martedì 29 novembre 2016

il manifesto 29.11.16
Il silenzio di Cuba per Fidel: «La tua opera sarà difesa»
Hasta siempre. In attesa della «carovana della vittoria» che porterà le ceneri a Santiago, all’Avana c’è inquietudine e incertezza per il futuro
di Roberto Livi


L'Avana Ventun salve di cannone, sparate dal forte della Cabaña che domina il porto, hanno rotto una strana, impressionante atmosfera ovattata, un silenzio che, dall’annuncio della morte di Fidel, ha cambiato il volto tropicale dell’Avana. Erano le nove di mattina, inizio formale delle cerimonie di lutto in onore del Comandante che si estenderanno fino al funerale di domenica, nell’amata Santiago.
MA GIÀ DA VARIE ORE migliaia di persone, i cubani de a pié, erano allineati in due lunghe fila di fronte al mausoleo di José Martí, nella Piazza della Rivoluzione, dove la bandiera «della stella solitaria» sventolava a mezz’asta. In attesa di rendere omaggio al lider maximo, le cui ceneri erano all’interno. Una foto di Fidel nella Sierra Maestra, un ritratto del comandante guerrigliero, in uniforme verde olivo, zaino in spalla, fucile a tracolla che guarda verso Santiago. Sotto il ritratto, le sue medaglie, onorificenze ricevute dai leader di molte nazioni, e in basso un cespuglio di rose bianche. Quelle che l’Apostolo della patria, Martí, coltivava per offrirle «all’amico sincero che mi tende la mano franca» .
A vegliare i resti mortali di Fidel una guardia d’onore e una serie di personalità del governo e del partito che si sono succedute a giovani studenti e studentesse in uniforme scolastica. Di fronte sono sfilati i suoi concittadini fino alle dieci sera per tributargli un omaggio che si estenderà fino alle sette si sera di oggi. Quando le cerimonie nella capitale si concluderanno con una grande manifestazione nella piazza antistante il mausoleo.
LO STESSO RITRATTO DI FIDEL, un’enorme gigantografia, copriva uno dei palazzi della piazza. Un’immagine che va a unirsi a quelle del Che Guevara e di Camilo Cienfuegos, gli altri, famosi, eroi della Rivoluzione dei barbudos e che attirava lo sguardo delle decine di migliaia di cubani allineati sotto un sole già forte e sotto l’occhio delle tv di mezzo mondo. A questi occhi implacabili una donna mostra un foglio con scritto a mano «Difenderemo la tua opera». Sì, perché Fidel siamo tutti noi cubani, e lui continuerà a vivere se noi seguiremo ad andare avanti , conferma un anziano che la segue nella coda. «Nosotros cubanos somos istericos», mi dice, nel colorito linguaggio popolare, una signora di discendenza afrocubana, come mostra il vestito tutto bianco come l’ampio foulard che le copre i capelli. Non è per sminuire la tensione, al contrario, perché, prosegue, «però in questo momento non abbiamo allegria, non abbiamo parole».
È vero, dalla notte di venerdì, dopo l’annuncio della morte di Fidel, la capitale è avvolta in un silenzio che impressione. L’Avana che conosciamo, infatti, è il prototipo della città tropicale e caribeña, musica a tutto volume ovunque e praticamente a ogni ora, vicini che si apostrofano di casa in casa, «oye tienes malanga? », gente che schiamazza, ambulanti che declamano la loro mercanzia, veicoli di ogni epoca che sputazzano fumo e lamenti di vecchi motori.
IMPROVVISO, È CALATO UN SILENZIO che intimidisce, specie la sera quando si fa buio e molte strade, poco illuminate, mostrano un volto sconosciuto. Gli almendrones, taxi collettivi, di solito una sorta di musica ambulante, passano nelle strade annunciati solo dal roco rumore del motore. Tony, un tassista del mio quartiere, mi dice che si annoia, ma «sono i clienti che mi chiedono di tenere la radio spenta».
Altri però hanno fatto sentire la loro voce. Gli studenti dell’Università dell’Avana da sabato sulla scalinata di fronte al monumento all’Alma mater hanno organizzato una guardia d’onore a un grande ritratto di Fidel con un libro di condoglianze che hanno firmato centinaia di giovani, alcuni, di fronte alle telecamere, con gli occhi umidi. Anche nelle chiese della capitale domenica i parroci hanno rivolto un invito a pregare per Fidel. In generale si è trattato di cerimonie contenute, come quella della chiesa di san Augustin, dove a celebrare messa era il vescovo ausiliario dell’Avana, il gesuita Juan de Dios. Il quale in due occasioni, nell’omelia, e alla fine ha, sobriamente, ricordato l’ex presidente.
E da ieri mattina, in tutti i quartieri della capitale erano organizzati dei punti nei quali i cittadini che non potevano recarsi in piazza della Rivoluzione avevano la possibilità di rendere omaggio al Comandante e firmare il libro di condoglianze. Il tutta l’isola sono stati organizzati più di 1200 di questi luoghi dove i cittadini potranno esprimere il loro lutto. In attesa della «carovana della vittoria» che porterà le ceneri di Fidel lungo tutto l’isola fino a Santiago, dove verranno inumate nel cimitero di santa Ifigenia .
Nelle scuole, soprattutto le primarie, ieri mattina, dopo una cerimonia dell’alza bandiera differente dal solito perché il vessillo nazionale si è fermato a metà asta, era stato affidato agli insegnanti il compito di spiegare agli allievi più piccoli la figura e le opere di Fidel.
CHE SUCCEDERÀ NEI PROSSIMI MESI, quale sarà il futuro di Cuba senza Fidel, soprattutto quando nel grande e potente vicino del nord inizierà la presidenza di Trump, che nei giorni scorsi ha avuto parole durissime contro l’ex presidente cubano. Questi sono temi dibattuti in ogni famiglia e che accompagnano queste ore di lutto.
«Il silenzio di questi giorni si spiega anche con il senso di inquietudine e incertezza che si avverte nella gente, che si pone molti interrogativi sul futuro prossimo», afferma l’analista López Oliva. Le riforme iniziate dal presidente Raúl continueranno? Avranno un’accelerazione o vi sarà una fase di ristagno? La crisi economica si sente, e anche gli aumenti dei prezzi dei generi di prima necessità colpiscono duro.
Anche la debole e frammentata opposizione si divide su questi interrogativi. Per G. Rodiles, leader di una delle organizzazioni presenti soprattutto nell’Est dell’isola, «vi sarà un giro di vite, in primis contro l’opposizione ma anche nei confronti della popolazione». Gerardo Sanchez, del Comitato per la difesa dei diritti umani e la conciliazione nazionale, spera invece che il presidente Raúl, che «necessita assolutamente investimenti esteri» possa iniziare un periodo di transizione e preparare una nuova generazione che «sia disponibile al dialogo e a dar vita a una nuova riconciliazione nazionale».