protettiva della Bce che secondo le attuali regole del quantitative
easing può comprare sul mercato secondario i titoli sovrani (di durata
compresa fra 2 e 30 anni) purché non abbiano un rendimento più basso del
-0,4% (che corrisponde all’attuale tasso sui depositi fissato dalla
stessa Bce). Allo stesso tempo, i rendimenti dei bond europei stanno
salendo in modo generalizzato, proprio perché i mercati iniziano a
nutrire dei dubbi sulla durata dell’azione da scudo di Francoforte.
«Sulla performance dei rendimenti europei sta inoltre pesando la
preoccupazione che la Bce possa ridurre il suo supporto al mercato
diminuendo il ritmo mensile degli acquisti spiega Chiara Manenti, fixed
income strategist di Intesa Sanpaolo -. Al contrario, il contesto
attuale di tassi più alti e quindi condizioni finanziarie più
restrittive giustificherebbe una reazione espansiva da parte della banca
centrale. La nostra attesa è che la Bce estenda il programma di
acquisto di titoli fino a settembre 2017 al ritmo corrente di 80
miliardi mensili e che risolva i problemi di scarsità sulla curva
tedesca attraverso un allentamento/eliminazione delle regole correnti o
attraverso una diversificazione degli acquisti dal mercato tedesco verso
altri emittenti euro».
C’è poi il tema
dell’inflazione e del contagio sui tassi che potrebbe arrivare dagli
Usa. I tassi dei Treasury americani a 10 anni ieri hanno toccato (2,38%)
il massimo da luglio 2015 e il top dal 2010 sulla curva biennale
(1,13%). Questo sta facendo salire anche a ruota i tassi dei Bund ma non
è detto che questa correlazione duri ancora a lungo perché «non sembra
giustificata dallo scenario macroeconomico di crescita e inflazione
dell’Eurozona, che ha ancora elementi di fragilità e che rimane esposto a
rischi al ribasso». Insomma, non è affatto detto che la «Trumplation»
attesa continui a contagiare i tassi dei bond europei. Questi potrebbero
prendersi una pausa. Discorso a parte per i BTp che fino al 4 dicembre
sembrano destinati a ballare. E non per l’inflazione (che in Italia non
c’è) ma per il voto sulla Costituzione.