il manifesto 8.11.16
Scuola    
L’Ue boccia l’Italia: spesa pubblica bassa sull’istruzione
Austerità.
 Investimenti pubblici tra i più bassi nei paesi dell'Eurozona; 
abbandono scolastico superiore alla media, ma con qualche traccia di 
diminuzione; il più basso tasso di laureati fra i 30 e 34 anni; un 
sistema dell'istruzione che non affronta i problemi di invecchiamento e 
riduzione dei professori. Renzi ammette di avere fatto errori sulla 
scuola. La Cassazione giudica positivamente l'assunzione dei docenti 
precari. Ma ancora oggi ci sono migliaia di supplenti
Investimenti
 pubblici tra i più bassi nei paesi dell’Eurozona; abbandono scolastico 
superiore alla media, ma con qualche traccia di diminuzione; il più 
basso tasso di laureati fra i 30 e 34 anni; un sistema dell’istruzione 
che non affronta i problemi di invecchiamento e riduzione dei 
professori. La transizione dalla formazione al lavoro che «è molto 
difficile anche per i più qualificati». Tutto questo «provoca la fuga 
dei cervelli» in Italia.
Nelle ore in cui Renzi ha rilanciato il 
conflitto con la commissione europea sui fondi per l’edilizia scolastica
 extra patto di stabilità, ricevendo da Juncker una risposta a muso 
duro, la stessa commissione ha reso noto un rapporto sull’istruzione non
 totalmente lusinghiero per il governo. Il documento si ferma al 2015, 
il primo anno della «Buona scuola» e apprezza il fondo da un miliardo 
stanziato dalla vecchia legge di stabilità, con l’impegno di finanziare 
il fondo con 3 miliardi all’anno, a partire dal 2016. Su questa cifra 
che oggi la commissione Ue e il governo stanno polemizzando.
C’è 
anche il riconoscimento positivo dell’assunzione di circa «90 mila 
insegnanti» a tempo indeterminato. Un dato che ieri è stato apprezzato 
anche dalla Cassazione. Dopo la Consulta, anche la corte ha trovato 
soddisfacente le assunzioni che avrebbero sanato l’abuso del precariato 
contestato dalla Corte di giustizia europea all’Italia. Nessuna di 
queste istituzioni ha spiegato tuttavia la ragione per cui, anche 
quest’anno, le supplenze non sono affatto diminuite e perché il governo 
ha fatto una distinzione tra i docenti abilitati con le Siss e quelli 
abilitati con Tfa e Pas quando ha assunto i precari.
Nel frattempo
 nel governo emergono malumori. A «Faccia a Faccia» di Minoli su La7, 
domenica Renzi ha detto che «Il mio più grande errore è stata la 
questione scuola, i soldi che abbiamo investito noi non li ha messi 
nessuno, non l’abbiamo gestita bene, ci abbiamo messo un sacco di soldi 
nella cultura». A molti queste parole sono sembrate un’accusa alla 
ministra dell’Istruzione Giannini. Renzi aveva già segnalato il suo 
scontento poco dopo il caos provocato dall’algoritmo del Miur sulla 
mobilità dei docenti della primaria quest’estate. Il suo «grande errore»
 può essere stato anche dovuto alle discriminazioni subite dai precari 
nelle assunzioni, molti dei quali sono stati costretti a fare il 
«concorsone» i cui risultati tardano ad arrivare in alcuni casi.
La
 genericità dell’auto-critica, non consueta nel caso del presidente del 
Consiglio, lascia sul campo molte ipotesi. Quella più strutturale 
riguarda i 3 miliardi per l’edilizia scolastica in un paese dove 9 
istituti su dieci è a rischio sismico (sostiene da ultima Legambiente). 
Renzi sostiene che li spenderà, vedremo come risponderà l’Ue. Resta da 
capire dove il governo prenderà i soldi per colmare il divario sugli 
investimenti: l’Italia nel 2014 era ferma al 4,1% sul Pil, diminuita 
rispetto al 2013. Negli anni della crisi gli investimenti pubblici sono 
cresciuti annualmente dell’1,1 % in tutto il continente.
 
