Il Sole 1.11.16
La nuova «geopolitica» di Bergoglio
di C. Mar.
Furono
i suoi confratelli di quasi cinque secoli fa a essere i più tenaci
sostenitori dell’onda lunga della controriforma cattolica contro il
movimento di Lutero, una reazione dura fece germogliare i semi
dell’intolleranza in tutta Europa. E oggi è un gesuita che, tra le
colonne della più antica chiesa di Svezia, abbraccia il massimo
rappresentante mondiale delle chiese luterane, e accelera un percorso di
ecumenismo avviato già da mezzo secolo. L’evento è storico, e non solo
perché sono passati quasi 500 anni da quando il monaco agostiniano
affisse le 95 tesi: c’è dentro un disegno complessivo che porta in primo
piano il ruolo delle religioni nello scacchiere mondiale. E in
particolare quello di Francesco. Il Papa argentino non ha obiettivi
geopolitici “tradizionali”, che presuppongono alleanze funzionali e
obiettivi strategici ben definiti, e la sua forza risiede nel mettere in
moto energie che la politica non riesce neppure a vedere. Il
protestantesimo, nelle sue molte declinazioni, conta 800 milioni di
persone, sparse tra Usa (160 milioni, ma i quasi 70 milioni di cattolici
rappresentano la singola religione più numerosa) nord Europa, Africa,
Brasile e Cina, dove sono ben 60 milioni, il doppio che in Gran
Bretagna. Un universo complesso e frastagliato, ma che ha un forte
calibro identitario che Bergoglio ha valorizzato sin dall’inizio, e
basta ricordare la visita a Caserta alla comunità evangelica. Nella
visione del Papa c’è un tracciato “cristiano” da percorrere in avanti,
insieme ai fratelli separati da 500 anni, come i luterani, o anche da un
intero millennio, come gli ortodossi. Bergoglio ha incontrato più volte
il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, e quello di Mosca, Kirill,
realizzando un progetto che solo pochi anni fa sembrava impossibile. Ben
oltre le photo opportunity e le dichiarazioni comuni, si svela un
movimento che sta rimettendo in gioco equilibri consolidati.