il manifesto 30.11.16
La par condicio violata del Sì televisivo
di Vincenzo Vita
La
straordinaria manifestazione dello scorso sabato contro la violenza
sulle donne e il femminicidio è stata pressoché cancellata
dall’informazione radiotelevisiva, che l’ha relegata ai margini del
flusso principale. Mentre, per numero delle partecipanti (e dei non
pochi uomini che sfilavano), nonché per la qualità dell’iniziativa, la
notizia meritava il primato. Lo schema rigido del racconto politico non
esce, invece, dalla gabbia del palinsesto partitico. La comunicazione è
naturaliter “lottizzata”, anche quando organizzazioni e apparati sono in
crisi. La rappresentazione della sfera pubblica è dimezzata in
partenza: i movimenti reali, se non sono riconducibili ad una fonte
partitica (presunta o effettiva che sia), svaniscono o sono puro
maquillage. Oppure, come è successo – su altra scala – il giorno dopo
alla mobilitazione nel «No» diventata inesorabilmente de «gli
antagonisti».
La par condicio seria non è solo quella del tempo
attribuito ai rappresentanti del ceto politico, bensì la fotografia
dinamica della società. Di tutto ciò si trova traccia nel vecchio
contratto di servizio della Rai, scaduto e mai rinnovato: in attesa,
anzi, del rinnovo della concessione generale dello Stato, su cui pesano
persino voci preoccupanti quanto al mantenimento delle possibilità
competitive dell’azienda. Tra crisi e incertezze regolatorie, censura e
manipolazione sono diventate la normalità. Ciò che sfugge a simile
tenaglia è solo nobile eccezione. Le violazioni della par condicio
richiedono il riequilibrio. Ci si attende per lo meno uno speciale che
dia voce alle donne promotrici della manifestazione, come avvio di un
più duraturo e sostanziale riequilibrio di genere nei palinsesti.
Negli
ultimi giorni della campagna referendaria la tutela della par condicio
politica ha la sua epifania. I riscontri e gli interventi dell’Autorità
per le garanzie nella comunicazione o sono immediati o non servono. Le
sei interviste rilasciate da Renzi solo nelle ultime ore quale pareggio
mediale potranno avere? La netta prevalenza del Presidente del consiglio
nelle testate (nella settimana tra il 14 e il 20 novembre il premier si
mangia lo spazio maggiore, vicino al 30% del totale), senza contare le
ospitate fuori dal computo formale, segna malamente questa estenuante
maratona elettorale. E non traggano in inganno i dati del computo sui
due schieramenti.
L’attivismo futurista del capo del governo esce
in buona parte dalle tabelle dedicate ai minuti e ai secondi, rivestito
com’è di un’aura istituzionale. Tuttavia, qui vi è un ulteriore
aggiramento della normativa, essendo assai spesso le “comparsate” solo
surrettiziamente riconducibili alla stretta notiziabilità. Il tempo
impropriamente occupato interpella l’Agcom sulla necessità di un
recupero straordinario a favore del fronte che si oppone alla revisione
costituzionale.
E’ un atto doveroso, in quanto ora siamo fuori
dalle previsioni di legge. I margini per un atto di giustizia e di
correttezza ci sono, con scelte responsabili da parte delle stesse
emittenti. Il comitato presieduto da Alessandro Pace ha consegnato
esposti al Garante e attende chiarimenti. Va ripristinata la
correttezza. Il referendum di domenica 4 dicembre è un passaggio
cruciale per la democrazia italiana, ma si riverbererà sul medesimo
assetto dei media italiani. Dove vive e vegeta l’antico duopolio di Rai e
Mediaset, che sopravvive nel suo eterno patto del Nazareno. Del resto,
il Sì televisivo non è oggetto di consultazione popolare e risponde ad
altre convenienze.